Domenica 14/12/2003 – Diciannovesima
giornata –
 

Oliveira punisce il Napoli.
Gol spettacolo di Lulù al 5' della
ripresa. Gli azzurri reclamano un rigore.
Campani evanescenti. E i siciliani hanno un fuoriclasse in più.

 

CATANIA – NAPOLI 1 – 0 (9096
spettatori)

Arbitro: Cruciani di Pesaro.
Guardalinee: Stevanato e Gregori.

CATANIA (4-3-2-1): Squizzi, Dilisio, Stendardo,Terra, Fusco,
Delvecchio, Grieco, Firmani, Fini (34’st Del Grosso), Sedivec (19’st
Sturba), Oliveira.
Panchina: Concetti, Della Rocca, Kanjengele, Laurenti. All. Colantuono.
NAPOLI (4-3-3): Manitta, Portanova, Bonomi, Zamboni, Tosto,
Olive, Marcolin (12'st Pasino), Montezine (1'st Montesanto), Zanini,
Floro Flores (26'st Sesa), Vieri.
Panchina: Brivio, Cvitanovic, Montervino, Carrera. All. Simoni.

MARCATORI: 5'st Oliveira.

L’eterno Lulù si carica il Catania sulle spalle, ha la sesta marcia
inserita, imprendibile: discesa con finte e controfinte, Bonomi che lo
lascia accomodare, chiusura sul primo palo e Manitta spiazzato. Il
Napoli si sveglia tardi, a frittata cotta. L’arrosto arriva nell’ultimo
quarto d’ora con un rigore invocato, il sospetto resta: al 32’ Cross di
Sesa da destro, Dilisco spinge Vieri quando il fratellone d’arte sta per
confezionare il tap-in, Cruciali ignora. Ma il Napoli ha il dovere di
riflettere sulla calma piatta di 75 minuti abbondanti. Timidi, inutili,
vagiti. Schemi offensivi zero virgola zero. Il famoso 4-3-3, con Zanini
e Floro Flores larghi, è un fallimento.
Il giorno di Lulù, dunque. Torna al gol dopo quasi due mesi, consente al
Catania di cancellare una striscia anonima di sei partite (l’ultima
vittoria a Marassi), è il trascinatore. Quando parte a destra, diventa
una scheggia. Due finte ogni dieci secondi, l’avversario che resta
impalato, nella svolta del gol trama in fotocopia. Ma, più in generale,
è un buon Catania: Stendardo agisce da baluardo, Greco è dignitoso,
Firmani corre e ha un’intelligenza tattica superiore alla media, Fini e
Sedivec sono due signori trequartisti, tecnica pura. Il Napoli ha il
torto di adeguarsi. Parte benino, ma Zanini si spegne alla terza
(discreta) giocata. Il centrocampo è spesso in inferiorità numerica:
conosciamo il vero Olive e non può essere questo; Marcolin al passo suo,
banale; Montezine inesistente. Certo, possiamo prendercela con gli
attaccanti (che non sanno trasformarsi in solisti ispirati), ma è tutto
il Napoli con il silenziatore. Lungo, troppo lungo; timido, troppo
timido; rintanato, troppo rintanato. Mai un’idea sulle fasce, mai una
sovrapposizione di Tosto, mai un concetto di squadra ambiziosa e
organizzata. Il Catania decide di colpire alla distanza: lavora ai
fianchi, punge un paio di volte con Sedivec, mentre Fini cerca di
scardinare dai venti metri o a bocce ferme. Il primo tempo è da “cinque
più”, la colpa la diamo alla classifica che impone certe leggi (io non
mi scopro, ti aspetto, se posso ti colpisco). Vi risparmiamo gli
striscioni dopo i fattaci di Livorno, anche il Catania è condizionato:
Gaucci vuole andare in serie A, la classifica prima era bella, adesso
piange abbastanza.
Ma Oliveira decide di mettere il timbro in avvio di ripresa. Nel
frattempo, Simoni corregge un po’: il centrocampo perde acqua, avanti
con Montesanto al posto di Montezine. Il ragazzo va in trincea, soffre e
si batte, sarà uno dei pochi a guadagnarsi la sufficienza. Me il Napoli
resta in perenne attesa, come se aspettasse di essere pizzicato per
entrare in partita. La svolta è strana, un segnale impietoso per Simoni:
botta dello stesso Montesanto dal limite (4’) e Squizzi se la cava in
due tempi; sul ribaltamento Manitta (che quattro minuti prima si era
esibito a valanga su Fini) deve inchinarsi. Oliveira avanza, mentre
Bonomi (indiziato principale), si tiene a due o tre metri di distanza:
finta numero uno, finta numero due, rasoterra in controtempo sul primo
palo. Bellissimo. Il “falco” torna a volare, lo aveva promesso. La
sfilata di Lulù, a fine gara, durerà cinque minuti.
Pizzicato, esattamente come aveva “voluto” con un atteggiamento
rinunciatario, il Napoli avrebbe intenzione di reagire. Condizionali di
rigore, perché non ci siamo: squadra senza qualità, a tratti rassegnata.
Una barchetta nell’oceano e il Catania ha il difetto di non chiudere:
una respinta di Manitta su Sedivec; un colpo di testa di Stendardo
appena fuori; un mezzo miracolo di Manitta sul diagonale di Oliveira. Ma
siccome Simoni non resta a guardare, da un pezzo è in azione Pasino
(bocciato Marcolin), presto toccherà anche a Sesa per l’evanescente
Floro. Effetti: una chiusura di Vieri (con la punta del piede) in bocca
all’atterrito Squizzi; la famosa trattenuta di Dilisco sullo stesso Max;
un tiro di Olive in condizioni di precario equilibrio; la paratona di
Squizzi su Pasino al 45’st. Ma il Napoli deve memorizzare: un quarto
d’ora non basta, bisogna accomodarsi a tavola quando servono
l’antipasto.

 
MANITTA 6.5
ZAMBONI 6
PORTANOVA 5.5
BONOMI 5
TOSTO 5.5
MARCOLIN 6 (12'st Pasino 6)
OLIVE 6
MONTEZINE 5.5 (1'st Montesanto 6)
ZANINI 5.5
FLORO FLORES 5 (26'st Sesa sv)
VIERI 5.5
Simoni 5.5

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