Cappella Sansevero
Come molti luoghi di Napoli, anche questo è associato a numerose leggende e misteri che, sin dalla sua prima costruzione, ne hanno accompagnato la storia. Luogo poi plasmato in tutta la sua bellezza da Raimondo Di Sangro, VII Principe di Sansevero, studioso di alchimia, massone, inventore e letterato, nonché una delle menti più geniali dell’illuminismo, che ha radunato al suo servizio alcuni tra i migliori artisti del tempo per sviluppare il proprio progetto, regalando a Napoli un autentico gioiello del patrimonio artistico mondiale. La cappella, infatti, è forse il luogo più bello del capoluogo partenopeo, ricco di fascino e mistero, nel quale sono custodite opere di rara bellezza e pregevole fattura come “La Pudicizia Velata” del Corradini, “Il Disinganno” del Queirolo, la “Gloria del Paradiso” di Francesco Maria Russo e, soprattutto, il “Cristo Velato”, di Giuseppe Sanmartino.
Come detto, le origini della Cappella Sansevero si perdono nella leggenda. Si narra, infatti, che verso la fine del XVI secolo, un uomo, che era stato arrestato ingiustamente, passò in catene in Piazza San Domenico Maggiore e, proprio di fronte al giardino del palazzo della famiglia Di Sangro, vide crollare una parte del muro che affacciava su di esso, scoprendo un ritratto della Vergine. Così, l’uomo promise che se le accuse contro di lui fossero cadute le avrebbe portato in dono un’iscrizione e una lampada. E così accade. In seguito, la voce si diffuse e l’icona, dopo aver elargito numerose altre grazie, divenne meta di continui pellegrinaggi da parte della popolazione. Tra quelli che si rivolsero alla Madonna per ricevere una guarigione ci fu anche Giovan Francesco Di Sangro, duca di Torremaggiore, che scampò ad una grave malattia. Per questo motivo, il nobile decise di ricambiare il miracolo con la costruzione della prima cappella, proprio dove il ritratto della Vergine, oggi visibile sull’altare maggiore, era comparso per la prima volta. La struttura, denominata Santa Maria della Pietà o Pietatella, fu poi ampliata nei primi anni del XVII secolo dal figlio Alessandro di Sangro, Patriarca di Alessandria, trasformandola nel tempio di famiglia, in grado di ospitare i cenotafi degli illustri antenati e dei futuri membri della nobile stirpe. Tutto ciò è confermato dall’epigrafe posta sul portale principale che recita: “Alessandro di Sangro patriarca di Alessandria destinò questo tempio, innalzato dalle fondamenta alla Beata Vergine, a sepolcro per sé e per i suoi nell’anno del Signore 1613”.
Di questa fabbrica originaria sono tutt’oggi identificabili poche tracce, tra cui le dimensioni, le decorazioni policrome dell’abside e i quattro monumenti funerari delle cappelle laterali. Tutto il resto è stato modificato nel secolo successivo, secondo la volontà e le esigenze di Raimondo Di Sangro. Già in questa prima versione, però, gli ambienti venivano descritti dalle guide del tempo come ricchi di opere d’arte, decorazioni e marmi di pregio.
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