Palazzo Saluzzo di Corigliano
Storia e architettura
Il palazzo Saluzzo di Corigliano si trova in piazza San Domenico 12.
La sua storia comincia nel 1596, anno in cui il principe Giovanni de Sangro, duca di Vietri, e la moglie Andreina Dentice acquistarono il terreno sul quale, partendo da strutture
già esistenti, incaricarono l’architetto Giovanni Donadio di costruire la loro residenza. La facciata si articolava su due ordini con basamento ionico, sulla quale si aprono delle finestre decorate da plutei, ovvero balaustre che vanno a formare dei veri e propri balconi.
In seguito, nel 1684, il palazzo venne acquistato nel 1727 dalla famiglia dei Carafa di Belvedere che, in seguito al terremoto del 1688, decise di ristrutturare la parte superiore eliminando gli archetti del cornicione.
Nel 1727, la proprietà cambiò ancora e passò ad Agostino Saluzzo, duca di Corigliano, che, nel 1733, affidò all’architetto Filipppo Buonocore i lavori per una radicale trasformazione dell’edificio. Infatti, all’edificio venne aggiunto un altro piano, mentre venne lasciata inalterata la scala in Pietra di Genova e la struttura del piano terra, nel quale si trovava anche il portale con i fregi della famiglia. Inoltre, vennero aggiunte panoplie per celebrare il valore militare della famiglia dei Sangro e effigi che rappresentavano le persone che avevano abitato l’edificio. Al primo piano, invece, l’architetto costruì dei balconi che incorniciò tra lesene scanalate, in stile ionico e dorico, che si collegano a quelle superiori. Inoltre, lo stesso Saluzzo collaborò con lo scultore Bartolomeo Granucci e l’intarsiatore Crescenzo Tombaro nella progettazione di un locale interno, di 4,90 metri per lato e terminato nel 1734, in cui vennero realizzati stucchi, modanature, specchi e decorazioni che celebravano il fasto dell’attuale proprietario e in linea con la corrente del rococò napoletano. Inoltre, lo stesso Saluzzo commissionò la costruzione della cosiddetta Galleria Grande, nella quale fece dipingere, probabilmente dal pittore napoletano Fedele Fischetti, con una Gigantomachia, alcune scene dell’Eneide e altri episodi di mitologia greca.
Altri lavori furono necessari nel 1803 sotto la supervisione dell’architetto De Simone, mentre tra il 1812 e il 1840, l’architetto Gaetano Genovese si occupò del restauro del primo piano, del portale e della scala interna.
La famiglia Saluzzo rimase proprietaria del palazzo fino al 1935, anno della sua vendita, e, successivamente, l’edificio venne destinato ad ospitare l’Istituto della Previdenza Sociale per un trentennio, periodo nel quale la struttura subì alcuni deturpamenti, pur senza intaccare troppo la parte alta degli affreschi della Galleria Grande.
Nel 1977, la struttura venne acquistata dall’Istituto Universitario Orientale che, tra il 1982 e il 1984, si preoccupò di eseguire ulteriori restauri. Durante questi lavori, vennero alla luce numerosi reperti archeologici tra cui delle fogne di epoca ellenistica, delle fondamenta di abitazioni romane, classiche, medievali e rinascimentali.
La sua storia comincia nel 1596, anno in cui il principe Giovanni de Sangro, duca di Vietri, e la moglie Andreina Dentice acquistarono il terreno sul quale, partendo da strutture
già esistenti, incaricarono l’architetto Giovanni Donadio di costruire la loro residenza. La facciata si articolava su due ordini con basamento ionico, sulla quale si aprono delle finestre decorate da plutei, ovvero balaustre che vanno a formare dei veri e propri balconi.
In seguito, nel 1684, il palazzo venne acquistato nel 1727 dalla famiglia dei Carafa di Belvedere che, in seguito al terremoto del 1688, decise di ristrutturare la parte superiore eliminando gli archetti del cornicione.
Nel 1727, la proprietà cambiò ancora e passò ad Agostino Saluzzo, duca di Corigliano, che, nel 1733, affidò all’architetto Filipppo Buonocore i lavori per una radicale trasformazione dell’edificio. Infatti, all’edificio venne aggiunto un altro piano, mentre venne lasciata inalterata la scala in Pietra di Genova e la struttura del piano terra, nel quale si trovava anche il portale con i fregi della famiglia. Inoltre, vennero aggiunte panoplie per celebrare il valore militare della famiglia dei Sangro e effigi che rappresentavano le persone che avevano abitato l’edificio. Al primo piano, invece, l’architetto costruì dei balconi che incorniciò tra lesene scanalate, in stile ionico e dorico, che si collegano a quelle superiori. Inoltre, lo stesso Saluzzo collaborò con lo scultore Bartolomeo Granucci e l’intarsiatore Crescenzo Tombaro nella progettazione di un locale interno, di 4,90 metri per lato e terminato nel 1734, in cui vennero realizzati stucchi, modanature, specchi e decorazioni che celebravano il fasto dell’attuale proprietario e in linea con la corrente del rococò napoletano. Inoltre, lo stesso Saluzzo commissionò la costruzione della cosiddetta Galleria Grande, nella quale fece dipingere, probabilmente dal pittore napoletano Fedele Fischetti, con una Gigantomachia, alcune scene dell’Eneide e altri episodi di mitologia greca.
Altri lavori furono necessari nel 1803 sotto la supervisione dell’architetto De Simone, mentre tra il 1812 e il 1840, l’architetto Gaetano Genovese si occupò del restauro del primo piano, del portale e della scala interna.
La famiglia Saluzzo rimase proprietaria del palazzo fino al 1935, anno della sua vendita, e, successivamente, l’edificio venne destinato ad ospitare l’Istituto della Previdenza Sociale per un trentennio, periodo nel quale la struttura subì alcuni deturpamenti, pur senza intaccare troppo la parte alta degli affreschi della Galleria Grande.
Nel 1977, la struttura venne acquistata dall’Istituto Universitario Orientale che, tra il 1982 e il 1984, si preoccupò di eseguire ulteriori restauri. Durante questi lavori, vennero alla luce numerosi reperti archeologici tra cui delle fogne di epoca ellenistica, delle fondamenta di abitazioni romane, classiche, medievali e rinascimentali.
Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001
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