Palazzo Reale di Napoli – La facciata
Descrizione e architettura
La facciata del palazzo risultò realmente compiuta solo nel XIX secolo, quando il vecchio palazzo vicereale, che occupava l’attuale Piazze Trieste e Trento, fu abbattuto, lasciandola totalmente libera alla vista.
La parte principale, che si affaccia su Piazza del Plebiscito, s’innalza su tre livelli, il primo di ordine dorico, il secondo di ordine ionico e il terzo di ordine composito, su cui si sviluppa un disegno scandito da lesene verticali, tra le quali si aprono, ai due piani rialzati, le finestre sormontate da timpani triangolari e curvilinei.
L’ingresso principale è affiancato da colonne binate in granito che sorreggono il balcone del piano nobile. Al di sopra del portale, si nota una fascia in stile dorico decorata con triglifi e metope, con lo stemma di Spagna, simboli augurali e decorazioni cavalleresche. La finestra principale, invece, è sormontata dalla scultura marmorea raffigurante lo stemma imperiale spagnolo (XVI secolo circa), caratterizzata dai simboli araldici delle case d’Asburgo e di Spagna. Ai lati del portale principale, in alto, sono poste due lapidi, di cui una celebra la costruzione del palazzo e i suoi artefici (Ferdinando di Castro, conte di Lemos, la moglie Caterina Zuñica e il figlio Francesco), l’altra identifica l’intero edificio e la città di Napoli. Al di sotto, dove oggi ci sono sei rettangoli di mattoni, fino al XVIII secolo, erano poste le statue raffiguranti La Religione e La Giustizia. In alto, oltre il cornicione, il palazzo terminava con cuspidi e sfere, demolite alla fine del XIX secolo insieme a due delle tre edicole poste in corrispondenza degli ingressi. Di queste, oggi ne rimane solo una, quella centrale, dotata di orologio.
Fino al 1754, l’intera facciata poggiava su un porticato che, in quell’anno, Luigi Vanvitelli decise di chiudere per rinforzare la struttura dell’edificio, il cui peso stava recando danno ai pilastri. Così, le arcate vennero riempite in muratura, dando vita alle nicchie presenti anche oggi che, anche lo stesso architetto, aveva pensato di arricchire con delle statue. Cosa che avvenne nel 1888, quando re Umberto I commissionò la realizzazione delle sculture raffiguranti i re di Napoli, con l’intento di celebrare la storia della città e di chi, prima di lui, l’aveva guidata. Da sinistra, si possono ammirare Ruggero il Normanno (Emilio Franceschi), Federico II di
Svevia (Emanuele Caggiano), Carlo I d’Angiò (Tommaso Solari), Alfonso V d’Aragona (Achille d’Orsi), Carlo V d’Asburgo (bozzetto di Vincenzo Gemito), Carlo di Borbone (Raffaele Bellazzi), Gioacchino Murat (Giovan Battista Amendola) e Vittorio Emanuele II di Savoia (Francesco Jerace). Ai lati dell’ingresso, invece, le garitte vi furono collocate già nel XVIII secolo.
In piazza Trieste e Treno si apre una delle facciate laterali realizzate da Gaetano Genovese tra il 1838 e il 1840, in seguito alla demolizione del vecchio palazzo vicereale. Questa, che venne collegata alla quella del teatro San Carlo da Francesco Gavaudan e Pietro Gesuè, riprende in minima parte gli elementi stilistici di quella principale e si sviluppa su di un fronte “a C” intorno al piccolo giardino Italia dove, nel 1861, fu posta la statua in marmo di Francesco Liberti raffigurante la Libertà. In questo caso, il porticato su cui poggia la facciata è intatto, decorato da una fascia di triglifi e metope decorata in modo simile a quella della facciata principale. Qui è presente l’ingresso che porta allo scalone d’onore, anticipato dalle quattro statue che raffigurano l’Ercole Farnese, la Flora Farnese, Minerva, Pizzo e Astianatte, collocate dove si trovano oggi durante i lavori del Genovese, probabilmente recuperate dal Salone d’Ercole dove erano sistemate le copie delle sculture della collezione Farnese.
La parte principale, che si affaccia su Piazza del Plebiscito, s’innalza su tre livelli, il primo di ordine dorico, il secondo di ordine ionico e il terzo di ordine composito, su cui si sviluppa un disegno scandito da lesene verticali, tra le quali si aprono, ai due piani rialzati, le finestre sormontate da timpani triangolari e curvilinei.
L’ingresso principale è affiancato da colonne binate in granito che sorreggono il balcone del piano nobile. Al di sopra del portale, si nota una fascia in stile dorico decorata con triglifi e metope, con lo stemma di Spagna, simboli augurali e decorazioni cavalleresche. La finestra principale, invece, è sormontata dalla scultura marmorea raffigurante lo stemma imperiale spagnolo (XVI secolo circa), caratterizzata dai simboli araldici delle case d’Asburgo e di Spagna. Ai lati del portale principale, in alto, sono poste due lapidi, di cui una celebra la costruzione del palazzo e i suoi artefici (Ferdinando di Castro, conte di Lemos, la moglie Caterina Zuñica e il figlio Francesco), l’altra identifica l’intero edificio e la città di Napoli. Al di sotto, dove oggi ci sono sei rettangoli di mattoni, fino al XVIII secolo, erano poste le statue raffiguranti La Religione e La Giustizia. In alto, oltre il cornicione, il palazzo terminava con cuspidi e sfere, demolite alla fine del XIX secolo insieme a due delle tre edicole poste in corrispondenza degli ingressi. Di queste, oggi ne rimane solo una, quella centrale, dotata di orologio.
Fino al 1754, l’intera facciata poggiava su un porticato che, in quell’anno, Luigi Vanvitelli decise di chiudere per rinforzare la struttura dell’edificio, il cui peso stava recando danno ai pilastri. Così, le arcate vennero riempite in muratura, dando vita alle nicchie presenti anche oggi che, anche lo stesso architetto, aveva pensato di arricchire con delle statue. Cosa che avvenne nel 1888, quando re Umberto I commissionò la realizzazione delle sculture raffiguranti i re di Napoli, con l’intento di celebrare la storia della città e di chi, prima di lui, l’aveva guidata. Da sinistra, si possono ammirare Ruggero il Normanno (Emilio Franceschi), Federico II di
Svevia (Emanuele Caggiano), Carlo I d’Angiò (Tommaso Solari), Alfonso V d’Aragona (Achille d’Orsi), Carlo V d’Asburgo (bozzetto di Vincenzo Gemito), Carlo di Borbone (Raffaele Bellazzi), Gioacchino Murat (Giovan Battista Amendola) e Vittorio Emanuele II di Savoia (Francesco Jerace). Ai lati dell’ingresso, invece, le garitte vi furono collocate già nel XVIII secolo.
In piazza Trieste e Treno si apre una delle facciate laterali realizzate da Gaetano Genovese tra il 1838 e il 1840, in seguito alla demolizione del vecchio palazzo vicereale. Questa, che venne collegata alla quella del teatro San Carlo da Francesco Gavaudan e Pietro Gesuè, riprende in minima parte gli elementi stilistici di quella principale e si sviluppa su di un fronte “a C” intorno al piccolo giardino Italia dove, nel 1861, fu posta la statua in marmo di Francesco Liberti raffigurante la Libertà. In questo caso, il porticato su cui poggia la facciata è intatto, decorato da una fascia di triglifi e metope decorata in modo simile a quella della facciata principale. Qui è presente l’ingresso che porta allo scalone d’onore, anticipato dalle quattro statue che raffigurano l’Ercole Farnese, la Flora Farnese, Minerva, Pizzo e Astianatte, collocate dove si trovano oggi durante i lavori del Genovese, probabilmente recuperate dal Salone d’Ercole dove erano sistemate le copie delle sculture della collezione Farnese.
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