Palazzo Colonna di Stigliano

Storia e architettura
facciata palazzo colonna di stiglianoIl Palazzo Colonna di Stigliano si trova in via Toledo 185.
L’edificio venne costruito per volontà di Giovanni Zevallos che, avendo accumulato una fortuna di 600’000 ducati, ne investi una parte per l’acquisto del terreno e per l’edificazione della propria lussuosa dimora. Durante i moti del 1647, durante la rivoluzione di Masaniello, il palazzo fu saccheggiato e dato alle fiamme e così, il proprietario si allontanò da Napoli acquistando, insieme al titolo di duca, l’intera città di Ostuni. In seguito, il figlio Francesco, non riuscì a gestire il patrimonio ereditate e fu costretto a vendere il palazzo a Giovanni Vandeneynden, un ricco mercante di origini fiamminghe. Quest’ultimo, presumibilmente tra il 1650 e il 1655, affidò i necessari lavori di restauro a Cosimo Fanzago che, pur rispettando la struttura originaria (compreso il cortile interno circondato da un porticato con pilastri in piperno), ridisegnò la facciata e gli ambienti interni. In seguito, ultimata la sistemazione del palazzo, il nuovo proprietario si preoccupò di arricchirlo di opere d’arte, affidandosi ad un certo Roemer, noto collezionista di Anversa.
Successivamente il mercante fiammingo lasciò tutto in eredità al figlio Ferdinando che, sposata Olimpia Piccolomini, si preoccupò di abbellire ulteriormente il palazzo, ottenendo anche dal Tribunale della Fortificazione di poter usufruire anche per la sua dimora l’acqua che viva utilizzata dalle fontane circostanti (1673). Dal matrimonio nacquero tre figlie, delle quali le prime due, Elisabetta e Giovanna, sposarono Carlo Carafa e Giuliano Colonna dando vita alle due famiglie napoletane che diedero i natali a cinque pontefici. Alla morte di Ferdinando, il palazzo venne ereditato da Giovanna, mentre le opera d’arte vennero suddivise tra le sorelle.
Nel secolo successivo, nel 1799, il palazzo venne di nuovo incendiato, questa volta per mano dell’esercito della Santa Fede, mentre nel 1830, l’allora proprietaria, la principessa di Stigliano Cecilia Ruffo, decise di vendere separatamente i vari ambienti, tenendo per sé solo l’ultimo piano. Così, i nuovi padroni, affidarono la restaurazione del palazzo all’architetto Napoletano Guglielmo Turi, che eliminò dalla facciata qualsiasi riferimento alle decorazioni barocche eseguite dal Fanzago, lasciando intatto solo il portale in marmo bianco, posto tra due colonne bugnate in piperno, sulla cui architrave troviamo lo stemma gentilizio coronato e decorato da festoni di frutta. All’interno, i lavori vennero eseguiti con l’ausilio di alcuni artisti che, nella persona si Gennaro Aveta, si preoccuparono dei bassorilievi e, in quelle di Gennaro Maldarelli e Giuseppe Cammarano, degli affreschi. Anche qui alcune decorazioni precedenti vennero cancellate, compreso un dipinto di Luca Giordano, sostituito, nel soffitto dello scalone, dall’Apoteosi di Saffo e Apollo, opera del Cammarano.
Nel 1898, il piano nobile fu acquistato dalla Banca Commerciale che, per venire incontro alle proprie esigenze, modificò molti ambienti interni, soprattutto il cortile che fu coperto da una struttura in vetro, opera dell’architetto Luigi Platania, e trasformato in atrio. La stessa banca è proprietaria anche di una delle antiche opere collezionate da Giovanni Vandeneynden, ovvero il Martirio di Sant’Orsola, eseguito nel 1610 da Caravaggio.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

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