Duomo di Napoli – Transetto
Descrizione
Il transetto è coperto da un soffitto a cassettoni, a circa 48 metri dal pavimento, e in
posizione un po’ rialzata rispetto alla navata. Anche questa parte della chiesa
ha subito nei secoli numerosi adattamenti e restauri in concomitanza con quelli
della navata centrale. Anche qui possiamo trovare due edicole sommitali in cui
sono posti i busti dei vescovi napoletani San Nostriano e Paolo Burali d’Arezzo.
L’altare fu consacrato a San Michele e San Gennaro durante la cerimonia solenne
ufficiata dall'arcivescovo Nicola de Diano l’8 maggio 1412. Accanto era
conservato un tabernacolo, mentre di fronte c’era un coro in legno che arrivava
all’interno della navata centrale per tre campate. L’attuale collocazione
dell’altare risale al XVI secolo per volontà del Cardinale Gesualdo e fu
riconsacrato il 31 maggio 1597.
posizione un po’ rialzata rispetto alla navata. Anche questa parte della chiesa
ha subito nei secoli numerosi adattamenti e restauri in concomitanza con quelli
della navata centrale. Anche qui possiamo trovare due edicole sommitali in cui
sono posti i busti dei vescovi napoletani San Nostriano e Paolo Burali d’Arezzo.
L’altare fu consacrato a San Michele e San Gennaro durante la cerimonia solenne
ufficiata dall'arcivescovo Nicola de Diano l’8 maggio 1412. Accanto era
conservato un tabernacolo, mentre di fronte c’era un coro in legno che arrivava
all’interno della navata centrale per tre campate. L’attuale collocazione
dell’altare risale al XVI secolo per volontà del Cardinale Gesualdo e fu
riconsacrato il 31 maggio 1597.
L'angolo di sinistra
Qui
si può ammirare il cenotafio di Papa Innocenzo XII Pignatelli, che
originariamente doveva essere collocato nel pavimento della navata centrale. La
statua della Carità, attorniata da putti, regge il busto in rame del pontefice.
In alto furono sistemati la tiara e lo stemma di famiglia.
Di fianco troviamo il monumento sepolcrale del Cardinale Giuseppe Prisco e
l’accesso alla Sagrestia Maggiore, mentre sul pavimento sono poste le lapidi che
ricordano il sepolcro del Cardinale Ostini e la cappella della famiglia Dentice
del Pesce, demolita durante un restauro ottocentesco.
Di fianco alla sagrestia si trova la tomba di Enrico Spata Loffredo e del figlio
Ciccio, primo canonico diacono della cattedrale, mentre sulla parete un’epigrafe
ricorda il primo congresso eucaristico nazionale, tenutosi a Napoli nel 1891.
Al centro della parete sinistra troviamo il mausoleo del Cardinale Sisto Riario
Sforza e la tomba di Papa Innocenzo IV Fieschi, risalente al 1200 ma che subì
numerose modifiche durante i vari restauri della cattedrale: nel cinquecento fu
aggiunta la statua del papa e la lunetta marmorea che la sovrasta, opera
probabilmente del Malvito, che raffigura la Madonna seduta col Bambino tra
Innocenzo IV e l’Arcivescovo Annibale di Capua; le due epigrafi presenti sono
anch’esse opere successive alla tomba: la prima, che ricorda il pontefice, è del
Trecento e fu ritrascritta nel XVI secolo, la seconda, invece, è del cinquecento
e ricorda il restauro della tomba stessa.
In alto, in vece, si possono ammirare dipinti di Giorgio Vasari, la Natività e i
sette Santi Patroni di Napoli: San Gennaro, Sant’Aspreno, Sant’Eufebio, San
Severo, Sant’Agnello e Sant’Atanasio. Originariamente, queste opere coprivano i
portelli dell’organo che si trovava al di sopra del pulpito.
Più in alto, invece, troviamo l’Arcangelo Gabriele e l’Annunziata, entrambi
dipinti da Luca Giordano.
si può ammirare il cenotafio di Papa Innocenzo XII Pignatelli, che
originariamente doveva essere collocato nel pavimento della navata centrale. La
statua della Carità, attorniata da putti, regge il busto in rame del pontefice.
In alto furono sistemati la tiara e lo stemma di famiglia.
Di fianco troviamo il monumento sepolcrale del Cardinale Giuseppe Prisco e
l’accesso alla Sagrestia Maggiore, mentre sul pavimento sono poste le lapidi che
ricordano il sepolcro del Cardinale Ostini e la cappella della famiglia Dentice
del Pesce, demolita durante un restauro ottocentesco.
Di fianco alla sagrestia si trova la tomba di Enrico Spata Loffredo e del figlio
Ciccio, primo canonico diacono della cattedrale, mentre sulla parete un’epigrafe
ricorda il primo congresso eucaristico nazionale, tenutosi a Napoli nel 1891.
Al centro della parete sinistra troviamo il mausoleo del Cardinale Sisto Riario
Sforza e la tomba di Papa Innocenzo IV Fieschi, risalente al 1200 ma che subì
numerose modifiche durante i vari restauri della cattedrale: nel cinquecento fu
aggiunta la statua del papa e la lunetta marmorea che la sovrasta, opera
probabilmente del Malvito, che raffigura la Madonna seduta col Bambino tra
Innocenzo IV e l’Arcivescovo Annibale di Capua; le due epigrafi presenti sono
anch’esse opere successive alla tomba: la prima, che ricorda il pontefice, è del
Trecento e fu ritrascritta nel XVI secolo, la seconda, invece, è del cinquecento
e ricorda il restauro della tomba stessa.
In alto, in vece, si possono ammirare dipinti di Giorgio Vasari, la Natività e i
sette Santi Patroni di Napoli: San Gennaro, Sant’Aspreno, Sant’Eufebio, San
Severo, Sant’Agnello e Sant’Atanasio. Originariamente, queste opere coprivano i
portelli dell’organo che si trovava al di sopra del pulpito.
Più in alto, invece, troviamo l’Arcangelo Gabriele e l’Annunziata, entrambi
dipinti da Luca Giordano.
Cappella di San Lorenzo
La cappella ospita i resti del vescovo Umberto d’Ormont ed è anche detta “degli
Illustrissimi” poiché è sede della congregazione sacerdotale delle apostoliche
missioni. Qui sono conservati alcuni dipinti trecenteschi, come quello posto
sulla controfacciata che raffigura l’Albero di Jesse attribuito a Lello
d’Orvieto, e lastre marmoree di varie epoche.
Sull’altare troviamo un trittico opera di Giovanni Antonio Santoro, risalente al
XVII secolo, che raffigura la Visita di Sant’Elisabetta tra i Santi Nicola e
Restituta. Sull’arco posto al di sopra, invece, sono conservati degli affreschi
di Giovanni Balducci.
Tra la Cappella di San Lorenzo e la successiva, è posto l’altare della famiglia
Loffredo, costruito in marmo e ricco di decorazioni barocche, sculture e intagli
è opera di Pietro e Bartolomeo Ghetti, mentre la tela di San Giorgio che uccide
il drago è di Francesco Solimena. Per terra possiamo trovare una pietra tombale
della stessa famiglia a intarsio policromo del 1771, mentre nella colonna posta
prima della Cappella Galeota è conservata una tela che raffigura il Cardinale
Riario Sforza che cresima un malato. Questa opera è attribuita a Giuseppe
Mancinelli, ma un restauro ha fatto emergere la data (1855) e le iniziali “FS”
che fanno pensare a Francesco Sagliano.
Illustrissimi” poiché è sede della congregazione sacerdotale delle apostoliche
missioni. Qui sono conservati alcuni dipinti trecenteschi, come quello posto
sulla controfacciata che raffigura l’Albero di Jesse attribuito a Lello
d’Orvieto, e lastre marmoree di varie epoche.
Sull’altare troviamo un trittico opera di Giovanni Antonio Santoro, risalente al
XVII secolo, che raffigura la Visita di Sant’Elisabetta tra i Santi Nicola e
Restituta. Sull’arco posto al di sopra, invece, sono conservati degli affreschi
di Giovanni Balducci.
Tra la Cappella di San Lorenzo e la successiva, è posto l’altare della famiglia
Loffredo, costruito in marmo e ricco di decorazioni barocche, sculture e intagli
è opera di Pietro e Bartolomeo Ghetti, mentre la tela di San Giorgio che uccide
il drago è di Francesco Solimena. Per terra possiamo trovare una pietra tombale
della stessa famiglia a intarsio policromo del 1771, mentre nella colonna posta
prima della Cappella Galeota è conservata una tela che raffigura il Cardinale
Riario Sforza che cresima un malato. Questa opera è attribuita a Giuseppe
Mancinelli, ma un restauro ha fatto emergere la data (1855) e le iniziali “FS”
che fanno pensare a Francesco Sagliano.
Cappella Famiglia Capece Galeota
Anche questa cappella, durante i secoli, prese numerosi nomi, prima del
Salvatore Vecchio, poi di Sant’Anastasio e infine del Santissimo Sacramento in
seguito al trasferimento dell’eucarestia nel 1597.
La cappella conserva ancora tracce dell’antica architettura gotica, soprattutto
grazie alla presenza dell’alta bifora centrale. L’altare, invece, fu smantellato
nel 1957 per il recupero periodico delle reliquie e, in questa occasione, emerse
un sarcofago di epoca cristiana del III secolo, posto tra due gridi trapezofori
pagani di età imperiale. Questi reggono una mensa, probabilmente del IV secolo,
sulla quale c’è un’iscrizione in memoria del vescovo Massimo che resse la chiesa
alla metà del IV secolo, le cui spoglie erano conservate in un'altra chiesa e,
poi, spostate nella cattedrale. Ora, questo altare è posto sul fondo della
cappella.
Sulla parete sinistra troviamo una tavola della Madonna delle Grazie con Rubino
Galelota, risalente al quattrocento, e, più in basso, la tavola di Rubino Capece
Galeota. Inoltre sono conservati i sepolcri di Giacomo Capece Galeota (opera di
Lorenzo Vaccaro) e quello del padre Fabio (opera di Cosimo Fanzago), entrambi
di fine Seicento.
Lungo le pareti, si trova un ciclo di pitture del Quattrocento raffiguranti la
vita di Sant’Atanasio e restaurate ne corso dei secoli: nel 1667 da Andrea di
Leone e nel 1842 da Aniello d’Aloiso.
In una nicchia nella parete destra sono conservati dei reliquiari e, intorno,
alcune lapidi di marmo in ricordo di Carlo Capece Galeota e Maria Soia Capece
Galeota.
Salvatore Vecchio, poi di Sant’Anastasio e infine del Santissimo Sacramento in
seguito al trasferimento dell’eucarestia nel 1597.
La cappella conserva ancora tracce dell’antica architettura gotica, soprattutto
grazie alla presenza dell’alta bifora centrale. L’altare, invece, fu smantellato
nel 1957 per il recupero periodico delle reliquie e, in questa occasione, emerse
un sarcofago di epoca cristiana del III secolo, posto tra due gridi trapezofori
pagani di età imperiale. Questi reggono una mensa, probabilmente del IV secolo,
sulla quale c’è un’iscrizione in memoria del vescovo Massimo che resse la chiesa
alla metà del IV secolo, le cui spoglie erano conservate in un'altra chiesa e,
poi, spostate nella cattedrale. Ora, questo altare è posto sul fondo della
cappella.
Sulla parete sinistra troviamo una tavola della Madonna delle Grazie con Rubino
Galelota, risalente al quattrocento, e, più in basso, la tavola di Rubino Capece
Galeota. Inoltre sono conservati i sepolcri di Giacomo Capece Galeota (opera di
Lorenzo Vaccaro) e quello del padre Fabio (opera di Cosimo Fanzago), entrambi
di fine Seicento.
Lungo le pareti, si trova un ciclo di pitture del Quattrocento raffiguranti la
vita di Sant’Atanasio e restaurate ne corso dei secoli: nel 1667 da Andrea di
Leone e nel 1842 da Aniello d’Aloiso.
In una nicchia nella parete destra sono conservati dei reliquiari e, intorno,
alcune lapidi di marmo in ricordo di Carlo Capece Galeota e Maria Soia Capece
Galeota.
Cappella Famiglia Tocco di Montemiletto o di Sant'Aspreno
La cappella, dedicata a Sant’Aspreno, primo vescovo di Napoli e, secondo
tradizione, battezzato proprio da San Pietro, come la precedente conserva e
manifesta la sua originaria architettura gotica, così come evidenziato dalla
bifora e dai capitelli a cespi di fogliame da cui partono le volte ogivali.
La pittura trecentesca fu coperta nel XVI secolo, quando Agostino Tesauro
disegnò un ciclo sulla vita del Santo vescovo. Nel XVIII secolo, per volere di
Leonardo Tocco, queste opere subirono delle sostanziali modifiche da parte di
Filippo Andreoli che, per, ad oggi sono state rimosse per riportare alla luce
gli affreschi che, dall’alto a sinistra, raffigurano: San Pietro incorona Santa
Candida, Santa Candida reca a Sant’Aspreno il bastone di San Pietro,
Sant’Aspreno e Santa Candida si recano da San Pietro, Battesimo di Sant’Aspreno,
Sant’Aspreno guarisce un cieco, Sant’Aspreno guarisce uno storpio, Sant’Aspreno
guarisce un paralitico, Sant’Aspreno è consacrato vescovo da San Pietro,
Sant’Aspreno predica al popolo, Morte di Sant’Aspreno, Genitori che ottengono
figli per l’intercessione del Santo, Costruzione di una chiesa dedicata al
Santo, Il Santo guarisce un uomo che soffre per male al capo, Il padre del
neonato ringrazia il Santo, Guarigione di un artritico, Guarigione di un
nefritico, Guarigione di un uomo affetto da mali polmonari, Guarigione di un
moribondo. Alcuni di questi affreschi sono finiti a tempera e a finto mosaico e
offrono dei magnifici esempi dell’arte del tempo.
In una nicchia dell’altare sono conservate le reliquie del Santo, mentre sul
fondo, è conservato un bassorilievo raffigurante la Vergine con Bambino, opera
di Diego de Siloe che, probabilmente, è anche l’autore di quello realizzato in
un tondo sul sepolcro di Jacopo de Tocco e che ha come soggetto sempre la
Madonna.
All’intermo, lungo le pareti, si trovano varie tombe di famiglia risalenti a
varie epoche, da quelle trecentesche, fino alle più recenti costruite tre secoli
dopo.
tradizione, battezzato proprio da San Pietro, come la precedente conserva e
manifesta la sua originaria architettura gotica, così come evidenziato dalla
bifora e dai capitelli a cespi di fogliame da cui partono le volte ogivali.
La pittura trecentesca fu coperta nel XVI secolo, quando Agostino Tesauro
disegnò un ciclo sulla vita del Santo vescovo. Nel XVIII secolo, per volere di
Leonardo Tocco, queste opere subirono delle sostanziali modifiche da parte di
Filippo Andreoli che, per, ad oggi sono state rimosse per riportare alla luce
gli affreschi che, dall’alto a sinistra, raffigurano: San Pietro incorona Santa
Candida, Santa Candida reca a Sant’Aspreno il bastone di San Pietro,
Sant’Aspreno e Santa Candida si recano da San Pietro, Battesimo di Sant’Aspreno,
Sant’Aspreno guarisce un cieco, Sant’Aspreno guarisce uno storpio, Sant’Aspreno
guarisce un paralitico, Sant’Aspreno è consacrato vescovo da San Pietro,
Sant’Aspreno predica al popolo, Morte di Sant’Aspreno, Genitori che ottengono
figli per l’intercessione del Santo, Costruzione di una chiesa dedicata al
Santo, Il Santo guarisce un uomo che soffre per male al capo, Il padre del
neonato ringrazia il Santo, Guarigione di un artritico, Guarigione di un
nefritico, Guarigione di un uomo affetto da mali polmonari, Guarigione di un
moribondo. Alcuni di questi affreschi sono finiti a tempera e a finto mosaico e
offrono dei magnifici esempi dell’arte del tempo.
In una nicchia dell’altare sono conservate le reliquie del Santo, mentre sul
fondo, è conservato un bassorilievo raffigurante la Vergine con Bambino, opera
di Diego de Siloe che, probabilmente, è anche l’autore di quello realizzato in
un tondo sul sepolcro di Jacopo de Tocco e che ha come soggetto sempre la
Madonna.
All’intermo, lungo le pareti, si trovano varie tombe di famiglia risalenti a
varie epoche, da quelle trecentesche, fino alle più recenti costruite tre secoli
dopo.
Cappella Capece Minutolo
Questa cappella, dedicata a San Pietro e Sant’Anastasia, è di incerta datazione,
ma, è certo che fu ristrutturata dall’Arcivescovo Capece Minutolo negli ultimi
anni del XIII secolo; il patronato familiare, invece, è ricordato da una porta
in legno e da un cancello in ferro.
Il pavimento, leggermente rialzato rispetto a quello del transetto, è decorato
con mosaici cosmateschi con al centro lo stemma della famiglia a bassorilievo,
presumibilmente di epoca antecedente la ristrutturazione.
Sul fondo il monumento sepolcrale del Cardinale Enrico Capece Minutolo,
costruito nel 1402 ad opera dell’Abate Antonio Baboccio, autore anche del
portale della cattedrale. Il monumento è realizzato completamente in marmo
bianco e in stile gotico. La cupola, con al centro le armi della famiglia, è
decorata da statue e piramidi ed è sorretta da quattro colonne intagliate a
bassorilievi che, a loro volta, sono appoggiate sul dorso di quattro leoni.
Anche la cassa sepolcrale è sorretta sostenuta da altre strutture, in questo
caso tre colonne e due statue raffiguranti la Carità e la Mansuetudine. Inoltre,
essa è decorata dal Presepe di Nostro Signore Gesù Cristo che presenta da un
lato Santa Anastasia e San Girolamo che pone la mano sul capo di un bambino (il
Cardinale Enrico), e dall’altro S. Gennaro e S. Pietro. Il sarcofago è coperto
da una statua che raffigura la salma del Cardinale che, a sua volta, è
circondata da quattro Angeli, due dei quali sono utilizzati per sorreggere il
padiglione in cui è raffigurato in rilievo il Crocifisso con la Vergine e San
Giovanni. Ai piedi dell’urna sepolcrale, troviamo il gradino dell’altare,
decorato con bassorilievi raffiguranti la Vergine del Principio con i 12
Apostoli.
L’altare è composto da una tavola sorretta da due colonne e da una cassa di
marmo, adornata da Aronne e Zaccaria. Tra queste due figure, è posta una teca
con le Reliquie.
Ai lati dell’altare troviamo due sarcofaghi: a sinistra quello dell’Aecivescovo
di Salerno Orso Capece Minutolo attribuito alla scuola di Tino da Camaino,
mentre a destra quello dell’Arcivescovo di Napoli Filippo Capece Minutolo, opera
della scuola di Arnolfo di Cambio e decorato da mosaici cosmateschi.
Sia le pareti che il soffitto sono decorati da affreschi, anche se quest’ultimo
non offre molti spunti artistici dato il suo stato di conservazione, nonostante
in origine fosse anch’esso ben decorato. Subito accanto all’ingresso, troviamo i
dipinti di Sant’Antonio da Padova, Santa Caterina da Siena e la Maddalena. Altri
affreschi riguardano alcune scene bibliche del Nuovo testamento, mentre in basso
trovano posto crociati e cavalieri appartenenti alla famiglia tra il XIII e il
XV secolo. Tra gli autori di tutti questi affreschi possiamo sicuramente
individuare Giotto, Pietro Cavallini e Montano d’Arezzo, mentre la Crocifissione
di San Pietro potrebbe portare la firma di Cimabue. L’accesso alla sagrestia è
consentito tramite una porta laterale. In essa troviamo molti ovali raffiguranti
Vescovi e Cardinali, mentre l’altare fu qui trasferito nel 1841 dalla cappella
dello Spirito Santo.
All’esterno della cappella, invece, è posto il sepolcro di Giambattista Capece
Minutolo, la cui statua è opera di Girolamo d’Auria.
ma, è certo che fu ristrutturata dall’Arcivescovo Capece Minutolo negli ultimi
anni del XIII secolo; il patronato familiare, invece, è ricordato da una porta
in legno e da un cancello in ferro.
Il pavimento, leggermente rialzato rispetto a quello del transetto, è decorato
con mosaici cosmateschi con al centro lo stemma della famiglia a bassorilievo,
presumibilmente di epoca antecedente la ristrutturazione.
Sul fondo il monumento sepolcrale del Cardinale Enrico Capece Minutolo,
costruito nel 1402 ad opera dell’Abate Antonio Baboccio, autore anche del
portale della cattedrale. Il monumento è realizzato completamente in marmo
bianco e in stile gotico. La cupola, con al centro le armi della famiglia, è
decorata da statue e piramidi ed è sorretta da quattro colonne intagliate a
bassorilievi che, a loro volta, sono appoggiate sul dorso di quattro leoni.
Anche la cassa sepolcrale è sorretta sostenuta da altre strutture, in questo
caso tre colonne e due statue raffiguranti la Carità e la Mansuetudine. Inoltre,
essa è decorata dal Presepe di Nostro Signore Gesù Cristo che presenta da un
lato Santa Anastasia e San Girolamo che pone la mano sul capo di un bambino (il
Cardinale Enrico), e dall’altro S. Gennaro e S. Pietro. Il sarcofago è coperto
da una statua che raffigura la salma del Cardinale che, a sua volta, è
circondata da quattro Angeli, due dei quali sono utilizzati per sorreggere il
padiglione in cui è raffigurato in rilievo il Crocifisso con la Vergine e San
Giovanni. Ai piedi dell’urna sepolcrale, troviamo il gradino dell’altare,
decorato con bassorilievi raffiguranti la Vergine del Principio con i 12
Apostoli.
L’altare è composto da una tavola sorretta da due colonne e da una cassa di
marmo, adornata da Aronne e Zaccaria. Tra queste due figure, è posta una teca
con le Reliquie.
Ai lati dell’altare troviamo due sarcofaghi: a sinistra quello dell’Aecivescovo
di Salerno Orso Capece Minutolo attribuito alla scuola di Tino da Camaino,
mentre a destra quello dell’Arcivescovo di Napoli Filippo Capece Minutolo, opera
della scuola di Arnolfo di Cambio e decorato da mosaici cosmateschi.
Sia le pareti che il soffitto sono decorati da affreschi, anche se quest’ultimo
non offre molti spunti artistici dato il suo stato di conservazione, nonostante
in origine fosse anch’esso ben decorato. Subito accanto all’ingresso, troviamo i
dipinti di Sant’Antonio da Padova, Santa Caterina da Siena e la Maddalena. Altri
affreschi riguardano alcune scene bibliche del Nuovo testamento, mentre in basso
trovano posto crociati e cavalieri appartenenti alla famiglia tra il XIII e il
XV secolo. Tra gli autori di tutti questi affreschi possiamo sicuramente
individuare Giotto, Pietro Cavallini e Montano d’Arezzo, mentre la Crocifissione
di San Pietro potrebbe portare la firma di Cimabue. L’accesso alla sagrestia è
consentito tramite una porta laterale. In essa troviamo molti ovali raffiguranti
Vescovi e Cardinali, mentre l’altare fu qui trasferito nel 1841 dalla cappella
dello Spirito Santo.
All’esterno della cappella, invece, è posto il sepolcro di Giambattista Capece
Minutolo, la cui statua è opera di Girolamo d’Auria.
Cappella dell'Assunta o Famiglia Milano
Questa cappella prende il nome dall’opera del Perugino che in origine si trovava
nel centro della tribuna dell’altare maggiore. Nel 1860 fu spostata qui al posto
di un’opera di Paolo de Matteis nella quale era raffigurato il Calvario. Nella
tela, la Madonna è raffigurata in una mandorla, attorniata da dieci angeli; in
basso gli apostoli e alcuni santi, tra cui San Gennaro che benedice il Cardinale
Oliviero Carafa, committente dell’opera.
All’interno si trovano la tomba di Pietro Capece Baraballo, quella di Enrico
Capece Minutolo e della moglie Bardella Piscielli.
All’esterno, prima di arrivare alla Cappella dell’Annunziata, troviamo il
monumento funebre del Cardinale Innico Caracciolo, opera del carrarese Pietro
Gherri nel 1678. Dal drappeggio emerge uno scheletro che sorregge una clessidra,
quasi a simboleggiare come un breve passaggio la vita terrena. Il drappeggio è
sorretto a sua volta da tre putti che rappresentano la sincerità, l’amore e
l’intelligenza.
nel centro della tribuna dell’altare maggiore. Nel 1860 fu spostata qui al posto
di un’opera di Paolo de Matteis nella quale era raffigurato il Calvario. Nella
tela, la Madonna è raffigurata in una mandorla, attorniata da dieci angeli; in
basso gli apostoli e alcuni santi, tra cui San Gennaro che benedice il Cardinale
Oliviero Carafa, committente dell’opera.
All’interno si trovano la tomba di Pietro Capece Baraballo, quella di Enrico
Capece Minutolo e della moglie Bardella Piscielli.
All’esterno, prima di arrivare alla Cappella dell’Annunziata, troviamo il
monumento funebre del Cardinale Innico Caracciolo, opera del carrarese Pietro
Gherri nel 1678. Dal drappeggio emerge uno scheletro che sorregge una clessidra,
quasi a simboleggiare come un breve passaggio la vita terrena. Il drappeggio è
sorretto a sua volta da tre putti che rappresentano la sincerità, l’amore e
l’intelligenza.
Cappella dell'Annunziata o Famiglia Caracciolo Giosuè
La cappella prende il nome dall’omonima tela di Nicola Maria Rossi del 1744,
posta sopra l’altare. Gli affreschi alle pareti risalgono al quattrocento e
raffigurano, a sinistra, Il Crocifisso e l’Annunciazione, mentre a destra,
Sant’Antonio Abate e San Girolamo.
posta sopra l’altare. Gli affreschi alle pareti risalgono al quattrocento e
raffigurano, a sinistra, Il Crocifisso e l’Annunciazione, mentre a destra,
Sant’Antonio Abate e San Girolamo.
Cappella della Maddalena
La cappella prende il nome dalla tela seicentesca di Nicola Vaccaro. Al suo
interno sono conservati i cenotafi di Landolfo e Domenico Crispano.
interno sono conservati i cenotafi di Landolfo e Domenico Crispano.
L'angolo di destra
Oltre la Cappella della Maddalena, nell’angolo tra transetto e navata, si trova
il monumento funebre del Cardinale Antonio Sersale. Il ritratto con i putti
circostanti è di Giuseppe Sammartino.
Sul soffitto troviamo la Pentecoste, la Resurrezione e l’Assunzione di Fabrizio
Santafede, l’Apparizione di Gesù agli apostoli e l’apparizione di Maria di
Girolamo Imparato e, per finire, Santi di Luca Giordano e Francesco Solimena.
il monumento funebre del Cardinale Antonio Sersale. Il ritratto con i putti
circostanti è di Giuseppe Sammartino.
Sul soffitto troviamo la Pentecoste, la Resurrezione e l’Assunzione di Fabrizio
Santafede, l’Apparizione di Gesù agli apostoli e l’apparizione di Maria di
Girolamo Imparato e, per finire, Santi di Luca Giordano e Francesco Solimena.
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