Chiesa di Sant’Antonio delle Monache a Port’Alba
Storia e architettura
La chiesa di Sant’Antonio delle Monache si trova in Piazza Bellini.
L’edificio, posto all’interno dell’omonimo complesso fu costruita intorno al 1578 e consacrata l’anno successivo.
L’interno, preceduto da un piccolo vestibolo, era a pianta rettangolare con una sola navata e tre cappelle per lato. Nelle prime due, una destra e una sinistra, vi erano gli accessi ad una sagrestia e al chiostro, mentre nelle altre erano collocati degli altari. Tra il cornicione e il soffitto ligneo si aprivano tre finestroni per lato, mentre la zona presbiteriale era illuminata dalle otto finestre della cupola con lanterna. Alle spalle dell’altare maggiore, invece, si apriva una grata attraverso la quale le monache ricevevano l’Eucarestia.
Nuovo abbellimenti furono aggiunti nel 1645 dai maestri stuccatori Silvestro Faiella e Francesco Cristiano, che realizzarono le decorazioni delle cappelle laterali con festoni, puttini e fogliame. Nello stesso anno Bernando Cavallino realizzò il quadro e il relativo bozzetto raffiguranti Santa Cecilia al Cembalo, posti rispettivamente in una delle cappelle di destra e in sacrestia. Oggi, entrambi i dipinti sono conservati al Museo di Capodimonte. Tra il 1682 e il 1684, altri lavori furono eseguiti nella chiesa da altri maestri stuccatori, tra cui Domenico Santullo, appartenente ad una famiglia attiva già in altre chiese della città.
L’altare maggiore venne modificato una prima volta nel 1635, quando a Simone Tacca e a Giacomo Lazzari vennero commissionati due piedistalli laterali e teste di cherubini, mentre a Giovan Tommaso Imparato eseguì la custodia in legno. La seconda modifica venne apportata attorno al 1720, quando Giuseppe Troccola sositutì il tabernacolo in legno ed il paliotto. Lo stesso artista, probabilmente, modificò anche gli altari nelle cappelle laterali.
Nel 1820, le monache del Conservatorio di Santa Maria dei Sette Dolori si trasferirono nel complesso e portarono con loro la statua della Vergine dei Sette Dolori, che fu collocata nella nicchia dietro l’altare maggiore, una tela di
Paolo de Matteis raffigurante l’Addolorata, oggi andata perduta, e il quadro raffigurante Filippo Benizio, opera di Ferdinando Castiglia, che fu sistemato nella seconda cappella di destra.
Tra il 1856 e il 1865, il tetto della chiesa venne riparato e, nell’occasione l’architetto Francesco Saponieri, sostituì l’antico soffitto cassettonato.
All’interno rimane custodita la pavimentazione maiolicata risalente alla seconda metà dell’800, mentre sui due altari di destra sono posti i dipinti raffiguranti San Giovanni Bosco e il Cristo Redentore, eseguiti da Luigi Taglialatela nel 1934, periodo in cui il monastero era affidato alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Alle spalle dell’altare maggiore, decorato da marmi policromi intarsiati con madreperla, troviamo la cona, privata del dipinto centrale sostituito intorno al 1820 con la scultura lignea della Vergine dei Sette Dolori, di Giacomo Colombo, che è probabilmente quella conservata oggi in un altare portatile sulla cantoria. Al centro del soffitto cassettonato si trova un dipinto Sant’Antonio, opera anonima del XVII secolo. E ancora le tele di Antonio Sarnelli e Ferdinando Castiglia sugli altari laterali, raffiguranti rispettivamente il Transito di San Giuseppe (1780) e San Filippo Benizza (seconda metà del XVIII secolo), una statua lignea di San Michele Arcangelo del XVII secolo, opera attribuita a Nicola Fumo.
L’edificio, posto all’interno dell’omonimo complesso fu costruita intorno al 1578 e consacrata l’anno successivo.
L’interno, preceduto da un piccolo vestibolo, era a pianta rettangolare con una sola navata e tre cappelle per lato. Nelle prime due, una destra e una sinistra, vi erano gli accessi ad una sagrestia e al chiostro, mentre nelle altre erano collocati degli altari. Tra il cornicione e il soffitto ligneo si aprivano tre finestroni per lato, mentre la zona presbiteriale era illuminata dalle otto finestre della cupola con lanterna. Alle spalle dell’altare maggiore, invece, si apriva una grata attraverso la quale le monache ricevevano l’Eucarestia.
Nuovo abbellimenti furono aggiunti nel 1645 dai maestri stuccatori Silvestro Faiella e Francesco Cristiano, che realizzarono le decorazioni delle cappelle laterali con festoni, puttini e fogliame. Nello stesso anno Bernando Cavallino realizzò il quadro e il relativo bozzetto raffiguranti Santa Cecilia al Cembalo, posti rispettivamente in una delle cappelle di destra e in sacrestia. Oggi, entrambi i dipinti sono conservati al Museo di Capodimonte. Tra il 1682 e il 1684, altri lavori furono eseguiti nella chiesa da altri maestri stuccatori, tra cui Domenico Santullo, appartenente ad una famiglia attiva già in altre chiese della città.
L’altare maggiore venne modificato una prima volta nel 1635, quando a Simone Tacca e a Giacomo Lazzari vennero commissionati due piedistalli laterali e teste di cherubini, mentre a Giovan Tommaso Imparato eseguì la custodia in legno. La seconda modifica venne apportata attorno al 1720, quando Giuseppe Troccola sositutì il tabernacolo in legno ed il paliotto. Lo stesso artista, probabilmente, modificò anche gli altari nelle cappelle laterali.
Nel 1820, le monache del Conservatorio di Santa Maria dei Sette Dolori si trasferirono nel complesso e portarono con loro la statua della Vergine dei Sette Dolori, che fu collocata nella nicchia dietro l’altare maggiore, una tela di
Paolo de Matteis raffigurante l’Addolorata, oggi andata perduta, e il quadro raffigurante Filippo Benizio, opera di Ferdinando Castiglia, che fu sistemato nella seconda cappella di destra.
Tra il 1856 e il 1865, il tetto della chiesa venne riparato e, nell’occasione l’architetto Francesco Saponieri, sostituì l’antico soffitto cassettonato.
All’interno rimane custodita la pavimentazione maiolicata risalente alla seconda metà dell’800, mentre sui due altari di destra sono posti i dipinti raffiguranti San Giovanni Bosco e il Cristo Redentore, eseguiti da Luigi Taglialatela nel 1934, periodo in cui il monastero era affidato alle Figlie di Maria Ausiliatrice. Alle spalle dell’altare maggiore, decorato da marmi policromi intarsiati con madreperla, troviamo la cona, privata del dipinto centrale sostituito intorno al 1820 con la scultura lignea della Vergine dei Sette Dolori, di Giacomo Colombo, che è probabilmente quella conservata oggi in un altare portatile sulla cantoria. Al centro del soffitto cassettonato si trova un dipinto Sant’Antonio, opera anonima del XVII secolo. E ancora le tele di Antonio Sarnelli e Ferdinando Castiglia sugli altari laterali, raffiguranti rispettivamente il Transito di San Giuseppe (1780) e San Filippo Benizza (seconda metà del XVIII secolo), una statua lignea di San Michele Arcangelo del XVII secolo, opera attribuita a Nicola Fumo.
Tratto da: Sant’Antoniello a Portalba, Storia – Arte – Restauro, a cura di Aldo Pinto e Adriana Valerio, Fridericiana Editrice Universitaria, 2009
Dove si trova - mappa
Foto
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Le foto sono tratte da: Sant’Antoniello a Portalba, Storia – Arte – Restauro, a cura di Aldo Pinto e Adriana Valerio, Fridericiana Editrice Universitaria, 2009
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