Storia del Regno di Napoli – Arte e cultura

San Domenico Maggiore
San Domenico Maggiore era uno dei più importanti
centri culturali del regno, sede dello Studio generale dell'Ordine, a contatto
con l'università e con il mondo culturale laico, luogo delle principali e
interessanti discussioni filosofiche e teologiche del tempo. La sua biblioteca
possedeva pregevolissime opere, di cui parecchie mancavano nelle altre
biblioteche della città ormai vietati a privati e a pubbliche istituzioni. In
questo convento sostarono i più grandi ribelli italiani della fine del
Cinquecento. Giordano Bruno vi entrò nel 1565 a diciassette anni e mezzo, e vi
rimase fino al 1576. In quell'ambiente si formarono i primi fondamenti della sua
cultura; in questo ambiente gli studenti avevano la possibilità di scrivere,
leggere, studiare e anche discutere le proprie idee con relativa libertà. Anche
Campanella frequentò il convento di San Domenico quando subì il suo primo
processo dopo la pubblicazione nel 1590 della Philosophia sensibus
demonstrata
. Alcuni anni dopo Caravaggio, bandito da Roma, dipinse per quei
frati la Flagellazione di Cristo
e anche la Madonna del Rosario.
Il Gesù Nuovo
L'edificio, uno dei più significativi della
controriforma napoletana, fu costruito dal 1593 su progetto di G. Valeriano,
architetto gesuita, sull'area di Palazzo Sanseverino (1470), del quale incorpora
parte della facciata in pietra grigia bugnata a punta di diamante. La
planimetria si distacca dal modello codificato nel Gesù di Roma e largamente
seguito ovunque, e presenta un impianto a croce greca con una leggera
accentuazione dell'asse longitudinale. In lavori di abbellimento e di restauro,
specie della cupola, furono impegnati nei secc. XVII-XVIII C. Fanzago, A.
Guglielmelli e F. Fuga. La ricca decorazione della chiesa, con i rivestimenti di
marmi policromi, le sculture, gli affreschi e i dipinti dei principali pittori
attivi a Napoli nel '600 e '700, si discosta dai sobri intenti di Valeriano per
esprimere il gusto barocco napoletano. Nelle pitture è presente la corrente
tardomanieristica del primo '600 con B. Corenzio, B. Azzolino, G.Imparato, il
naturalismo postcaravaggesco con M, Stanzione e B. Caracciolo ( Natività
nell'oratorio dei nobili) e le tendenze barocche con L. Giordano, F. Solimena,
P. De Matteis.
Palazzo Reale
Residenza vicereale e dei sovrani borbonici, fu costruito (1602) nel centro di
rappresentanza della Napoli spagnola per il viceré Ferrante di Castro da
Domenico Fontana che rielaborò, con proporzioni più monumentali, il proprio
progetto per la villa romana di Sisto v. Nel lungo fronte rettilineo (169 m) si
apre a pian terreno un loggiato di pietra grigia i cui archi furono
alternativamente chiusi , per motivi statici, da L. Vanvitelli ( sec. XVIII). Il
cortile interno a doppia loggia riprende una composizione realizzata da D,
Fontana al Laterano, qui più articolata per l'inserimento di una campata più
ampia ad arco ribassata nella zona mediana di ogni lato. Su questo impianto
furono inseriti nel 1651 il monumentale scalone di F.A. Picchiati (decorato da
G. Genobese nel 1838-42), e, nel 1660-68, la cappella con lo straordinario
altare a tarsie marmoree che rappresentano scenografiche architetture, dovuto a
D. Lazzari (1678). Nel 1768 fu realizzata da Fuga il Teatrino di Corte,
ricostruito nel dopoguerra; dopo l'incendio del 1837,G. Genovese ristrutturò per
Ferdinando II tutto l'edificio e aggiunse il giardino pensile a terrazze verso
il mare. Gli appartamenti reali conservano arredi originali e affreschi di B.
Corenzio, F. De Mura ecc. e sono sede di Museo (pitture dei secc. XVI-XVIII) e
della Biblioteca Nazionale.

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