Palazzo del Museo Archeologico Nazionale

Storia e architettura
esterno museo archeologico nazionale di napoliIl palazzo del Museo Archeologico Nazionale si trova in piazza Museo Nazionale 19.
La sua costruzione risale al 1586, quando il viceré don Pedro Giron, duca d’Ossuna, decise di trasferire nella zona le scuderie per la cavalleria. Il progetto per realizzare la nuova struttura venne affidato all’architetto fiorentino Giovan Vincenzo Casale che, però, dovette abbandonare i lavori una volta che ci si rese conto che l’area era povera d’acqua, elemento necessario per la sopravvivenza dei cavalli. L’edificio, con l’ingresso in via Santa Teresa, che presentava un portale incorniciato tra colonne con capitelli tuscanici (accanto alle quali vi era un’epigrafe in ricordo della sua costruzione, oggi conservata al Museo di San Martino), rimase intatto fino al 1612, quando il viceré don Pedro Fernández de Castro decise di trasformarlo in Palazzo degli Studi.
I lavori vennero affidati all’architetto Giulio Cesare Fontana che, nel suo progetto prevedeva la realizzazione di un ampio atrio centrale con ingresso a sud (ovvero l’attuale ingresso principale) e, sul fondo, una grande aula di forma absidale per le occasioni solenni (Sala dei Concorsi), illuminata da grandi finestroni. Al piano superiore, in corrispondenza dello stesso atrio, la Biblioteca, mentre ai lati dovevano aprirsi due giardini circondati da un porticato sul quale affacciavano le varie aule. Per quanto riguarda l’esterno, invece, la facciata principale doveva avere l’ingresso affiancato da due colonne e da due finestroni, al di sotto dei balconi dovevano essere posizionati degli stemmi, altri finestroni per illuminare la biblioteca e, in alto, un frontone; le facciate delle ali laterali, invece, si innalzavano solo per un piano e prevedevano delle finestre con timpani decorato da vasi e medaglioni contenenti busti, alternate a nicchie decorative con statue. Il Fontana cominciò a realizzare la facciata centrale e i due corpi laterali. Sebbene non fosse ancora ultimato, il viceré volle comunque inaugurarlo il 14 giugno del 1615. In seguito, visto che altri impegni reclamavano Cesare Fontana, il progetto fu proseguito da Bartolomeo Picchiatti, ma nel 1616 i lavori si fermarono.
In seguito, dopo alcuni rafforzamenti necessari a seguito del terremoto del 1688, l’edificio divenne la sede del Tribunale e, successivamente, durante la rivoluzione di Macchia del 1701, tornò ad ospitare le truppe del regno che lo occuparono fino al 1735. In quell’anno Carlo III decise di affidare all’architetto Giovanni Medrano i lavori di trasformazione del palazzo, in modo che potesse accogliere la Biblioteca Farnesiana, ricevuta in eredità dalla madre Elisabetta Farnese. Tra i vari lavori di ristrutturazione, l’architetto realizzò anche il doppio soffitto del salone del primo piano, uno con travi lignee che sorreggono la volta e, più in alto, altre capriate a costituire il tetto vero e proprio. Così, l’università ritornò in questa sede e, nel 1742, Ferdinando Sanfelice venne incaricato di portare a termine l’antico progetto di Cesare Fontana, mai ultimato. Pur seguendo le linee guida del suo predecessore, il Sanfelice apportò molte modifiche, eliminando le nicchie decorative, le statue, i medaglioni e le balaustre. Anche qui, dopo la costruzione dell’ala orientale, i lavori si fermarono nel 1759, quando Carlo III tornò in Spagna.
Nel 1767, con l’espulsione dei Gesuiti dal regno, l’università venne trasferita nel convento rimasto vuoto e il palazzo fu destinato da Ferdinando IV a sede del Real Museo, in modo da conservarvi le collezione Farnesiane e quelle degli scavi di Ercolano e, inoltre, da ospitare l’Accademia delle Scienze e Lettere e quella delle Belle Arti. In seguito, nel 1780, Ferdinando Fuga e Pompeo Schiantarelli, vennero ingaggiati dallo stesso re per adattare l’edificio al nuovo utilizzo, mentre nel 1781 la volta del salone venne affrescata da Pietro Bardellino. Così, vennero chiuse le arcate nel vestibolo, per poter rinforzare la Biblioteca al piano superiore, venne aggiunta un’altra ala sul lato destro del palazzo, venne costruita una scala semicircolare e venne realizzata l’aula detta “dei concorsi”.
Queste modifiche, però, insieme alle ingenti spese, non piacevano molto alla famiglia reale che, alla morte del Fuga, incaricarono l’architetto Schiantarelli di correggere il suo collega. Infatti, la scalinata venne rifatta, vennero ripristinati gli archi nel vestibolo e presentò un nuovo progetto che prevedeva l’utilizzo del convento e della chiesa di Santa Maria degli Scalzi per costruire la scuola di Belle Arti. Così, nel 1791, con l’aiuto dell’architetto Gaetano Bronzuoli, cominciarono i lavori. Tutte le facciate vennero abbellite e, la principale, rifatta, con la costruzione di un altro piano; vennero, però, eliminate le statue, le nicchie e i pregi che adornavano le finestre, mentre venne realizzato il giardino nella parte destra. Per fortuna, la parte di progetto che prevedeva l’utilizzo del convento e della chiesa non fu mai realizzato.
Nel 1801 i lavori di completamento vennero affidati a Francesco Maresca che decise di ammodernare alcune strutture, mentre nel 1831 Pietro Bianchi completò l’ala destra del palazzo. Nello stesso periodo, Antonio Niccolini decorò il Vestibolo.
Negli anni successivi, le varie accademie trovarono altre sedi, nel 1925, anche la Biblioteca venne trasferita all’interno del Palazzo Reale e, nel 1957, la pinacoteca venne portata alla Reggia di Capodimonte, lasciando il palazzo alla sua unica funzione di Museo Archelogico Nazionale.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

Salone della Meridiana
salone della meridiana museo archeologico nazionale di napoliAl primo piano, si trova questo enorme salone seicentesco, lungo 54 metri, largo 20 e alto 27, illuminato da tre ordini di finestre. In basso, quelle sui due lati affacciano sui cortili, mentre quelle sulla rimanente facciata hanno anche il balcone e si aprono proprio al di sopra dell’ingresso principale. L’ordine di mezzo, invece, presenta aperture di forma quadrata, ognuna pochi centimetri sopra quelle descritte precedentemente. Infine, le finestre dell’ordine superiore, si aprono proprio sul basamento della volta che, sin dalle origini, a causa delle dimensione della sala, non era considerata molto stabile. Per questo motivo, nel 1735, l’architetto Giovanni Antonio Medrano adottò l’espediente del “doppio tetto” descritto in precedenza per stabilizzarla. In seguito, nel 1781, Pietro Bardellino la affrescò rappresentandovi le virtù di Ferdinando IV e della moglie Maria Carolina che, nell’occasione sono esaltati come protettori delle arti, ognuna delle quali rappresentata dalle figure allegoriche disegnate nel cielo.
Il nome del salone è dovuto alla meridiana disegnata sul pavimento che, insieme alla rosa dei venti, è quello che rimane di un progetto, datato 1791, che si proponeva di realizzare nel palazzo un osservatorio astronomico. Inoltre, sempre per lo stesso motivo, è qui esposta la statua dell’Atlante Farnese, risalente al II secolo d.C.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

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Le foto sono tratte da:
Wikipedia e da Culturacampania

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