Chiostri di San Giovanni a Carbonara

I chiostri di San Giovanni a Carbonara si trovano in via Carobonara, incastonati tra la Chiesa di San Giovanni a Carbonara e la Caserma Garibaldi.
Inizialmente, la chiesa e il complesso conventuale vennero costruiti a partire dal 1343, dopo che, qualche anno prima (1339), Gualtiero Galeota, nobile napoletano del Seile di Capua, donò ai Frati Giovanni d’Alessandria e Dionigi di Burgo case e terreni per la costruzione di un luogo di culto da dedicare a San Giovanni Battista. La morte improvvisa di Dionigi, però, causò l’improvvisa interruzione dei lavori che ripresero solo nel 1346 per completare la chiesa, il convento e un piccolo chiostro. Nel corso dei secoli si aggiunsero altri due chiostri che, poi, furono in parte deturpati a causa dell’aggiunta di pareti in muratura in epoche più moderne.

Chiostro di Ladislao
All’inzio del XV secolo, il neo re Ladislao donò alcuni fondi a frati per ampliare l’intero complesso, facendo costruire un nuovo chiostro, molto più grande, che prese il suo nome.
Ladislao non fu l’unico reale ad avere a cuore questo luogo, visto che anche la regina Giovanna II era solita donare cospicue somme di denaro ai religiosi, mentre re Carlo VIII lo utilizzò come rifugio durante la rivolta popolare prima della sua destituzione. Il chiostro era meta anche di famosi intellettuali che su riunivano durante il rinascimento: tra questi Giovanni Pontano, Jacopo Sannazaro e Benedetto Gareth, detto il Chariteo.
Secondo un’antica leggenda, questo chiostro sarebbe legato ad un fatto straordinario (raffigurato anche in un quadro all’interno della chiesa) che vide protagonista un certo Fra’ Cristiano Franco che, alla presenza del re, aveva piantato un albero di mele con le radici rivolte verso l’alto che aveva subito dato foglie, fiori e frutti. Lungo le pareti, invece, è ancora conservato un affresco quattrocentesco raffigurante la Natività.
Dopo il terremoto del 1688, i frati decisero di approfittare dei lavori di restauro per fondare nel complesso un noviziato e un educandato, andando così a far rifiorire la vita culturale del convento che divenne una scuola frequentata dai figli di alcune delle più importanti famiglie nobili di Napoli e un’importante centro umanistico e scientifico.
Nel secolo successivo vennero fondate anche una scuola e una cappella per i servi dei nobili.
Chiosto della Porteria
Il complesso religioso venne resturato nel 1513 e di nuovo intorno al 1522. In quest’ultima occasione, la contessa d’Ailano Clancia Caracciolo donò mille dicati per la costruzione di un nuovo chiosto, chiamato della Porteria perchè collocato vicino alla porta d’ingresso.
Chiosto Nuovo
Un terzo chiostro venne costruito nel 1570 per volere del cardinale Marcello Serripando che vi fondò una biblioteca, attiva fino al 1729, anno in cui re Carlo VI ordinò il trasferimento a Vienna di quasti tutti manoscritti e dei codici greci e latini che custodiva. Quello che rimase in città andò quasi del tutto perduto durante il Decennio Francese e ciò che rimane è collocato persso la Biblioteca Nazionale di Napoli.
Tratto da: Maria Rosaria Costa, I chiostri di Napoli, Roma, Newton & Compton, 1996
Dove si trovano - mappa
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