Castel Sant’Elmo
Le prime notizie di relative all’edificio risalgono al 1275, quando era abitata dai familiari di Carlo d’Angiò. Al tempo doveva trattarsi semplicemente di una piccola fortificazione denominata Belforte, a pianta quadrata, circondata da mura e con due torri sul lato dell’ingresso.
L’idea di trasformarla in castello fu di Roberto d’Angiò che, nel 1329, diede l’incarico di ampliare la fortezza all’architetto senese Tino da Camaino, lo stesso che stava completando la vicina Certosa di San Martino. Alla morte del costruttore toscano, avvenuta nel 1336, il progetto fu affidato a Attanasio Primario e Francesco di Vico che completarono i lavori nel 1343, quando a regnare era Giovanna I d’Angiò. Già qualche anno più tardi, la nuova costruzione veniva chiamata “Castello di Sant’Erasmo”, probabilmente a causa della presenza di una cappella dedicata al santo. Successivamente la fortezza fu gravemente danneggiata dal terremoto del 1456, costringendo i sovrani aragonesi a ricostruire le mura e le torri.
L’aspetto attuale gli fu conferito tra il 1537 e il 1547 (all’epoca il nome si era già evoluto, per corruzione, da Castel Sant’Erasmo in Castel Sant’Ermo e, infine, Sant’Elmo), grazie alla ricostruzione voluta dall’allora vicerè Don Pedro de Toledo che affidò i lavori a Pedro Luis Escrivá, uno dei più illustri architetti del tempo nel campo delle fortificazioni. Fu sua, infatti, soprattutto l’idea della forma esagonale che, anche se criticata, permetteva di indirizzare con maggiore potenza e intensità le cannonate provenienti dai vari bastioni. Nel 1538, per commemorare l’evento, fu posta un epigrafe sul portale d’ingresso, sormontata dallo stemma di Carlo V con l’aquila bicipite.
La nuova fortezza era una vera e propria cittadella, con la piazza d’armi in cui si trovavano gli alloggi dei militari e del cappellano che esercitava nella chiesa costruita da Pietro Prato nel 1547. Era prevista anche la presenza di un castellano che aveva sul castello giurisdizione civile e militare; il primo fu proprio Don Pedro de Toledo, il cui monumento funerario è conservato all’interno della chiesa.
Nel 1587, per, un fulmine colpì il deposito delle munizioni distruggendo la chiesa e vari alloggi. Questo avvenimento rese necessari dei lavori di ricostruzione, affidati all’architetto Domenico Fontana tra il 1599 e il 1610. Nel corso dei secoli si resero necessari altri interventi, ma la struttura del castello è rimasta pressoché inalterata fino ai giorni nostri.
Nonostante la grandezza e la magnificenza delle fortificazioni, il castello fu usato molto più spesso come prigione che come baluardo difensivo per la città, anche se si ricorda che nel 1647, durante la rivoluzione di Masaniello, da qui partirono molte delle cannonate che bombardarono la città per resistere all’assalto dei ribelli. Già dal 1604, vi vennero rinchiusi prigionieri sconosciuti e più famosi come Tommaso Campanella e, nel 1799, alcuni patrioti della Repubblica Napoletana, tra ci Gennaro Serra, Mario Pagano e Luisa Sanfelice. Poi, dal 1860, con l’allontanamento dei Borboni, la struttura fu ancora utilizzata come carcere militare finchè, nel 1976, il Provveditorato delle Opere Pubbliche della Campania riuscì ad eseguire un imponente restauro recuperando molte delle caratteristiche originarie, come i percorsi di ronda e gli ambienti sotterranei. Dal 1982, la struttura è passata sotto il controllo della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli.
Il castello è circondato da un profondo fossato, preceduto da una piccola chiesetta dedicata nel 1682 dagli spagnoli a Nostra Signora del Pilar. Per accedere al cortile interno è necessario percorrere una ripida rampa e un ponticello protetto da mura con delle feritoie, dopo il quale si trova la cosiddetta “Grotta dell’eremita”, una piccola stanza che, secondo la tradizione, avrebbe ospitato in tempi antichi un religioso in clausura. Il portale d’ingresso, in piperno, è sormontato, come detto, dallo stella imperiale di Carlo V e dall’iscrizione che celebra le modifiche alla struttura volute da Don Pedro de Toledo. Dopo l’ingresso si può accedere ai locali adibiti a carcero, mentre nella piazza d’armi si erge la “Torre del Castellano”, i cui ambienti erano utilizzati come alloggi dal personale più importante del castello. Al di sotto della piazza, inoltre, furono costruite due grandi cisterne che assicuravano il rifornimento d’acqua durante lunghi assedi.
Infine, nella zona più alta, la chiesa dedicata a Sant’Erasmo, al cui interno si può ammirare un bellissimo pavimento maiolicato di scuola napoletana. Qui, sull’altare, è posta una scultura si Sant’Erasmo edietro di esso, si trovano le tombe del primo castellano, Don Pedro de Toledo, e di altri suoi successori come Martino Galliano, Giovanni Buides e Francisco Vasquez. Sulla volta, un affresco del XVIII secolo raffigurante l’Assunzione di Maria in Cielo.
Alcune foto sono tratte da:
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