Maschio Angioino o Castel Nuovo – Sale interne
Sala dei Baroni
La Sala dei Baroni è l’ambiente principale del castello, nata come sala del trono per volontà di Roberto d’Angiò che, intorno al 1330, affidò a Giotto gli affreschi oggi perduti e rimasti solamente nella memoria di qualche testimonianza scritta. Essi raffiguravano gli uomini e le donno illustri dell’antichità e della mitologia: Sansone, Ercole, Salomone, Paride, Ettore, Achille, Enea, Alessandro e Cesare, ognuno dei quali disegnati insieme alla propria compagna.
Più tardi, con il dominio aragonese, Alfonso d’Aragona, regnante tra il 1442 e il 1458, affidò a Guillem Sagrera l’ampliamento della sala che, successivamente, prenderà il nome di “sala dei Baroni” visto che, nel 1487, fu teatro dell’atto finale della cosiddetta “Congiura dei Baroni” contro Ferrante I d’Aragona. Il sovrano, venuto a conoscenza delle intenzioni dei nobili napoletani, li invitò al castello per una festa con la scusa di voler trovare una pace, ma, durante la serata furono tutti arrestati e, molti di loro, condannati a morte.
La sala è un rettangolo di circa 26 x 28 m, che si estende lungo il lato settentrionale ed orientale del castello in corrispondenza della torre Beverello. Il soffitto è composto da una volta ottagonale, poggiante su strombature angolari, con sedici costoloni che vanno a formare un disegno a stella con al centro un luminoso loculo. Tutt’intorno delle finestre, accessibili attraverso la scala della torre (realizzata in piperno e tufo da Guillem Sagrera, da cui guardie e soldati potevano controllare l’interno durante gli appuntamenti ufficiali del sovrano. Più in basso, lungo la parete che si affaccia sul mare, tra le due finestre si trova un camino sormontato dai palchi utilizzati dai musicisti che suonavano durante le feste. Il pavimento, invece, era decorato da maiolica bianca e azzurra proveniente da Valencia. Tra le opere custodite nella sala, danneggiata da un incendio nel 1919, troviamo il portale bifronte di Domenico Gagini, dal quale si accede alla Camera degli angeli, su cui sono scolpiti due bassorilievi raffiguranti il trionfo di Alfonso d’Aragona e l’ingresso del re nel castello.
Più tardi, con il dominio aragonese, Alfonso d’Aragona, regnante tra il 1442 e il 1458, affidò a Guillem Sagrera l’ampliamento della sala che, successivamente, prenderà il nome di “sala dei Baroni” visto che, nel 1487, fu teatro dell’atto finale della cosiddetta “Congiura dei Baroni” contro Ferrante I d’Aragona. Il sovrano, venuto a conoscenza delle intenzioni dei nobili napoletani, li invitò al castello per una festa con la scusa di voler trovare una pace, ma, durante la serata furono tutti arrestati e, molti di loro, condannati a morte.
La sala è un rettangolo di circa 26 x 28 m, che si estende lungo il lato settentrionale ed orientale del castello in corrispondenza della torre Beverello. Il soffitto è composto da una volta ottagonale, poggiante su strombature angolari, con sedici costoloni che vanno a formare un disegno a stella con al centro un luminoso loculo. Tutt’intorno delle finestre, accessibili attraverso la scala della torre (realizzata in piperno e tufo da Guillem Sagrera, da cui guardie e soldati potevano controllare l’interno durante gli appuntamenti ufficiali del sovrano. Più in basso, lungo la parete che si affaccia sul mare, tra le due finestre si trova un camino sormontato dai palchi utilizzati dai musicisti che suonavano durante le feste. Il pavimento, invece, era decorato da maiolica bianca e azzurra proveniente da Valencia. Tra le opere custodite nella sala, danneggiata da un incendio nel 1919, troviamo il portale bifronte di Domenico Gagini, dal quale si accede alla Camera degli angeli, su cui sono scolpiti due bassorilievi raffiguranti il trionfo di Alfonso d’Aragona e l’ingresso del re nel castello.
Sala dell'armeria
La sala, che svolgeva la funzione di armeria, è importante soprattutto dal punto di vista archeologico, visto che, durante alcuni lavori, sono stati ritrovati dei resti di varie epoche Romane, datate tra il I secolo a.C. e il V secolo d.C. (parti di ville e sepolture) visibili grazie al pavimento trasparente.
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