Duomo di Napoli – Interno
Storia e descrizione
La
pianta è a croce latina a tre navate, nella quale trovano posto numerose
cappelle. Le navate si estendono per quasi cento metri con una sequenza di otto
pilastri per lato (per un totale di 110 colonne), ognuno dei quali costituito da
granito orientale e africano, su cui poggiano gli archi ogivali decorati con
stucco e marmo. Le navate laterali sono larghe 7,25 m ognuna, mentre quella
centrale 15 m.
Anche l’interno, come la facciata, è stato più volte ritoccato e modificato a
causa di restauri e ammodernamenti che ne hanno modificato l’aspetto originale.
Originariamente, il soffitto della navata centrale era costituito da capriate
lignee e fu sostituito nel 1621, per volere del cardinale Decio Carafa, con un
soffitto a cassettoni, intagliato e dorato, che ancora oggi presenta tele di
Fabrizio Santafede (la Natività e l’Epifania) e di Girolamo Imparato (la
Visitazione e la Presentazione al Tempio).
Altri interventi hanno riguardato gli interni: nel XVII secolo il cardinale
Innico Caracciolo fece coprire le strutture gotiche con stucchi barocchi,
l’abside fu ristrutturato dopo il terremoto del 1732 per volere del cardinale
Giuseppe Spinelli e i basamenti dei pilastri gotici furono ricoperti di marmo
poco dopo, mentre era cardinale Antonio Sersale.
Alle pareti della navata trovano posto dipinti di Luca Giordano, mentre sui 16
pilastri della stessa navata, sono sistemate le edicole con i busti dei vescovi
della città, scolpiti tra il 1600 e 1700, mentre sulla controfacciata, dal 1599,
si trovano i sepolcri degli Angioini per volontà di Domenico Fontana.
Sotto l’arcata sinistra, si trova il fonte battesimale del 1600, realizzato
utilizzando una vasca di basalto egiziano di epoca romana, ornata da un gruppo
bronzeo in cui è rappresentato il Battesimo di Gesù.
Un altro significativo cambiamento si ebbe nel XIX secolo e puntava a riportare
la struttura all’antico stile Gotico. Il progetto fu cominciato dagli architetti
Curcio e Capelli su commissione del Cardinale Filippo giudice Caracciolo e, in
una prima fase, prevedeva la rimozione di intonaci e stucchi che erano stati
utilizzati per coprire le strutture gotiche e alcune colonne, seguita
dall’applicazione di marmi e stucchi ai pilastri. In seguito, l’incarico fu
affidato all’architetto Iaccarino per ordine del Cardinale Sisto Riario Sforza.
Questo nuovo intervento non riuscì a ripristinare del tutto l’aspetto originario
del duomo, ma, al contrario, ha contribuito a rendere il duomo un’opera ancora
più varia e di difficile interpretazione. La struttura gotica primitiva, invece,
è visibile nella prima campata della navata di sinistra.
pianta è a croce latina a tre navate, nella quale trovano posto numerose
cappelle. Le navate si estendono per quasi cento metri con una sequenza di otto
pilastri per lato (per un totale di 110 colonne), ognuno dei quali costituito da
granito orientale e africano, su cui poggiano gli archi ogivali decorati con
stucco e marmo. Le navate laterali sono larghe 7,25 m ognuna, mentre quella
centrale 15 m.
Anche l’interno, come la facciata, è stato più volte ritoccato e modificato a
causa di restauri e ammodernamenti che ne hanno modificato l’aspetto originale.
Originariamente, il soffitto della navata centrale era costituito da capriate
lignee e fu sostituito nel 1621, per volere del cardinale Decio Carafa, con un
soffitto a cassettoni, intagliato e dorato, che ancora oggi presenta tele di
Fabrizio Santafede (la Natività e l’Epifania) e di Girolamo Imparato (la
Visitazione e la Presentazione al Tempio).
Altri interventi hanno riguardato gli interni: nel XVII secolo il cardinale
Innico Caracciolo fece coprire le strutture gotiche con stucchi barocchi,
l’abside fu ristrutturato dopo il terremoto del 1732 per volere del cardinale
Giuseppe Spinelli e i basamenti dei pilastri gotici furono ricoperti di marmo
poco dopo, mentre era cardinale Antonio Sersale.
Alle pareti della navata trovano posto dipinti di Luca Giordano, mentre sui 16
pilastri della stessa navata, sono sistemate le edicole con i busti dei vescovi
della città, scolpiti tra il 1600 e 1700, mentre sulla controfacciata, dal 1599,
si trovano i sepolcri degli Angioini per volontà di Domenico Fontana.
Sotto l’arcata sinistra, si trova il fonte battesimale del 1600, realizzato
utilizzando una vasca di basalto egiziano di epoca romana, ornata da un gruppo
bronzeo in cui è rappresentato il Battesimo di Gesù.
Un altro significativo cambiamento si ebbe nel XIX secolo e puntava a riportare
la struttura all’antico stile Gotico. Il progetto fu cominciato dagli architetti
Curcio e Capelli su commissione del Cardinale Filippo giudice Caracciolo e, in
una prima fase, prevedeva la rimozione di intonaci e stucchi che erano stati
utilizzati per coprire le strutture gotiche e alcune colonne, seguita
dall’applicazione di marmi e stucchi ai pilastri. In seguito, l’incarico fu
affidato all’architetto Iaccarino per ordine del Cardinale Sisto Riario Sforza.
Questo nuovo intervento non riuscì a ripristinare del tutto l’aspetto originario
del duomo, ma, al contrario, ha contribuito a rendere il duomo un’opera ancora
più varia e di difficile interpretazione. La struttura gotica primitiva, invece,
è visibile nella prima campata della navata di sinistra.
La controfacciata
All’interno della facciata, proprio sul portale maggiore, si possono notare 3
monumenti sepolcrali: in alto quello di Carlo I d’Angiò, a destra quello di
Carlo Martello e a sinistra quello della moglie di quest’ultimo, Clemenza
d’Asburgo. Tutte e tre le opere sono un esempio di scultura tardo manieristica
e, originariamente, erano poste nella cappella di San Ludovico (sagrestia
maggiore) e, in un secondo momento, relegate ai depositi della cattedrale.
Infine, nel 1599, furono recuperate da Domenico Fontana su incarico del Vicerè
Enrico di Gusman e collocate nell’attuale posizione.
Gli unici altri elementi di spicco presenti nella controfacciata sono gli stemmi
dei Principi Capece Minutolo e l’epigrafe commemorativa posta in occasione della
visita di Papa Giovanni Paolo Secondo.
La pavimentazione
La pavimentazione visibile è datata 1952, voluta dal Cardinale Alessio Assalesi,
come ricordato da un’epigrafe posta presso la porta principale. Quindi, come è
facile pensare, originariamente il pavimento non era come appare oggi. Infatti,
al centro della navata, si può ammirare un’epigrafe con cornice ottagonale in
marmo grigio in cui si può leggere che Ciarletta Caracciolo, nel 1433, donò alla
cattedrale un pavimento in mattoni, successivamente restaurato nel 1603 durante
l’episcopato del Cardinale Alfonso Gesualdo. Successivamente, la pavimentazione
fu risistemata nel 1681 dal Cardinale Innico Caracciolo e furono introdotti
marmi bianchi e grigi di Carrara. A causa di questi lavori, la famiglia Spinelli
si sentiva padrone di ciò che aveva fatto costruire e cominciò a richiedere
spazio in parte della pavimentazione per sistemarvici i propri stemmi o le
proprie lapidi. Per questo motivo, il Cardinale Spinelli fu costretto ad
eseguire ulteriori cambiamenti a sue spese nel 1744, andando a modificare il
pavimento del coro e del transetto sotto la tribuna. Questi lavori non toccarono
le lapidi e la cappella dei Capece Minutolo.
come ricordato da un’epigrafe posta presso la porta principale. Quindi, come è
facile pensare, originariamente il pavimento non era come appare oggi. Infatti,
al centro della navata, si può ammirare un’epigrafe con cornice ottagonale in
marmo grigio in cui si può leggere che Ciarletta Caracciolo, nel 1433, donò alla
cattedrale un pavimento in mattoni, successivamente restaurato nel 1603 durante
l’episcopato del Cardinale Alfonso Gesualdo. Successivamente, la pavimentazione
fu risistemata nel 1681 dal Cardinale Innico Caracciolo e furono introdotti
marmi bianchi e grigi di Carrara. A causa di questi lavori, la famiglia Spinelli
si sentiva padrone di ciò che aveva fatto costruire e cominciò a richiedere
spazio in parte della pavimentazione per sistemarvici i propri stemmi o le
proprie lapidi. Per questo motivo, il Cardinale Spinelli fu costretto ad
eseguire ulteriori cambiamenti a sue spese nel 1744, andando a modificare il
pavimento del coro e del transetto sotto la tribuna. Questi lavori non toccarono
le lapidi e la cappella dei Capece Minutolo.
Le lastre tombali
All’ingresso della Catedrale è posta la pietra tombale della famiglia Ghinazzi,
risalente al 1633. All’interno, possiamo trovare il sepolcro degli ebdomadari,
costruito nel 1414 e abbellito dal Cardinale Spinelli nel 1744, intarsiato con
tre figure ecclesiastiche vestite con gli abiti corali del tempo.
Inoltre, possiamo trovare anche le tombe e le rispettive lapidi di varie
personalità legate alla città di Napoli, come il Cardinale Giacomo Cantelmo, suo
fratello il duca di Popoli, il Cardinale Alfonso Gesualdo e il Cardinale Antonio
Pignatelli che costruì la sua tomba, con ornamenti in ottone, tra il trono e il
pulpito.
risalente al 1633. All’interno, possiamo trovare il sepolcro degli ebdomadari,
costruito nel 1414 e abbellito dal Cardinale Spinelli nel 1744, intarsiato con
tre figure ecclesiastiche vestite con gli abiti corali del tempo.
Inoltre, possiamo trovare anche le tombe e le rispettive lapidi di varie
personalità legate alla città di Napoli, come il Cardinale Giacomo Cantelmo, suo
fratello il duca di Popoli, il Cardinale Alfonso Gesualdo e il Cardinale Antonio
Pignatelli che costruì la sua tomba, con ornamenti in ottone, tra il trono e il
pulpito.
Il soffitto e le pareti
Il
soffitto, posto a 45 metri di altezza, è decorato da grandi tele raffiguranti
scene di vita religiosa. Possiamo ammirare la Natività e L’Epifania di Fabrizio
Santafede, la Visita a Sant’Elisabetta e la Presentazione al tempio di Girolamo
Imparato e l’Annunciazione di Vincenzo da Forlì.
Le sommità delle pareti della navata, invece, sono decorati da dipinti di Luca
Giordano che realizzò le sue opere tra il 1676 e il 1678 su commissione del
Cardinale Innico Caracciolo. Inoltre, l’artista è anche autore delle tele
circolari che raffigurano i Santi Patroni di Napoli, posizionate sui pennacchi
tra le grandi arcate. Sempre su queste pareti, troviamo le finestre in cui sono
rappresentati gli Apostoli, i Padri e i Dottori della Chiesa.
Nel transetto, si possono ammirare le tele raffiguranti San Giovanni Crisostomo
e San Cirillo, realizzate da Francesco Solimena tra il 1602 e il 1603 per volere
del Cardinale Giacomo Cantelmo.
Sopra i pilastri, invece, si trovano 14 edicole in cui, dal 1745, per volontà
del Cardinale Spinelli, sono collocati i busti di alcuni vescovi. Sul lato
sinistro, dall’ingresso verso l’altare troviamo Sant’Efebo, Sant’Eustazio,
Sant’Agrippino, San Paolo I, San Marone, Sant’Epitimito e Sant’Aspreno; a
destra, invece, San Marciano, San Cosma, San Fortunato, San Massimo, San Severo,
Sant’orso e San Giovanni I. Le sculture più antiche risalgono al XVII secolo e
sono opera di Tommaso Montani, Cristoforo Monterossi e Cafari, mentre quelle più
recenti (XVIII secolo) sono di Carlo D’Adamo. Ai piedi del transetto, sotto
l’arco trionfale, è conservato il basamento del trono episcopale, in stile tardo
gotico, collocato nel 1376 per volere del Cardinale Bernardo III de Rhodez,
formato da varie colonne a spirale e scanalature fiorite. Inoltre presenta gli
stemmi del Cardinale e di Papa Gregorio XI.
La parte finale della cuspide, fu danneggiata nel 1652 in occasione del
collocamento dell’organo costruito dai napoletani Pompeo e Martino Franco e
voluto dal Cardinale Filomarino. Lo strumento fu sostituito nel 1845 e i due
antichi portelli, dipinti da Luca Giordano, sono conservati nel transetto di
sinistra, al di sopra della sagrestia maggiore. Un altro organo, costruito da
Gianfranco da Palma su commissione del Cardinale Ranuccio Farnese era
posizionato sopra il pulpito. Anche i portelli di quest’opera, dipinti da
Giorgio Vasari, sono stati spostati vicino alla sagrestia maggiore. Di fronte è
situato il pulpito in marmo del XVI secolo, attribuito ad Antonio Caccavello, il
cui bassorilievo frontale raffigura Gesù.
Sotto la seconda arca di sinistra, è stato costruito un fonte battesimale in
stile barocco con il quale il Cardinale Decio Carafà fece decorare l’antica
vasca scolpita di basalto egiziano con basamento in porfido. La cupola di
copertura poggia sul fonte attraverso quattro colonne ed è sovrastata da un
gruppo bronzeo raffigurante il battesimo di Gesù. Infine, il fonte è circondato
da due scalette a semicerchio con delle balaustre.
soffitto, posto a 45 metri di altezza, è decorato da grandi tele raffiguranti
scene di vita religiosa. Possiamo ammirare la Natività e L’Epifania di Fabrizio
Santafede, la Visita a Sant’Elisabetta e la Presentazione al tempio di Girolamo
Imparato e l’Annunciazione di Vincenzo da Forlì.
Le sommità delle pareti della navata, invece, sono decorati da dipinti di Luca
Giordano che realizzò le sue opere tra il 1676 e il 1678 su commissione del
Cardinale Innico Caracciolo. Inoltre, l’artista è anche autore delle tele
circolari che raffigurano i Santi Patroni di Napoli, posizionate sui pennacchi
tra le grandi arcate. Sempre su queste pareti, troviamo le finestre in cui sono
rappresentati gli Apostoli, i Padri e i Dottori della Chiesa.
Nel transetto, si possono ammirare le tele raffiguranti San Giovanni Crisostomo
e San Cirillo, realizzate da Francesco Solimena tra il 1602 e il 1603 per volere
del Cardinale Giacomo Cantelmo.
Sopra i pilastri, invece, si trovano 14 edicole in cui, dal 1745, per volontà
del Cardinale Spinelli, sono collocati i busti di alcuni vescovi. Sul lato
sinistro, dall’ingresso verso l’altare troviamo Sant’Efebo, Sant’Eustazio,
Sant’Agrippino, San Paolo I, San Marone, Sant’Epitimito e Sant’Aspreno; a
destra, invece, San Marciano, San Cosma, San Fortunato, San Massimo, San Severo,
Sant’orso e San Giovanni I. Le sculture più antiche risalgono al XVII secolo e
sono opera di Tommaso Montani, Cristoforo Monterossi e Cafari, mentre quelle più
recenti (XVIII secolo) sono di Carlo D’Adamo. Ai piedi del transetto, sotto
l’arco trionfale, è conservato il basamento del trono episcopale, in stile tardo
gotico, collocato nel 1376 per volere del Cardinale Bernardo III de Rhodez,
formato da varie colonne a spirale e scanalature fiorite. Inoltre presenta gli
stemmi del Cardinale e di Papa Gregorio XI.
La parte finale della cuspide, fu danneggiata nel 1652 in occasione del
collocamento dell’organo costruito dai napoletani Pompeo e Martino Franco e
voluto dal Cardinale Filomarino. Lo strumento fu sostituito nel 1845 e i due
antichi portelli, dipinti da Luca Giordano, sono conservati nel transetto di
sinistra, al di sopra della sagrestia maggiore. Un altro organo, costruito da
Gianfranco da Palma su commissione del Cardinale Ranuccio Farnese era
posizionato sopra il pulpito. Anche i portelli di quest’opera, dipinti da
Giorgio Vasari, sono stati spostati vicino alla sagrestia maggiore. Di fronte è
situato il pulpito in marmo del XVI secolo, attribuito ad Antonio Caccavello, il
cui bassorilievo frontale raffigura Gesù.
Sotto la seconda arca di sinistra, è stato costruito un fonte battesimale in
stile barocco con il quale il Cardinale Decio Carafà fece decorare l’antica
vasca scolpita di basalto egiziano con basamento in porfido. La cupola di
copertura poggia sul fonte attraverso quattro colonne ed è sovrastata da un
gruppo bronzeo raffigurante il battesimo di Gesù. Infine, il fonte è circondato
da due scalette a semicerchio con delle balaustre.
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