Il Duomo di Napoli – Navata destra
Cappella di San Nicola di Mira
La cappella è dedicata a San Nicola arcivescovo di Mira, noto anche come San
Nicola di Bari. Sull’altare è posta una tela di Paolo de Matteis, risalente al
1695, raffigurante il Santo. Nel paliotto, invece, si trova un’epigrafe voluta
da Ferdinando Quadra in ricordo degli arcivescovi Nicola e Gaspare de Diano che
avevano deciso di erigere la struttura. Alle pareti, infine, dipinti
raffiguranti scene con San Nicola, di dubbia attribuzione, probabilmente
eseguiti da Santolo Cirillo o Nicola Maria Russo.
Nicola di Bari. Sull’altare è posta una tela di Paolo de Matteis, risalente al
1695, raffigurante il Santo. Nel paliotto, invece, si trova un’epigrafe voluta
da Ferdinando Quadra in ricordo degli arcivescovi Nicola e Gaspare de Diano che
avevano deciso di erigere la struttura. Alle pareti, infine, dipinti
raffiguranti scene con San Nicola, di dubbia attribuzione, probabilmente
eseguiti da Santolo Cirillo o Nicola Maria Russo.
Cappella del crocefisso o dell'Addolorata
Questa seconda cappella era patronato della famiglia Caracciolo Pisquizi e fu
consacrata nel 1856. Al suo interno troviamo un piccolo quadro della Vergine
Addolorata che era presente nella cattedrale già dal 1809. Questa opera
apparteneva ad una donna che un giorno si accorse che dal dipinto grondava
sudore. Oltre al quadro, nella cappella si trovava anche un crocifisso in legno
del XII secolo, ora posto sull’altare maggiore.
Il paliotto del Settecento, lavorato a bassorilievo, rappresenta la Deposizione
del Cristo Morto e viene attribuito a Cosimo Fanzago. Le tele alle pareti
invece, che raffigurano Gesù nell’orto e Gesù caricato sulla croce, sono di
Michele Foschini.
Ai lati della cappella si trovano delle tombe trecentesche. Sulla destra, quella
di un cavaliere sconosciuto e la lastra frontale del sarcofago di Covello
Caracciolo, ai cui lati troviamo le statue della Mansuetudine e della Fortezza,
attribuite a Tino di Camaino. A sinistra, invece, troviamo la tomba del
protonotario Matteo Caracciolo risalente al 1314.
Più in alto, invece, troviamo la lastra frontale del sarcofago di Cecchella
Bulcane, appartenente alla famiglia Vulcano.
consacrata nel 1856. Al suo interno troviamo un piccolo quadro della Vergine
Addolorata che era presente nella cattedrale già dal 1809. Questa opera
apparteneva ad una donna che un giorno si accorse che dal dipinto grondava
sudore. Oltre al quadro, nella cappella si trovava anche un crocifisso in legno
del XII secolo, ora posto sull’altare maggiore.
Il paliotto del Settecento, lavorato a bassorilievo, rappresenta la Deposizione
del Cristo Morto e viene attribuito a Cosimo Fanzago. Le tele alle pareti
invece, che raffigurano Gesù nell’orto e Gesù caricato sulla croce, sono di
Michele Foschini.
Ai lati della cappella si trovano delle tombe trecentesche. Sulla destra, quella
di un cavaliere sconosciuto e la lastra frontale del sarcofago di Covello
Caracciolo, ai cui lati troviamo le statue della Mansuetudine e della Fortezza,
attribuite a Tino di Camaino. A sinistra, invece, troviamo la tomba del
protonotario Matteo Caracciolo risalente al 1314.
Più in alto, invece, troviamo la lastra frontale del sarcofago di Cecchella
Bulcane, appartenente alla famiglia Vulcano.
Cappella Galluccio o dello Spirito Santo o delle Reliquie
Questa cappella è conosciuta con diversi nomi: Galluccio per via della famiglia
di cui era giuspatronato, dello Spirito Santo o della Pentecoste per via del
dipinto che si trova al di sopra dell’altare, delle reliquie a causa delle
numerose reliquie qui conservate.
L’ultimo nome nasce dal fatto che nel XIX secolo il Cardinale Guglielmo
Sanfelice vi sistemò tutte le reliquie provenienti dai monasteri soppressi o
dalle chiese abbattute durante l’opera di risanamento edilizio dei quartieri
popolari. Nel 1891 fu celebrata una cerimonia solenne, come ricorda un’epigrafe
posta sul frontone.
I pannelli in legno degli armadi, sono opere di Pietro Provochi, risalenti al
XVI secolo. Nella parte anteriore sono rappresentati Sant’Atanasio, San Severo,
Sant’Agnello e Sant’Efebio, mentre sono raffigurate scene di vita dei santi.
Sull’altare, invece, troviamo il dipinto che offre il secondo nome alla
cappella: la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli di Andrea Malinconico.
di cui era giuspatronato, dello Spirito Santo o della Pentecoste per via del
dipinto che si trova al di sopra dell’altare, delle reliquie a causa delle
numerose reliquie qui conservate.
L’ultimo nome nasce dal fatto che nel XIX secolo il Cardinale Guglielmo
Sanfelice vi sistemò tutte le reliquie provenienti dai monasteri soppressi o
dalle chiese abbattute durante l’opera di risanamento edilizio dei quartieri
popolari. Nel 1891 fu celebrata una cerimonia solenne, come ricorda un’epigrafe
posta sul frontone.
I pannelli in legno degli armadi, sono opere di Pietro Provochi, risalenti al
XVI secolo. Nella parte anteriore sono rappresentati Sant’Atanasio, San Severo,
Sant’Agnello e Sant’Efebio, mentre sono raffigurate scene di vita dei santi.
Sull’altare, invece, troviamo il dipinto che offre il secondo nome alla
cappella: la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli di Andrea Malinconico.
Oratorio dell'Arciconfraternita dei Bianchi e del Santissimo Sacramento
Dopo la quarta cappella, si trova una porta dalla quale si può accedere
all’Oratorio dell’arciconfraternita dei Bianchi e del Santissimo Sacramento. Si
passa per una stanza lunga 9 metri e larga 3 con molte nicchie, nelle quali nel
XVII secolo si mettevano i cadaveri a seccare. Da questo ambiente si accede poi
all’oratorio e alla torre campanaria.
all’Oratorio dell’arciconfraternita dei Bianchi e del Santissimo Sacramento. Si
passa per una stanza lunga 9 metri e larga 3 con molte nicchie, nelle quali nel
XVII secolo si mettevano i cadaveri a seccare. Da questo ambiente si accede poi
all’oratorio e alla torre campanaria.
Cappella dei Santi Tiburzio e Susanna o Famiglia Carbone
La
cappella è dedicata ai Santi Tiburzio e Susanna, morti di martirio durante gli
anni delle persecuzioni dell’imperatore Diocleziano.
Al centro troviamo un monumento sepolcrale, attribuito ad Antonio Baboccio, in
cui sono conservate le spoglie del Cardinale Francesco Carbone, morto a Roma nel
1405. Il baldacchino ogivale è sostenuto da due angeli che a loro volta tengono
aperte le tende in modo che si possa vedere il corpo del defunto e, sul fondo,
una scena che lo raffigura. Il sarcofago poggia su tre colonne e su tre statue
che rappresentano la Fede, la Speranza e la Carità, mentre ai lati troviamo gli
stemmi di famiglia.
Alle pareti laterali troviamo le tombe in marmo della famiglia Brancia,
risalenti al XVII secolo, adornate da epigrafi di Giambattista d’Orsi.
cappella è dedicata ai Santi Tiburzio e Susanna, morti di martirio durante gli
anni delle persecuzioni dell’imperatore Diocleziano.
Al centro troviamo un monumento sepolcrale, attribuito ad Antonio Baboccio, in
cui sono conservate le spoglie del Cardinale Francesco Carbone, morto a Roma nel
1405. Il baldacchino ogivale è sostenuto da due angeli che a loro volta tengono
aperte le tende in modo che si possa vedere il corpo del defunto e, sul fondo,
una scena che lo raffigura. Il sarcofago poggia su tre colonne e su tre statue
che rappresentano la Fede, la Speranza e la Carità, mentre ai lati troviamo gli
stemmi di famiglia.
Alle pareti laterali troviamo le tombe in marmo della famiglia Brancia,
risalenti al XVII secolo, adornate da epigrafi di Giambattista d’Orsi.
L'ingresso meridionale
L’ingresso meridionale affaccia su piazza Sisto Riario Sforza, in cui si trova
la guglia alta 24 metri dedicata a San Gennaro, decorata con ampie volute, un
capitello ionico e dei puttini che sorreggono i simbolo del Santo. Il suo
disegno è opera di Cosimo Fanzago, mente la statua di San Gennaro posta sulla
cima è stata realizzata da Tommaso Montani con l’aiuto di Cristoforo e
Giandomenico Monterosso. La guglia fu costruita in seguito ad un voto cittadino
in seguito all’eruzione del Vesuvio del 1631 e la sua realizzazione cominciò nel
1637, per poi terminare nel 1660.
In questa piazza, isolato dal resto della struttura, si ergeva anche il
campanile, poi crollato durante il terremoto del 1349. Di esso si salvò solo il
basamento che fu riutilizzato per la ricostruzione che avvenne tra il 1451 e il
1457.
la guglia alta 24 metri dedicata a San Gennaro, decorata con ampie volute, un
capitello ionico e dei puttini che sorreggono i simbolo del Santo. Il suo
disegno è opera di Cosimo Fanzago, mente la statua di San Gennaro posta sulla
cima è stata realizzata da Tommaso Montani con l’aiuto di Cristoforo e
Giandomenico Monterosso. La guglia fu costruita in seguito ad un voto cittadino
in seguito all’eruzione del Vesuvio del 1631 e la sua realizzazione cominciò nel
1637, per poi terminare nel 1660.
In questa piazza, isolato dal resto della struttura, si ergeva anche il
campanile, poi crollato durante il terremoto del 1349. Di esso si salvò solo il
basamento che fu riutilizzato per la ricostruzione che avvenne tra il 1451 e il
1457.
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MI PIACEREBBE VISITARE QUESTA CAPPELLA.
PREGATE X ME