Chiesa di San Domenico Maggiore – Interno
Storia e descrizione
L’ingresso principale, preceduto da un pronao settecentesco, è situato in un cortile che si apre in Vicolo San Domenico. Il portale conserva numerosi elementi gotici, mente sulla parte alta esterna dell’arcata è posto un affresco raffigurante la Vergine che offre lo scapolare domenicano al beato Reginaldo, opera della scuola di Pompeo Landulfo. Il lato interno del portale conserva un’iscrizione in memoria di Carlo II d’Angiò e del suo legame con i frati domenicani, testimoniato anche da una statuetta di marmo che raffigura il sovrano.
La pianta della chiesa è a croce latina, con tre navate. Il soffitto, come il resto della struttura, fu restaurato più volte per riparare danni dovuti a incendi e terremoti, fino al restauro in stile barocco che, per volere del priore Tommaso Ruffo di Bagnara, divenne a cassettoni. Lo stesso priore fece introdurre le decorazioni in stucco e oro e commissionò il rifacimento dell’altare maggiore a Cosimo Fanzago. Nel 1732 venne rifatto anche il pavimento su disegno di Domenico Antonio Vaccaro, mentre a metà Ottocento furono ricostruite alcune decorazioni neogotiche grazie all’intervento del’architetto Federico Travaglini.
Nella controfacciata è conservato un quadro di Tommaso De Vivo raffigurante San Domenico. Subito nei pressi dell’ingresso sono posizionate due cappelle. Quella a sinistra, sotto il patronato della famiglia Muscettola, è conservata una copia (in sostituzione dell’originale trafugata) della Madonna col Bambino, San Giovannino e Santa Elisabetta, opera di Fra’ Bartolomeo della Porta (1516), e anche una tela raffigurante il Redentore di scuola leonardesca. Inoltre, è qui conservato il dipinto di Luca Giordano raffigurante San Giuseppe, realizzato tra il 1880 e il 1885. In quella a destra, dedicata a San Martino e sotto il patronato della famiglia Carafa, troviamo i cenotafi di Galeotto Carafa e di Filippo Saluzzo, opera rispettivamente di Romolo Balsimelli e Giuseppe Vaccà; dal punto di vista pittorico, la cappella contiene anche quattro grandi tele di Tommaso De Vivo e la pala d’altare attribuita al fiammingo Cornelius Smet in cui è raffigurata la Madonna del Rosario e personaggi della famiglia Carafa.
La pianta della chiesa è a croce latina, con tre navate. Il soffitto, come il resto della struttura, fu restaurato più volte per riparare danni dovuti a incendi e terremoti, fino al restauro in stile barocco che, per volere del priore Tommaso Ruffo di Bagnara, divenne a cassettoni. Lo stesso priore fece introdurre le decorazioni in stucco e oro e commissionò il rifacimento dell’altare maggiore a Cosimo Fanzago. Nel 1732 venne rifatto anche il pavimento su disegno di Domenico Antonio Vaccaro, mentre a metà Ottocento furono ricostruite alcune decorazioni neogotiche grazie all’intervento del’architetto Federico Travaglini.
Nella controfacciata è conservato un quadro di Tommaso De Vivo raffigurante San Domenico. Subito nei pressi dell’ingresso sono posizionate due cappelle. Quella a sinistra, sotto il patronato della famiglia Muscettola, è conservata una copia (in sostituzione dell’originale trafugata) della Madonna col Bambino, San Giovannino e Santa Elisabetta, opera di Fra’ Bartolomeo della Porta (1516), e anche una tela raffigurante il Redentore di scuola leonardesca. Inoltre, è qui conservato il dipinto di Luca Giordano raffigurante San Giuseppe, realizzato tra il 1880 e il 1885. In quella a destra, dedicata a San Martino e sotto il patronato della famiglia Carafa, troviamo i cenotafi di Galeotto Carafa e di Filippo Saluzzo, opera rispettivamente di Romolo Balsimelli e Giuseppe Vaccà; dal punto di vista pittorico, la cappella contiene anche quattro grandi tele di Tommaso De Vivo e la pala d’altare attribuita al fiammingo Cornelius Smet in cui è raffigurata la Madonna del Rosario e personaggi della famiglia Carafa.
La navata destra
Nella navata di destra, la prima cappella è dedicata alla Maddalena. Al suo interno si possono notare tracce di un antico affresco raffigurante la Madonna col Bambino, datato intorno al XIV secolo. Inoltre, in essa sono conservati la tomba di Tommaso Brancaccio, realizzata da Jacopo Della Pila nel 1492, e la tela raffigurante la Madonna col Bambino e santi domenicani di Francesco Solimena (1730).
Successivamente, troviamo la Cappella Brancaccio nella quale sono conservati affreschi di Pietro Cavallini che, quando si recò a Napoli come ospite di Carlo II, ricevette la commissione dal cardinale Landolfo Brancaccio. Così, tra il 1308 e il 1309, l’artista romano dipinse Storie di San Giovanni Evangelista, Crocifissione e Storie della Maddalena e degli Apostoli Pietro, Paolo e Andrea.
La quarta cappella è dedicata di Sant’Antonio Abate dove troviamo la Tela in cui è raffigurato il Santo, il Battesimo di Cristo di Marco Pino (seconda metà del XVI secolo) e l’Ascensione del pittore fiammingo Teodoro D’Errico.
Nella quinta cappella, invece, troviamo la Madonna dell’Umiltà, dipinta da Roberto d’Oderisio.
Nel cappellone del Crocifisso nella quale, oltre alla riproduzione della tavola Duecentesca del Crocifisso le dà il nome, troviamo affreschi di Michel Regolia sulla volta e una serie di monumenti funerari, tra cui quello di Diomede Carafa, realizzato da Jacaopo Della Pila insieme a Tommaso Malvito e Domenico Gagini nel 1470, Caterinella Orsini, realizzato da Tommaso Malvito nel 1506) e quello di Mariano D’Alagno. Infine, nella cappella è conservata anche la Resurrezione di Wenzel Cobergher.
Alla sinistra del Cappellone troviamo la Cappella dei Carafa di Ruvo decorata da Tommaso Malvito e dove è possibile ammirare affreschi del pittore spagnolo Pedro Fernandez (1511) e il presepe in legno realizzato da Pietro Belvedere tra il 1507 e il 1511 . Di seguito, troviamo la Cappella del Doce in cui un tempo era Conservata la Madonna del Pesce di Raffaello, ora esposta al Museo del Prado di Madrid.
Nel transetto destro sono collocati il sepolcro di Galeazzo di Pandone, opera di Andrea di Pietro Ferrucci, con ritratto di Tommaso Malvito, su cui è posta la Madonna col Bambino di Diego De Siloe.
Successivamente, è possibile accedere a quello che rimane dell’antica chiesa di San Michele Arcangelo a Morfinsa, dove sono conservati i sepolcri di Tommaso Brancaccio e Alessandro Vicentini, realizzati rispettivamente da Jacopo Della Pila nel 1402 e da Matteo Bottiglieri.
Successivamente, troviamo la Cappella Brancaccio nella quale sono conservati affreschi di Pietro Cavallini che, quando si recò a Napoli come ospite di Carlo II, ricevette la commissione dal cardinale Landolfo Brancaccio. Così, tra il 1308 e il 1309, l’artista romano dipinse Storie di San Giovanni Evangelista, Crocifissione e Storie della Maddalena e degli Apostoli Pietro, Paolo e Andrea.
La quarta cappella è dedicata di Sant’Antonio Abate dove troviamo la Tela in cui è raffigurato il Santo, il Battesimo di Cristo di Marco Pino (seconda metà del XVI secolo) e l’Ascensione del pittore fiammingo Teodoro D’Errico.
Nella quinta cappella, invece, troviamo la Madonna dell’Umiltà, dipinta da Roberto d’Oderisio.
Nel cappellone del Crocifisso nella quale, oltre alla riproduzione della tavola Duecentesca del Crocifisso le dà il nome, troviamo affreschi di Michel Regolia sulla volta e una serie di monumenti funerari, tra cui quello di Diomede Carafa, realizzato da Jacaopo Della Pila insieme a Tommaso Malvito e Domenico Gagini nel 1470, Caterinella Orsini, realizzato da Tommaso Malvito nel 1506) e quello di Mariano D’Alagno. Infine, nella cappella è conservata anche la Resurrezione di Wenzel Cobergher.
Alla sinistra del Cappellone troviamo la Cappella dei Carafa di Ruvo decorata da Tommaso Malvito e dove è possibile ammirare affreschi del pittore spagnolo Pedro Fernandez (1511) e il presepe in legno realizzato da Pietro Belvedere tra il 1507 e il 1511 . Di seguito, troviamo la Cappella del Doce in cui un tempo era Conservata la Madonna del Pesce di Raffaello, ora esposta al Museo del Prado di Madrid.
Nel transetto destro sono collocati il sepolcro di Galeazzo di Pandone, opera di Andrea di Pietro Ferrucci, con ritratto di Tommaso Malvito, su cui è posta la Madonna col Bambino di Diego De Siloe.
Successivamente, è possibile accedere a quello che rimane dell’antica chiesa di San Michele Arcangelo a Morfinsa, dove sono conservati i sepolcri di Tommaso Brancaccio e Alessandro Vicentini, realizzati rispettivamente da Jacopo Della Pila nel 1402 e da Matteo Bottiglieri.
La navata sinistra
La seconda cappella che si affaccia sulla navata sinistra è conservato il sepolcro di Malizia Carafa, realizzato da Jacopo Della Pila nel 1438.
Nella cappella successiva, invece, è posta la statua di San Giovanni Battista, realizzata da Girolamo D’Auria. Inoltre, possiamo ammirare la Madonna del Bambino, della bottega di Tino da Camaino, e il sepolcro di Bernardino Rota, opera di Giovan Domenico e Girolamo D’Auria.
Nella sesta cappella si trova il cenotafio di Leonardo Tomacelli di Tommaso Malvito.
Nella settima, invece, un dipinto di Giovanni Da Nola raffigurante la Madonna della Neve tra San Giovanni Battista e San Matteo e il monumento funebre di Giambattista Marino, realizzato da Giambattista Manso nel 1625.
Infine, nel transetto sinistro, troviamo la Flagellazione di Andrea Vaccaro, copia di quella del Caravaggio traslata al Museo di Capodimonte, e il cero pasquale, costruito utilizzando frammenti del sarcofago di Filippo D’Angiò.
Nella cappella successiva, invece, è posta la statua di San Giovanni Battista, realizzata da Girolamo D’Auria. Inoltre, possiamo ammirare la Madonna del Bambino, della bottega di Tino da Camaino, e il sepolcro di Bernardino Rota, opera di Giovan Domenico e Girolamo D’Auria.
Nella sesta cappella si trova il cenotafio di Leonardo Tomacelli di Tommaso Malvito.
Nella settima, invece, un dipinto di Giovanni Da Nola raffigurante la Madonna della Neve tra San Giovanni Battista e San Matteo e il monumento funebre di Giambattista Marino, realizzato da Giambattista Manso nel 1625.
Infine, nel transetto sinistro, troviamo la Flagellazione di Andrea Vaccaro, copia di quella del Caravaggio traslata al Museo di Capodimonte, e il cero pasquale, costruito utilizzando frammenti del sarcofago di Filippo D’Angiò.
La sagrestia
La sagrestia è decorata in stile barocco dal XVII secolo, come progettato da Giovan Battista Nauclerio. Alle pareti si trovano decorazioni in noce intagliato, mentre la volta è affrescata da un magnifico affresco di Francesco Solimena del 1709 che raffigura il Trionfo della Fede nell’Ordine Domenicano. Sul pavimento è posta la lapide di Richard Luke Concanen, primo vescovo cattolico di New York, morto a Napoli nel 1810, mentre sulle altre porte sono conservati un altro affresco di Francesco Solimena, raffigurante San Filippo Neri, e un bassorilievo del Trecento con la Maddalena. L’elemento che rende particolare questo ambiente della chiesa è la presenza di quarantacinque feretri, raggiungibili attraverso una scaletta in pietra, in cui sono conservati cadaveri imbalsamati di nobili e reali. Non tutti i cadaveri sono stati identificati con certezza, ma tra di essi si trovano sicuramente: Ludovico Guglielmo di Moncada e Aragona (duca di Montalto), Ferdinando Orsini (duca di Gravina), Pietro d’Aragona, Isabella d’Aragona (duchessa di Milano e figlia di Alfonso II d’Aragona), Ferdinado I d’Aragona I (re di Napoli), Luigi Carafa (principe di Stigliano), Maria Henriquez di Alcalà, Caterina Moncada, Conte Antonio Agar Marsbourg e i tre figli, Giandomenico Milano (Marchese di San Giorgio), Giovanni Antonio Petrucci (Conte di Policastro), una principessa di Casa Savoia (figlia di Vittorio Emanuele I), Alfonso I d’Aragona, Ferdinando II d’Aragona, Giovanna d’Aragona, Alfonso I, Francesco Ferdinando D’Avalos d’Aquino (Marchese di Pescara) e una Duchessa di Montalto.
Inoltre, fino all’inizio del XIX secolo, nella sagrestia erano anche conservati, in appositi contenitori d’argento, i cuori di Carlo I d’Angiò, Alfonso I, Ferdinando I e Ferdinando II, prima che venissero trafugati da un membro del governo francese appena insediatosi in città.
Infine, nei locali adiacenti alla sagrestia (Cappella Milano), troviamo alcuni affreschi di Giacomo Del Po e l’Annunciazione di Francesco Soli mena.
Inoltre, fino all’inizio del XIX secolo, nella sagrestia erano anche conservati, in appositi contenitori d’argento, i cuori di Carlo I d’Angiò, Alfonso I, Ferdinando I e Ferdinando II, prima che venissero trafugati da un membro del governo francese appena insediatosi in città.
Infine, nei locali adiacenti alla sagrestia (Cappella Milano), troviamo alcuni affreschi di Giacomo Del Po e l’Annunciazione di Francesco Soli mena.
<< Storia e foto | Chiostri >> |