Chiesa di Sant’Anna alle Paludi
Storia e descrizione
La Chiesa di Sant’Anna alle Paludi si trova in Corso Arnaldo Lucci.
L’edificio eredita la sua denominazione dal luogo in cui fu costruita che, fino alle bonifiche volute dal re Carlo II d’Angiò (a cavallo tra XIII e XIV secolo), era occupato da acque stagnanti e paludose. La chiesa, dedicata ufficialmente alla Madonna delle Grazie, sembrerebbe antecedente a questa data visto che compare in un documento del XVII secolo in cui è scritto che fu costruita dall’Università “degl’hortolani prima dell’anno 1350”.
Il 18 ottobre 1438, la chiesa fu testimone di un importante avvenimento storico, quando Alfonso I d’Aragona, durante il primo assedio nel tentativo di conquistare la città, si fermò alla messa per chiedere la protezione della Vergine Maria. Durante la celebrazione, il fratello Pietro fu ucciso in battaglia, ma il sovrano non volle abbandonare la celebrazione. Questo avvenimento scosse così tanto Alfonso I d’Aragona che elevò il luogo di culto a “Real Chiesa”.
Nel 1850, a causa della bonifica della zona, la Via Stella Polare (divenuta poi Corso Arnaldo Lucci nel 1946), fu innalzata di cinque metri, lasciando il portale della chiesa al di sotto del piano stradale. Così, l’ingresso venne risistemato e trasformato in un vestibolo con doppia rampa di scale. Successivamente, agli inizi del XX secolo, furono realizzati dei lavori per innalzare l’edificio e conferirgli l’aspetto attuale. Nel 1914 la Real Casa di Santa Maria delle Grazie divenne parrocchia.
Altro avvenimento che lega questo luogo di culto alla storia della città riguarda Enrico Caruso che proprio qui, dopo che la sua famiglia si trasferì nel quartiere negli anni ’80 del XIX secolo, cominciò a muovere i suoi primi passi cantando nel coro. Durante un funerale, infatti, fu notato dal baritono Eduardo Missiano che, entusiasmato dal suo talento, lo presentò al maestro Guglielmo Vergine affinchè gli desse delle lezioni di canto.
Attualmente la chiesa, molto diversa dal suo aspetto originario a causa dei rifacimenti susseguitisi tra il Settecento e i primi anni del Novecento, presenta un’unica navata con cupola, decorata in stile neo barocco secondo il progetto di fine Ottocento dell’architetto Alfredo Belli.
L’altare maggiore, in marmo intarsiato, venne realizzato nel 1710 da maestranze napoletane; al centro, è collocato un bassorilievo raffigurante la una Madonna con Bambino. Alle sue spalle è collocato forse l’opera più importante della chiesa, cioè un trittico cinquecentesco (olio su tavola con sfondo dorato) con la Madonna delle Grazie tra i Santi Giovan Battista ed Elpidio, opera di Andrea da Salerno.
Sulla navata si aprono due cappelle laterali nelle quali sono custodite le statue lignee della Madonna Addolorata al Fiumicello, opera della seconda metà dell’800 traslata dall’omonima Cappella Pontificia distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale, e di Sant’Anna col Bambino, opera di fine Settecento attribuita a Giovanni Verzella (inizialmente attribuita allo scultore Giuseppe Picano) verso cui è rivolta la forte devozione degli abitanti della zona, tanto da identificare con il suo nome la chiesa. Da segnalare, inoltre, un’Estasi di San Francesco d’Assisi, olio su tela realizzato da Francesco Solimena.
L’edificio eredita la sua denominazione dal luogo in cui fu costruita che, fino alle bonifiche volute dal re Carlo II d’Angiò (a cavallo tra XIII e XIV secolo), era occupato da acque stagnanti e paludose. La chiesa, dedicata ufficialmente alla Madonna delle Grazie, sembrerebbe antecedente a questa data visto che compare in un documento del XVII secolo in cui è scritto che fu costruita dall’Università “degl’hortolani prima dell’anno 1350”.
Il 18 ottobre 1438, la chiesa fu testimone di un importante avvenimento storico, quando Alfonso I d’Aragona, durante il primo assedio nel tentativo di conquistare la città, si fermò alla messa per chiedere la protezione della Vergine Maria. Durante la celebrazione, il fratello Pietro fu ucciso in battaglia, ma il sovrano non volle abbandonare la celebrazione. Questo avvenimento scosse così tanto Alfonso I d’Aragona che elevò il luogo di culto a “Real Chiesa”.
Nel 1850, a causa della bonifica della zona, la Via Stella Polare (divenuta poi Corso Arnaldo Lucci nel 1946), fu innalzata di cinque metri, lasciando il portale della chiesa al di sotto del piano stradale. Così, l’ingresso venne risistemato e trasformato in un vestibolo con doppia rampa di scale. Successivamente, agli inizi del XX secolo, furono realizzati dei lavori per innalzare l’edificio e conferirgli l’aspetto attuale. Nel 1914 la Real Casa di Santa Maria delle Grazie divenne parrocchia.
Altro avvenimento che lega questo luogo di culto alla storia della città riguarda Enrico Caruso che proprio qui, dopo che la sua famiglia si trasferì nel quartiere negli anni ’80 del XIX secolo, cominciò a muovere i suoi primi passi cantando nel coro. Durante un funerale, infatti, fu notato dal baritono Eduardo Missiano che, entusiasmato dal suo talento, lo presentò al maestro Guglielmo Vergine affinchè gli desse delle lezioni di canto.
Attualmente la chiesa, molto diversa dal suo aspetto originario a causa dei rifacimenti susseguitisi tra il Settecento e i primi anni del Novecento, presenta un’unica navata con cupola, decorata in stile neo barocco secondo il progetto di fine Ottocento dell’architetto Alfredo Belli.
L’altare maggiore, in marmo intarsiato, venne realizzato nel 1710 da maestranze napoletane; al centro, è collocato un bassorilievo raffigurante la una Madonna con Bambino. Alle sue spalle è collocato forse l’opera più importante della chiesa, cioè un trittico cinquecentesco (olio su tavola con sfondo dorato) con la Madonna delle Grazie tra i Santi Giovan Battista ed Elpidio, opera di Andrea da Salerno.
Sulla navata si aprono due cappelle laterali nelle quali sono custodite le statue lignee della Madonna Addolorata al Fiumicello, opera della seconda metà dell’800 traslata dall’omonima Cappella Pontificia distrutta durante la Seconda Guerra Mondiale, e di Sant’Anna col Bambino, opera di fine Settecento attribuita a Giovanni Verzella (inizialmente attribuita allo scultore Giuseppe Picano) verso cui è rivolta la forte devozione degli abitanti della zona, tanto da identificare con il suo nome la chiesa. Da segnalare, inoltre, un’Estasi di San Francesco d’Assisi, olio su tela realizzato da Francesco Solimena.
Culto e leggende
Il culto di Sant’Anna è ancor oggi molto sentito nel quartiere. Tra le varie tradizioni legate alla Santa, resistono quelle del “Martedì di Sant’Anna”, giorno nel quale si prepara il “pagnottiello”, un panino da mangiare durante la giornata dedicata alla Santa. A Lei è anche dedicata una festa con processione di cui si trovano delle tracce già nei documenti di inizio Ottocento: nell’occasione, la statua viene portata in trionfo per le strade del quartiere su di un carro.
La leggenda vuole che la statua, trascinata a valle dalle acque del fiume Sebeto, fosse stata ritrovata nella zona paludosa dal contadino Nicolino Panerano mentre questi tornava dalla battaglia del Ponte della Maddalena, per la cacciata dei Giacobini. L’uomo vide una bambina che lo supplicò di salvare la madre, caduta nella palude mentre tentavano di scappare da un serpente. Quando il contadino afferrò la mano della donna che fuoriusciva dall’acqua, si accorse che stava sollevando una statua, la quale raffigurava Sant’Anna con in braccio proprio la bambina che gli aveva chiesto aiuto poco prima. Altre versioni della storia, narrano invece che fu proprio la statua a parlare al contadino, chiedendogli di portarla nella vicina chiesa in modo che potesse proteggere gli abitanti della zona.
Un’altra leggenda, invece, narra delle origini del cuore posto sul petto della statua. Si narra che il Barone Mascitelli, proprietario di un palazzo nella zona, prima di morire fece promettere ai tre figli maschi di fare in modo che la sua unica figlia non si sposasse con nessuno e che prendesse i voti. La ragazza, però, non aveva alcuna vocazione alla vita monastica, ma si innamorò di Antonio, un garzone al servizio dei fratelli. La loro storia d’amore, però, fu scoperta; il ragazzo venne ucciso e seppellito sotto una quercia nel bosco di Poggioreale. La ragazza, in pena per la scomparsa del fidanzato, fece un voto a Sant’Anna, promettendole il suo ingresso in convento nel caso in cui fosse riuscita a ritrovarlo. La stessa sera le apparve in sogno il suo amato che, accompagnato dalla Santa, le disse di essere ormai nella Grazia di Dio e le indicò il posto in cui era stato seppellito. Recatasi sul posto, la donna trovo i resti di Antonio da cui prelevò un piccolo osso che, insieme ad una ciocca dei suoi capelli, pose in cuore d’oro che donò alla Santa in segno di riconoscenza e devozione. Questa fu l’ultima cosa che fece prima di entrare nel Convento di San Gregorio Armeno.
La leggenda vuole che la statua, trascinata a valle dalle acque del fiume Sebeto, fosse stata ritrovata nella zona paludosa dal contadino Nicolino Panerano mentre questi tornava dalla battaglia del Ponte della Maddalena, per la cacciata dei Giacobini. L’uomo vide una bambina che lo supplicò di salvare la madre, caduta nella palude mentre tentavano di scappare da un serpente. Quando il contadino afferrò la mano della donna che fuoriusciva dall’acqua, si accorse che stava sollevando una statua, la quale raffigurava Sant’Anna con in braccio proprio la bambina che gli aveva chiesto aiuto poco prima. Altre versioni della storia, narrano invece che fu proprio la statua a parlare al contadino, chiedendogli di portarla nella vicina chiesa in modo che potesse proteggere gli abitanti della zona.
Un’altra leggenda, invece, narra delle origini del cuore posto sul petto della statua. Si narra che il Barone Mascitelli, proprietario di un palazzo nella zona, prima di morire fece promettere ai tre figli maschi di fare in modo che la sua unica figlia non si sposasse con nessuno e che prendesse i voti. La ragazza, però, non aveva alcuna vocazione alla vita monastica, ma si innamorò di Antonio, un garzone al servizio dei fratelli. La loro storia d’amore, però, fu scoperta; il ragazzo venne ucciso e seppellito sotto una quercia nel bosco di Poggioreale. La ragazza, in pena per la scomparsa del fidanzato, fece un voto a Sant’Anna, promettendole il suo ingresso in convento nel caso in cui fosse riuscita a ritrovarlo. La stessa sera le apparve in sogno il suo amato che, accompagnato dalla Santa, le disse di essere ormai nella Grazia di Dio e le indicò il posto in cui era stato seppellito. Recatasi sul posto, la donna trovo i resti di Antonio da cui prelevò un piccolo osso che, insieme ad una ciocca dei suoi capelli, pose in cuore d’oro che donò alla Santa in segno di riconoscenza e devozione. Questa fu l’ultima cosa che fece prima di entrare nel Convento di San Gregorio Armeno.
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Foto
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Le foto sono tratte da:
Wikipedia
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