Chiesa dell’Ascensione a Chiaia
Storia e architettura
La chiesa dell’Ascensione a Chiaia si trova in piazzetta Ascensione.
In passato, un primo edificio con questo nome venne edificato nel XIV secolo nell’antica via Puteolana insieme al convento dei Frati Celestini, grazie al cancelliere di Roberto d’Angiò, Nicola Alunno d’Alife.
Quella che si può ammirare oggigiorno, venne costruita successivamente per volontà del portoghese Michele Vaaz, conte di Mola. Secondo la leggenda, il 3 maggio 1967, vigilia dell’Ascensione, il nobile sognò San Pietro Celestino che gli porgeva la mano e, il giorno dopo, questi scampò all’arresto voluto dal vicerè rifugiandosi proprio nella chiesa che gli diede asilo per tre anni. Alla sua morte, i familiari si prodigarono per esaudire le volontà del nobile defunto che, in segno di gratitudine, aveva lasciato ingenti somme di denaro per la costruzione di una nuova chiesa, da dedicare a San Michele, Sant’Anna (il nome della moglie) e San Pietro Celestino e da utilizzare come cappella privata della famiglia. Il progetto venne affidato a Cosimo Fanzago che terminò la costruzione nel 1645, mentre l’interno venne decorato fino al 1657, con l’intervento anche di Luca Giordano per quanto riguarda molte opere pittoriche. Successivamente, la cupola venne rifatta nel 1767 su disegno di Matteo Tramontano.
Col passare del tempo, i nobili Vaaz caddero in rovina e dovettero cedere la loro nuova chiesa a Padri Celestini che, subito, approfittarono della situazione per demolire il vecchio edificio e destinando ad uso pubblico quello nuovo.
In seguito, dopo che il convento venne soppresso durante il decennio francese e destinato ad uso militare, la chiesa venne invece concessa alla Congrega di Santa Maria a Cappella Nuova.
In passato, un primo edificio con questo nome venne edificato nel XIV secolo nell’antica via Puteolana insieme al convento dei Frati Celestini, grazie al cancelliere di Roberto d’Angiò, Nicola Alunno d’Alife.
Quella che si può ammirare oggigiorno, venne costruita successivamente per volontà del portoghese Michele Vaaz, conte di Mola. Secondo la leggenda, il 3 maggio 1967, vigilia dell’Ascensione, il nobile sognò San Pietro Celestino che gli porgeva la mano e, il giorno dopo, questi scampò all’arresto voluto dal vicerè rifugiandosi proprio nella chiesa che gli diede asilo per tre anni. Alla sua morte, i familiari si prodigarono per esaudire le volontà del nobile defunto che, in segno di gratitudine, aveva lasciato ingenti somme di denaro per la costruzione di una nuova chiesa, da dedicare a San Michele, Sant’Anna (il nome della moglie) e San Pietro Celestino e da utilizzare come cappella privata della famiglia. Il progetto venne affidato a Cosimo Fanzago che terminò la costruzione nel 1645, mentre l’interno venne decorato fino al 1657, con l’intervento anche di Luca Giordano per quanto riguarda molte opere pittoriche. Successivamente, la cupola venne rifatta nel 1767 su disegno di Matteo Tramontano.
Col passare del tempo, i nobili Vaaz caddero in rovina e dovettero cedere la loro nuova chiesa a Padri Celestini che, subito, approfittarono della situazione per demolire il vecchio edificio e destinando ad uso pubblico quello nuovo.
In seguito, dopo che il convento venne soppresso durante il decennio francese e destinato ad uso militare, la chiesa venne invece concessa alla Congrega di Santa Maria a Cappella Nuova.
L'interno
La chiesa si presenta a croce greca, con l’ingresso anticipato da un pronao in piperno con tre arcate. La scena è dominata sicuramente dalle due pale realizzate da Luca Giordano nel 1657. La prima, alle spalle dell’altare maggiore, realizzato in marmi e lapislazzuli nel 1738 da Aniello Gentile, raffigura San Michele Arcangelo che sconfigge gli angeli ribelli, mentre l’altra, sull’altare destro (che come il sinistro è opera di Giuseppe Bastelli, 1734) rappresenta Sant’Anna e la Vergine bambina.
Il resto dei dipinti è invece opera di Alfonso di Spigna, autore anche della tela in cui si vede San Pietro Celestino che rinuncia al papato e, nel presbiterio, di quelle raffiguranti Agar nel deserto e Abramo e gli angeli.
Infine, nella sacrestia, sono posti quattro dipinti, realizzati intorno al 1730 da Giovan Battista Lama, raffiguranti storie di San Pietro Celestino.
Il resto dei dipinti è invece opera di Alfonso di Spigna, autore anche della tela in cui si vede San Pietro Celestino che rinuncia al papato e, nel presbiterio, di quelle raffiguranti Agar nel deserto e Abramo e gli angeli.
Infine, nella sacrestia, sono posti quattro dipinti, realizzati intorno al 1730 da Giovan Battista Lama, raffiguranti storie di San Pietro Celestino.
Dove si trova - mappa
Foto
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Le foto sono tratte da:
Culturacampania, da Wikipedia e da Flickr
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