Chiesa di Santa Maria Donnaregina Vecchia – Interno

Storia e descrizione
L’interno è composto da tre navate di uguale grandezza, con un abside poligonale su cui si aprono bifore altissime. Il soffitto è a capriate in legno strutturale, realizzato da Pietro Belverte. I resti della pavimentazione dell’abside, realizzati in cotto maiolicato, sono di epoca angioina, tra il XIV e XV secolo.
Sulla parete sinistra è posto il monumento funebre di Maria d’Ungheria. Il sepolcro fu voluto dal figlio Robert d’Angiò che volle assecondare la volontà della madre di essere seppellita all’interno della chiesa. La realizzazione del monumento venne affidata a Tino da Camaino che lo realizzò in collaborazione con Gagliardo Primario. La defunta è rappresentata sul sarcofago vestita con il saio francescano, sostenuta dalle quattro Virtù (Prudenza, Temperanza, Giustizia e Fortezza), con due angeli che aprono le cortine. Le undici nicchie che si aprono sulla scultura, contengono delle statuette che rappresentano i figli della sovrana., tra cui anche
Carlo Martello, Robertò d’Angiò e San Ludovico di Tolosa. Inoltre, l’intero monumento è ornato da alcuni mosaici azzurri. Nel 1727, il sepolcro venne spostato nella nuova chiesa, per poi essere ricollocato nella posizione attuale nel 1934, ma senza l’anello di diamanti e le spoglie della defunta.
Gli affreschi
affreschiMolto importanti per la stria della pittura del Trecento italiana e napoletana, sono gli affreschi conservati alle pareti della chiesa. La loro realizzazione viene datata in un periodo compreso rea il 1307 e il 1320 e l’intero ciclo, restaurato nel 1934, si sviluppa su due piani in cui vengono rappresentati scene di vita di Gesù e degli apostoli. Nel livello inferiori troviamo il Giudizio Universale (controfacciata), diciassette scene della vita di Cristo, cinque di quella di Santa Elisabetta e quattro di Santa Caterina; al livello superiore, invece, scene riguardanti la vita di Sant’Agnese. Quasi tutte le opere, compreso il Giudizio universale, sono da attribuire a Pietro Cavallini, eccezion fatta per le rappresentazioni di San Lorenzo e Santo Stefano, realizzate con molta probabilità da alcuni suoi discepoli.
Nella Cappella Loffredo, invece, troviamo altri affreschi come la Crocifissione e l’Annunciazione, di incerta datazione e attribuzione, sebbene alcune caratteristiche li avvicinano allo stile bizantino e a quello di Giotto.
Alle pareti laterali del coro delle monache troviamo altre storie della vita di Cristo, con scene della Passione, della morte e della resurrezione. Lo stile cn cui sono realizzati richiama molto quello della basilica di San Francesco d’Assisi e, anche qui, le attribuzioni sono discordanti: Pietro cavallini, Duccio, o Filippo Rosuti. A quest’ultimo, invece, sembra si possano attribuire le storie di Santa Caterina e Sant’Agnese.
Altri affreschi, slegati da quelli sopra menzionati, sono i due a lato dell’arco trionfale, rappresentanti entrambi la Crocifissione, e un’opera del 1520, raffigurante Martino di Sant’Orsola e le due compagne, realizzata probabilmente da Francesco da Tolentino. Infine, alcuni affreschi di Francesco Solimena, sono conservati in due locali prossimi alla chiesa.
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