Chiesa di San Ferdinando

Storia e architettura
facciata chiesa san ferdinandoLa chiesa di San Ferdinando è situata in Piazza Trieste e Trento.
La chiesa fu edificata dai gesuiti che, in origine, volevano costruire un luogo di culto da dedicare a San Francesco Saverio, canonizzato nel 1622. Per un paio d’anni i religiosi non riuscirono a trovare i fondi per i lavori, finchè Catalina Zunica de la Cerda y Sandoval, moglie del vicerè conte di Lemos, donò loro 39000 scudi d’oro.
Il progetto fu affidato in primo luogo al gesuita padre Agatio Stoia. Le sue idee furono riprese da un secondo progetto, ideato da Giovan Giacomo di Conforto, ma la realizzazione definitiva è frutto del lavoro di Cosimo Fanzago che, seppur prendendo spunto da entrambi i lavori precedenti, è considerato il fautore principale dell’intero edificio.
I lavori cominciarono il 2 febbraio 1636, giorno in cui fu posata la prima pietra. Una prima parte della chiesa fu consacrata nel 1641, anche se in realtà, dopo qualche anno di interruzione, la costruzione terminò definitivamente nel 1655. Tuttavia, negli anni successivi furono aggiunte alcune decorazioni interne, con l’aggiunta degli affreschi di Paolo De Matteis e delle sculture di Domenico Antonio Vaccaro, mentre tra il 1738 e il 1759 fu rifatto l’ordine superiore della facciata. Di esso, durante il Risanamento, furono eliminate le volute laterali e le balaustre, in favore di un timpano classico come indicato nel progetto originario di Giovan Giacomo di Conforto.
Quando nel 1767 i Gesuiti vennero espulsi da Napoli, subentrarono i Cavalieri Costantiniani, che dedicarono la chiesa a San Ferdinando III di Castiglia. Questi vi rimasero fino all’occupazione francese del 1801. Dal 1827 la chiesa appartiene all’Arciconfraternita di Nostra Signora dei Sette Dolori, il cui stemma scolpito sul timpano del portale d’ingresso. L’ultimo significativo restauro avvenne invece nel 1853, per volere di re re Ferdinando II.
La chiesa è nota anche con il nome di “Chiesa degli artisti”, poichè qui sono stati celebrati i funerali di numerosi personaggi famosi legati alla città di Napoli, come Achille Lauro, Sergio Bruni e Roberto Murolo (vi fu anche allestita la camera ardente per Mario Merola).
L'esterno
Il primo ordine della facciata, in marmo e piperno fu completato nel XVII secolo su progetto di Cosimo Fanzago, il cui lavoro prevedeva anche la costruzione di una cancellata in ferro battuto sorretta da pilastri in piperno, probabilmente disegnata da Francesco Antonio Picchiatti. Il secondo registro, invece, fu completato nel secolo successivo, tra il 1738 e il 1759, ma modificato durante il Risanamento di Napoli (fine ‘800) con l’eliminazione delle volte laterali e della balaustra del Fanzago, aggiungendo un timpano classico come previsto da uno dei primi progetti della chiesa realizzati da Giovan Giacomo di Conforto. Nell’occasione, fu anche eliminata la cancellata esterna, probabilmente perché danneggiata dai lavori di costruzione della Galleria Umberto I.
L'interno
interno chiesa san ferdinandoL’interno si presenta con pianta a croce latina, con quattro cappelle laterali e cupola.
Superato l’ingresso, appoggiate alle primo colonne, troviamo due acquasantiere in marmo disegnate da Cosimo Fanzago. Sulla controfacciata, ai lati del finestrone centrale, troviamo gli affreschi di Paolo De Matteis raffiguranti San Francesco Saverio in estasi e San Francesco Saverio che abbraccia il Crocefisso. Verso la fine della navata, invece, sopra le volte delle ultime cappelle laterali, troviamo due organi a canne, mentre l’ultimo pilastro di sinistra ospita un pulpito del XIX secolo.
Il pavimento è opera di Filippo Pardo, che lo realizzò nel 1748, mentre la volta ospita un grande affresco di Paolo De Matteis, datato tra il 1695 e il 1698, raffigurante il Trionfo della Religione sull’Eresia tramite Sant’Ignazio da Loyola, San Francesco Saverio, San Francesco Borgia e i tre martiri giapponesi (in basso a sinistra si vede Maometto che precipita con il Corano). Il soffitto, inoltre, è arricchito dalle decorazioni realizzate da Gennaro Greco verso la fine del XVII secolo, il quale aggiunse dei fregi in stile rococò tra i finestrini, sui triangoli e sulle lunette di raccordo.
La cupola conserva affreschi di Giovanni Diana che, ad inizio Novecento, realizzò una serie di figure allegoriche, angeli e decorazioni per sostituire l’opera precedente di Paolo De Matteis, raffigurante la Gloria di Santi Gesuiti, danneggiata dai lavori di costruzione della Galleria Umberto I. Dell’opera originaria rimangono soltanto le rappresentazioni di Fede, Speranza, Carità e Giustizia nei peducci.
Ognuna delle quattro cappelle laterali è anticipata da un cancellata in ferro e ottone, mentre all’interno spiccano decorazioni in marmo e stucco.
Nella prima cappella a sinistra è collocato il dipinto di Pietro da Cortona (XVII secolo) raffigurante i Martiri Gesuiti giapponesi.
Nella seconda cappella a sinistra è conservato un dipinto di Giovanni Battista Rossi (metà del XVIII secolo) raffigurante la Sacra Famiglia con Sant’Anna e San Giovanni.
Nella terza cappella a destra è custodita un’altra opera di Paolo De Matteis, databile ad inizio Settecento, raffigurante San Luigi Gonzaga.
Nella prima cappella di destra è collocata una tela raffigurante San Stanislao Kostka, opera ottocentesca di Nicola Maria Rossi.
Nella seconda cappella destra, alle pareti laterali, troviamo la Natività della Vergine e l’Annunciazione, due opere attribuite a Giacomo Farelli, pittore attivo tra la seconda metà del XVII secolo e i primi anni del XVIII.
Il transetto sinistro custodisce, sopra l’altare, una tela di Cesare Fracanzano raffigurante l’Immacolata Concezione, opera della prima metà del XVII secolo incorniciata dall’impianto decorativo in marmo realizzato da Domenico Antonio Vaccaro. Ai lati si aprono due nicchie nelle quali sono collocate le sculture del David (opera iniziata da Lorenzo Vaccaro e terminata dal figlio Domenico Antonio) e di Mosè. A completamento, si aggiungono anche i quattro angeli con i simboli dell’Immacolata Concezione. Sulla parete laterale sinistra, invece, è collocato il sepolcro di Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia e seconda moglie di Ferdinando IV di Borbone, opera ottocentesca di Tito Angelini. La volta, invece, è interamente affrescata da Paolo De Matteis con San Francesco Saverio che predica agli abitanti dell’India, la Natività di Gesù e l’Annunciazione.
Nel transetto destro, sulla parete di fondo, è custodita la pala d’altare raffigurante la Visione di Sant’Ignazio di Gesù in Croce, opera di Francesco Antonio Altobello (attivo a Napoli nella seconda metà del XVII secolo), ai cui piedi sono collocati gli angeli recanti i simboli di San Francesco Saverio realizzati nel Settecento da Giuseppe Sanmartino Ai lati delle due colonne, invece, sono custodite le statue lignee raffiguranti San Giorgio e San Ferdinando, opere attribuite ad Angelo Viva. Sulla parete destra, invece, è collocato il sepolcro di Michele Arditi, archeologo settecentesco attivo nella direzione degli scavi di Pompei ed Ercolano, opera anche questa di Tito Angelini (1834 ca). Nella volta, troviamo gli affreschi di Paolo de Matteis raffiguranti Sant’Ignazio in gloria, Sant’Ignazio ispirato dalla Vergine scrive il libro degli esercizi spirituali e Sant’Ignazio invia San Francesco Saverio in missione nell’India.
Nel presbiterio troviamo l’altare maggiore barocco, disegnato da Domenico Antonio Vaccaro e realizzato con l’aiuto dei maestri marmorari Pietro Nicolini e Francesco Colella tra il 1742 e il 1743. Alle sue spalle, la tela dipinta da Giuseppe Maldarelli a fine Ottocento, raffigurante San Ferdinando, che sostituì l’opera del 1680 di Luca Giordano, raffigurante Sant’Ignazio di Loyola in adorazione dell’Eterno, spostata al Museo di Capodimonte per volontà dei Cavalieri Costantiniani. Tra l’altro, inizialmente, i gesuiti avevano commissionato il quadro principale a Salvator Rosa (opera poi andata perduta) affinchè rappresentasse San Francesco Saverio in gloria. Il dipinto non piacque e il lavoro fu affidato a Cesare Fracanzano, che realizzò un San Francesco Saverio che battezza gli abitanti dell’India. Anche in questo caso, però, l’opera fu scartata e, così, fu interpellato Luca Giordano. Al di sopra della pala d’altare, vi è uno stendardo dipinto a olio con il Cristo risorto apparso agli Apostoli, opera anonima di metà Ottocento. Ai lati, invece, altri due lavori di Paolo De Matteis, raffiguranti San Francesco Saverio che protegge la città di Napoli dalla fame, peste, incendi e dai naufragi.
Infine, nella sacrestia sono custodite “La presentazione al Tempio” ed “Il sogno di San Giuseppe”, tutte opere provenienti dalla distrutta Chiesa di San Luigi di Palazzo.
Dove si trova - mappa
Foto
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Le foto sono tratte da:
Wikipedia

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