Chiesa di San Gennaro all’Olmo
Storia e architettura
La Chiesa di San Gennaro all’Olmo si trova in Via San Gregorio Armeno.
Secondo la leggenda, sarebbe una delle sei chiese greche fondate dall’imperatore Costantino (IV s. Secondo altre fonti, invece, fu il vescovo Sant’Aniello a volere la sua edificazione alla fine del VII secolo, intorno al 680, per dedicare un luogo di culto a San Gennaro che aveva permesso di spegnere miracolosamente un incendio che dal Vesuvio si stava pericolosamente avvicinando alla città. Nonostante questa versione sia più credibile della precedente, è probabile che la chiesa sia ancora più antica, poichè al suo interno operavano i diaconi inviati dal vescovo a distribuire elemosine ai poveri (per questo motivo era detta “ad diaconam”), pratica diffusa sin dal III secolo. Infatti, anche nel XIII secolo, la struttura conservava questo attributo e i riti vi si svolgevano ancora in greco. Dall’VIII secolo, inoltre, la chiesa e le strutture circostanti offrirono rifugio alle suore armene provenienti da Costantinopoli, portando con sè le reliquie di San Gregorio e il cranio di San Biagio Maggiore.
Secondo un’altra leggenda, il nome “Ad diaconam”, scompare nei secoli successivi, quando la chiesa prese il nome da un olmo, che un tempo si trovava nello spazio antistante l’ingresso, al quale venivano appesi i premi per i vincitore dei duelli e dei tornei cittadini.
Nel 1583 la chiesa viene restaurate per volere dell’abate Agnello Rosso che vi trasferisce anche alcune opere presenti in antichi luoghi di culto della Città. Durante i lavori, sotto l’altare maggiore venne scoperto il corpo di San Nostriano (vescovo di Napoli tra il 444 e il 461) ed esposto nel 1612.
Nel 1615 l’edificio passò alla Congregazione dei 72 Sacerdoti che lo restauraono secondo lo stile barocco, alterando l’apetto originario, rimasto quasi del tutto immutato fino ad allora. Un altro intervento fu necessario nel 1688 in seguito ad un terremoto e, in questa occasione, venne realizzata la decorazione in stucco. Nel XVIII secolo si susseguirono altri aggiustamenti che apportarono aggiunte barocche alla chiesa, come gli altari laterali e quello maggiore in marmo commesso. All’inizio del XIX secolo, invece, fu realizzata la pavimentazione maiolicata e le pareti dipinte di bianco e di azzurro, mentre nel 1908 la facciata venne portata verso la strada, inglobando la scalinata che ne consentiva l’accesso.
La chiesa è rimasta chiusa per molti anni del XX secolo, spogliata delle sue opere, che sono state trasferite altrove. Per riparare i danni del tempo e del terremoto del 1980 si sono resi necessari numerosi interventi che, grazie all’interessamento della Fondazione Giambattista Vico, si sono finalemente conclusi nel 2010.
All’interno, degni di nota rimangono l’altare maggiore realizzato con marmi intarsiati e policromi, i pavimenti in maiolica, l’organo ed il coro, entrambi settecenteschi.
Al di sotto della chiesa, inoltre, vi è un’altra piccola chiesa con cripta dove sono state rinvenuti resti delle strutture paleocristiani, l’ossario dei santi Biagio e Gregorio e le sepolture di numerosi napoletani della zona, tra cui anche il padre di Giambattista Vico.
Secondo la leggenda, sarebbe una delle sei chiese greche fondate dall’imperatore Costantino (IV s. Secondo altre fonti, invece, fu il vescovo Sant’Aniello a volere la sua edificazione alla fine del VII secolo, intorno al 680, per dedicare un luogo di culto a San Gennaro che aveva permesso di spegnere miracolosamente un incendio che dal Vesuvio si stava pericolosamente avvicinando alla città. Nonostante questa versione sia più credibile della precedente, è probabile che la chiesa sia ancora più antica, poichè al suo interno operavano i diaconi inviati dal vescovo a distribuire elemosine ai poveri (per questo motivo era detta “ad diaconam”), pratica diffusa sin dal III secolo. Infatti, anche nel XIII secolo, la struttura conservava questo attributo e i riti vi si svolgevano ancora in greco. Dall’VIII secolo, inoltre, la chiesa e le strutture circostanti offrirono rifugio alle suore armene provenienti da Costantinopoli, portando con sè le reliquie di San Gregorio e il cranio di San Biagio Maggiore.
Secondo un’altra leggenda, il nome “Ad diaconam”, scompare nei secoli successivi, quando la chiesa prese il nome da un olmo, che un tempo si trovava nello spazio antistante l’ingresso, al quale venivano appesi i premi per i vincitore dei duelli e dei tornei cittadini.
Nel 1583 la chiesa viene restaurate per volere dell’abate Agnello Rosso che vi trasferisce anche alcune opere presenti in antichi luoghi di culto della Città. Durante i lavori, sotto l’altare maggiore venne scoperto il corpo di San Nostriano (vescovo di Napoli tra il 444 e il 461) ed esposto nel 1612.
Nel 1615 l’edificio passò alla Congregazione dei 72 Sacerdoti che lo restauraono secondo lo stile barocco, alterando l’apetto originario, rimasto quasi del tutto immutato fino ad allora. Un altro intervento fu necessario nel 1688 in seguito ad un terremoto e, in questa occasione, venne realizzata la decorazione in stucco. Nel XVIII secolo si susseguirono altri aggiustamenti che apportarono aggiunte barocche alla chiesa, come gli altari laterali e quello maggiore in marmo commesso. All’inizio del XIX secolo, invece, fu realizzata la pavimentazione maiolicata e le pareti dipinte di bianco e di azzurro, mentre nel 1908 la facciata venne portata verso la strada, inglobando la scalinata che ne consentiva l’accesso.
La chiesa è rimasta chiusa per molti anni del XX secolo, spogliata delle sue opere, che sono state trasferite altrove. Per riparare i danni del tempo e del terremoto del 1980 si sono resi necessari numerosi interventi che, grazie all’interessamento della Fondazione Giambattista Vico, si sono finalemente conclusi nel 2010.
All’interno, degni di nota rimangono l’altare maggiore realizzato con marmi intarsiati e policromi, i pavimenti in maiolica, l’organo ed il coro, entrambi settecenteschi.
Al di sotto della chiesa, inoltre, vi è un’altra piccola chiesa con cripta dove sono state rinvenuti resti delle strutture paleocristiani, l’ossario dei santi Biagio e Gregorio e le sepolture di numerosi napoletani della zona, tra cui anche il padre di Giambattista Vico.
Dove si trova - mappa
Foto
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