Chiesa della Pietà dei Turchini
Storia e architettura
La chiesa della Pietà dei turchini sorge in via Medina.
La sua fondazione avvenne tra il 1592 e il 1607 grazie alla Congregazione dei Bianchi dell’Oratorio. Inizialmente, l’associazione aveva sede presso la chiesa di Santa Maria dell’Incoronatella a Rua Catalana e, dal 1573, si occupava di accogliere bambini abbandonati. In seguito, vista la necessità di una struttura più ampia, fu decisa la realizzazione della nuova struttura, comprendente una chiesa ed un conservatorio, che fu denominata “dei Turchini” dal colore degli abiti indossati dai giovani ospiti. La chiesa, terminata nel 1595, presentava un’unica navata e cinque cappelle laterali per lato, ma fu ampliata notevolmente tra il 1633 e il 1639 quando furono aggiunti il transetto, l’abside e la cupola. Anche la facciata non è quella originale, ma è frutto di un rifacimento avvenuto tra il 1769 e 1770, su progetto di Bartolomeo Vecchione.
Per quanto riguarda il conservatorio, ben presto la sua attività principale divenne quella di insegnare musica e, tra i suoi allievi vi furono Alessandro Scarlatti, Giovanni Paisiello e Giovan Battista Pergolesi. In seguito, nel 1808, la struttura si fuse con altri tre conservatori (di Santa Maria di Loreto, dei Poveri di Gesù Cristo e di Sant’Onofrio a Capuna) per dare vita al Regio Collegio di Musica nell’ormai abolito monastero di San Sebastiano e, in seguito, nel 1826, spostarsi nell’attuale sede di San Pietro a Majella.
La sua fondazione avvenne tra il 1592 e il 1607 grazie alla Congregazione dei Bianchi dell’Oratorio. Inizialmente, l’associazione aveva sede presso la chiesa di Santa Maria dell’Incoronatella a Rua Catalana e, dal 1573, si occupava di accogliere bambini abbandonati. In seguito, vista la necessità di una struttura più ampia, fu decisa la realizzazione della nuova struttura, comprendente una chiesa ed un conservatorio, che fu denominata “dei Turchini” dal colore degli abiti indossati dai giovani ospiti. La chiesa, terminata nel 1595, presentava un’unica navata e cinque cappelle laterali per lato, ma fu ampliata notevolmente tra il 1633 e il 1639 quando furono aggiunti il transetto, l’abside e la cupola. Anche la facciata non è quella originale, ma è frutto di un rifacimento avvenuto tra il 1769 e 1770, su progetto di Bartolomeo Vecchione.
Per quanto riguarda il conservatorio, ben presto la sua attività principale divenne quella di insegnare musica e, tra i suoi allievi vi furono Alessandro Scarlatti, Giovanni Paisiello e Giovan Battista Pergolesi. In seguito, nel 1808, la struttura si fuse con altri tre conservatori (di Santa Maria di Loreto, dei Poveri di Gesù Cristo e di Sant’Onofrio a Capuna) per dare vita al Regio Collegio di Musica nell’ormai abolito monastero di San Sebastiano e, in seguito, nel 1826, spostarsi nell’attuale sede di San Pietro a Majella.
Interno
La prima cappella di sinistra conserva un dipinto di Paolo De Matteis, raffigurante il Transito di San Giuseppe, e due di Domenico Fiasella, provenienti dalla vicina chiesa di San Giorgio dei Genovesi. La terza cappella presenta una di Belisario Corenzio in cui è raffigurata l’Annunciazione, mentre nella quarta si trovano affreschi di Agostino Beltrano con Storie di San Nicola di Bari (1645). Infine, nella quinta cappella troviamo un dipinto di Filippo Vitale, raffigurante un Angelo Custode, e una deposizione di Luca Giordano.
A destra, nella prima cappella, troviamo una tela di Giovan Battista Rossi, con i Santi Gennaro e Antonio da Padova, e due del Romanelli, anch’essi provenienti dalla vicina chiesa di San Giorgio dei Genovesi. Nella seconda cappella, invece, sono conservate una tavola di Andrea Molinaro e due di Luca Giordano, raffiguranti rispettivamente la Madonna del Rosario (1595 ca), la Visione di Santa Rosa (1670-1674 ca) e San Giacinto che passa il Boristene. Nella terza, troviamo la Sacra Famiglia, detta anche Trinitas Terrestris, eseguita da Battistello Caracciolo. Successivamente, nella quarta cappella, alcuni episodi della Passione di Cristo, rappresentati da Andrea Vaccaro.
Su entrambi i lati si trova un cappellone: quello di sinistra è decorato interamente da Giacinto Diano, che vi lavorò intorno al 1785, mentre quello di destra, dedicato a Sant’Anna, presenta decorazioni in marmo di Dionisio Lazzari (1667), tele di Andrea Vaccaro, di Giacomo Farelli (1671) e il Sepolcro di Francesco Rocco, eseguito da Lorenzo Vaccaro nel 1678.
Nell’abside troviamo una Pietà realizzata da Giacinto Diano, mentre alle spalle dell’altare maggiore, realizzato in marmi policromi tra il 1770 e il 1773 da Giovanni Atticciati, si trova il dipinto raffigurante l’Invenzione della Croce, realizzato da Luca Giordano.
A destra, nella prima cappella, troviamo una tela di Giovan Battista Rossi, con i Santi Gennaro e Antonio da Padova, e due del Romanelli, anch’essi provenienti dalla vicina chiesa di San Giorgio dei Genovesi. Nella seconda cappella, invece, sono conservate una tavola di Andrea Molinaro e due di Luca Giordano, raffiguranti rispettivamente la Madonna del Rosario (1595 ca), la Visione di Santa Rosa (1670-1674 ca) e San Giacinto che passa il Boristene. Nella terza, troviamo la Sacra Famiglia, detta anche Trinitas Terrestris, eseguita da Battistello Caracciolo. Successivamente, nella quarta cappella, alcuni episodi della Passione di Cristo, rappresentati da Andrea Vaccaro.
Su entrambi i lati si trova un cappellone: quello di sinistra è decorato interamente da Giacinto Diano, che vi lavorò intorno al 1785, mentre quello di destra, dedicato a Sant’Anna, presenta decorazioni in marmo di Dionisio Lazzari (1667), tele di Andrea Vaccaro, di Giacomo Farelli (1671) e il Sepolcro di Francesco Rocco, eseguito da Lorenzo Vaccaro nel 1678.
Nell’abside troviamo una Pietà realizzata da Giacinto Diano, mentre alle spalle dell’altare maggiore, realizzato in marmi policromi tra il 1770 e il 1773 da Giovanni Atticciati, si trova il dipinto raffigurante l’Invenzione della Croce, realizzato da Luca Giordano.
Dove si trova - mappa
Foto
[foldergallery folder=”wp-content/../monumenti/chiese/monumentali/turchini/foto” title=”Gallery title”]
Alcune foto sono tratte da:
Culturacampania, da Wikipedia e da Flickr
Alcune foto sono tratte da:
Culturacampania, da Wikipedia e da Flickr