Complesso di Sant’Antonio delle Monache a Port’Alba
Storia e architettura
Il Complesso di Sant’Antonio delle Monache a Port’Alba si trova in Piazza Bellini.
Il convento, noto anche con il nome di Sant’Antoniello, venne fondato intorno al 1550 per volontà di suor Paola del Cappellano, molto devota a Sant’Antonio da Padova, che decise di istituire un nuovo monastero nel quale si potesse vivere secondo la regola di San Francesco e quella di Santa Chiara. Successivamente, grazie all’acquisizione di nuovi immobili, la struttura venne ampliata, inglobando quella originaria di cui rimane l’antico portale, mentre la chiesa fu completata intorno al 1578 consacrata nel 1579.
Ampliamenti e acquisizioni continuarono anche per tutto il XVII secolo con l’acquisto del palazzo del Principe di Conca e del largo antistante, servendosi poi dell’architetto Francesco Antonio Picchiatti per aggiungere due piani e modificare gli interni con l’aggiunta di nuove camere e botteghe. Inoltre, nello stesso periodo, fu commissionato a Bernardo Cavallino il dipinto di Santa Cecilia al Cembalo, conservato attualmente presso la Reggia di Capodimonte.
Un altro restauro fu realizzato intorno al 1683, mentre altri lavori si resero necessari a causa dei danni procurati dai terremoti del 1688 e del 1694. In quest’ultimo anno, quindi fu commissionato all’architetto Arcangelo Guglielmelli un ampi lavoro di sistemazione, che portarono all’ampliamento del convento e alla realizzazione del nuovo chiostro. Il Guglielmelli si occupò anche della modifica della facciata, alterandone l’aspetto originario ma conservando gli antichi portali d’ingresso. E ancora oggi la facciata su piazza Bellini mostra i segni delle sistemazioni avvenute durante i secoli con la presenza di finestre quattrocentesche (in alto), cinquecentesche (in basso) e settecentesche.
Nel XVIII secolo furono necessari nuovi interventi: il primo, tra il 1729 e il 1730, fu realizzato da Pietro Vinaccia che, oltre a riparare i danni del tempo, dotò la chiesa di un nuovo coro e il convento di nuove celle. Il secondo fu ordinato per ovviare alle lesioni subite dal complesso dopo il terremoto del 1732 e, nell’occasione, furono costruiti due lati del chiostro verso il Monastero della Sapienza. Quest’ultimo fu poi completato nel 1738. Il quarto intervento, tra il 1740 e il 1743, vide la realizzazione della nuova sacrestia, dotata di arredi in legno eseguiti dal maestro falegname Gennaro Fucito. Tra il 1752 e il 1756, invece, l’ingegnere Giovanni del Gaiso si occupò di riparare il tetto in corrispondenza del coro, sopraelevandolo per ricavare un nuovo stanzone, e soprattutto di riammodernare la facciata. Successivamente subentrò Casimiro Vetromile, che terminò il lavoro del suo predecessore, completando lo stanzone e le decorazioni in stucco della facciata, e realizzò la nuova scala esterna.
Nel 1775 l’ingegnere Ignazio Di Nardo si occupò di restaurare e abbellire l’antico refettorio. Lo stesso Di Nardo fu richiamato per riparare i danni subiti dal complesso dopo un vasto incendio sviluppatosi il 14 giugno 1801.
Durante il Decennio Francese, con un decreto del 12 gennaio 1808, il monastero fu soppresso, nonostante alle monache fu concesso di rimanere in sede. Ciò causò l’interruzione di alcuni lavori, tra cui la decorazione del chiostro. Subito dopo, vi si trasferirono le religiose di Santa Maria della Provvidenza ai Miracoli. A partire dal 1810 le proprietà immobiliari del monastero furono in parte vendute, mentre il 22 marzo 1820, le monache e le educande che abitavano nel soppresso Conservatorio di Santa Maria dei Sette Dolori passarono nel monastero di Sant’Antonio con solenne processione, portando con sè la statua della Vergine; per questo motivo, il monastero di clausura divenne un conservatorio prendendo il nome di “Santa Maria dei Sette Dolori in Sant’Antonio fuori Port’Alba”.
Tra il 1877 e il 1880 il complesso venne trasformato in scuola ed educandato, dando così vita alla Scuola Elena d’Aosta, il cui obiettivo era quello di fornire alle giovani ragazze le basi di un mestiere (filatura, cucito, maglia), e una solida educazione religiosa. L’attività cessò nel 1925, anno in cui entrarono nell’Istituto le prime Figlie di Maria Ausiliatrice, che vi rimasero fino al 1955. Durante la guerra, la precarie condizioni economiche e i bombardamenti costrinsero le suore, prima, a ridurre il numero delle ragazze ospitate e, poi, a trasferirsi in un luogo più sicuro. Nel 1960 il Convitto e le scuole Elena D’Aosta e Sant’Eligio furono accorpati in un unico istituto, denominato “Istituti di Istruzione ed Assistenza Femminili”, che si occupava di preparare le ragazze in anche in attività extra religiose, come teatro e conferenze. Fu anche istituito un corso di tre anni che abilitava le giovani ad insegnare la religione nelle scuole elementari.
L’1 settembre 1975, il complesso venne affidato alle Piccole Ancelle di Cristo Re, che iniziarono delle attività a favore dei minori disagiati, aprendo una Scuola Materna, una Scuola Elementare, un Istituto Magistrale e, dal 1978, un Centro di Formazione Professionale e Vocazionale, Commerciale e Turistica. Nel 1977 l’Ente Morale fu sciolto e, nel 1981, tutti i beni furono trasferiti al Comune di Napoli che concesse alle Piccole Ancelle di rimanere per seguire le attività formative. Nel 1986, parte del complesso fu affidato all’Università per la Facoltà di Architettura. Le scuole rimasero attive comunque fino al 1992, quando l’ASL dichiarò i locali inagibili per non aver ristrutturato i locali dopo i danni causati dal terremoto del 1980.
Nuovi restauri, quindi, furono eseguiti tra il 2000 e il 2004 che conferirono all’edificio l’aspetto attuale.
Di fianco all’ingresso, sulla facciata principale, è possibile ammirare l’altorilievo in marmo raffigurante l’addolorata, opera datata intorno al 1870-1880 e attribuita ad Achille della Croce. Il portale, invece, è stato recentemente ripristinato nei suoi colori originari, con un motivo geometrico molto simile a quello che si può trovare sul portone della Chiesa di Santa Marta, databili tra la seconda metà del Cinquecento e il primo quarto
del Seicento.
Di epoca successiva, invece, le decorazioni in stucco del vestibolo, accessibile appena dopo l’ingresso, e il portale in marmo di accesso al chiostro. All’interno del monastero sono custoditi vari dipinti, come L’estasi di San Domenico ai piedi del Crocifisso, databile intorno al 1570 e attribuito a Pedro de Rubiales, La Madonna in Trono con le anime purganti e i Santi Andrea e Gregorio Magno (posto nella Sala della Bifora), realizzato da Antonio Pellegrino nel 1790, Le Nozze di Cana (posto nella Sala Gioiosa, opera del 1707 di Pietro Di Martino, La Madonna con Bambino in
gloria (posto nella Sala Gioiosa), databile intorno all’ultimo quarto del Seicento e attribuita a Giacomo Farelli, una Pietà tra i Santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova (esposta al terzo piano) e un affresco di inizio Quattrocento (in un vano della scala)
Il convento, noto anche con il nome di Sant’Antoniello, venne fondato intorno al 1550 per volontà di suor Paola del Cappellano, molto devota a Sant’Antonio da Padova, che decise di istituire un nuovo monastero nel quale si potesse vivere secondo la regola di San Francesco e quella di Santa Chiara. Successivamente, grazie all’acquisizione di nuovi immobili, la struttura venne ampliata, inglobando quella originaria di cui rimane l’antico portale, mentre la chiesa fu completata intorno al 1578 consacrata nel 1579.
Ampliamenti e acquisizioni continuarono anche per tutto il XVII secolo con l’acquisto del palazzo del Principe di Conca e del largo antistante, servendosi poi dell’architetto Francesco Antonio Picchiatti per aggiungere due piani e modificare gli interni con l’aggiunta di nuove camere e botteghe. Inoltre, nello stesso periodo, fu commissionato a Bernardo Cavallino il dipinto di Santa Cecilia al Cembalo, conservato attualmente presso la Reggia di Capodimonte.
Un altro restauro fu realizzato intorno al 1683, mentre altri lavori si resero necessari a causa dei danni procurati dai terremoti del 1688 e del 1694. In quest’ultimo anno, quindi fu commissionato all’architetto Arcangelo Guglielmelli un ampi lavoro di sistemazione, che portarono all’ampliamento del convento e alla realizzazione del nuovo chiostro. Il Guglielmelli si occupò anche della modifica della facciata, alterandone l’aspetto originario ma conservando gli antichi portali d’ingresso. E ancora oggi la facciata su piazza Bellini mostra i segni delle sistemazioni avvenute durante i secoli con la presenza di finestre quattrocentesche (in alto), cinquecentesche (in basso) e settecentesche.
Nel XVIII secolo furono necessari nuovi interventi: il primo, tra il 1729 e il 1730, fu realizzato da Pietro Vinaccia che, oltre a riparare i danni del tempo, dotò la chiesa di un nuovo coro e il convento di nuove celle. Il secondo fu ordinato per ovviare alle lesioni subite dal complesso dopo il terremoto del 1732 e, nell’occasione, furono costruiti due lati del chiostro verso il Monastero della Sapienza. Quest’ultimo fu poi completato nel 1738. Il quarto intervento, tra il 1740 e il 1743, vide la realizzazione della nuova sacrestia, dotata di arredi in legno eseguiti dal maestro falegname Gennaro Fucito. Tra il 1752 e il 1756, invece, l’ingegnere Giovanni del Gaiso si occupò di riparare il tetto in corrispondenza del coro, sopraelevandolo per ricavare un nuovo stanzone, e soprattutto di riammodernare la facciata. Successivamente subentrò Casimiro Vetromile, che terminò il lavoro del suo predecessore, completando lo stanzone e le decorazioni in stucco della facciata, e realizzò la nuova scala esterna.
Nel 1775 l’ingegnere Ignazio Di Nardo si occupò di restaurare e abbellire l’antico refettorio. Lo stesso Di Nardo fu richiamato per riparare i danni subiti dal complesso dopo un vasto incendio sviluppatosi il 14 giugno 1801.
Durante il Decennio Francese, con un decreto del 12 gennaio 1808, il monastero fu soppresso, nonostante alle monache fu concesso di rimanere in sede. Ciò causò l’interruzione di alcuni lavori, tra cui la decorazione del chiostro. Subito dopo, vi si trasferirono le religiose di Santa Maria della Provvidenza ai Miracoli. A partire dal 1810 le proprietà immobiliari del monastero furono in parte vendute, mentre il 22 marzo 1820, le monache e le educande che abitavano nel soppresso Conservatorio di Santa Maria dei Sette Dolori passarono nel monastero di Sant’Antonio con solenne processione, portando con sè la statua della Vergine; per questo motivo, il monastero di clausura divenne un conservatorio prendendo il nome di “Santa Maria dei Sette Dolori in Sant’Antonio fuori Port’Alba”.
Tra il 1877 e il 1880 il complesso venne trasformato in scuola ed educandato, dando così vita alla Scuola Elena d’Aosta, il cui obiettivo era quello di fornire alle giovani ragazze le basi di un mestiere (filatura, cucito, maglia), e una solida educazione religiosa. L’attività cessò nel 1925, anno in cui entrarono nell’Istituto le prime Figlie di Maria Ausiliatrice, che vi rimasero fino al 1955. Durante la guerra, la precarie condizioni economiche e i bombardamenti costrinsero le suore, prima, a ridurre il numero delle ragazze ospitate e, poi, a trasferirsi in un luogo più sicuro. Nel 1960 il Convitto e le scuole Elena D’Aosta e Sant’Eligio furono accorpati in un unico istituto, denominato “Istituti di Istruzione ed Assistenza Femminili”, che si occupava di preparare le ragazze in anche in attività extra religiose, come teatro e conferenze. Fu anche istituito un corso di tre anni che abilitava le giovani ad insegnare la religione nelle scuole elementari.
L’1 settembre 1975, il complesso venne affidato alle Piccole Ancelle di Cristo Re, che iniziarono delle attività a favore dei minori disagiati, aprendo una Scuola Materna, una Scuola Elementare, un Istituto Magistrale e, dal 1978, un Centro di Formazione Professionale e Vocazionale, Commerciale e Turistica. Nel 1977 l’Ente Morale fu sciolto e, nel 1981, tutti i beni furono trasferiti al Comune di Napoli che concesse alle Piccole Ancelle di rimanere per seguire le attività formative. Nel 1986, parte del complesso fu affidato all’Università per la Facoltà di Architettura. Le scuole rimasero attive comunque fino al 1992, quando l’ASL dichiarò i locali inagibili per non aver ristrutturato i locali dopo i danni causati dal terremoto del 1980.
Nuovi restauri, quindi, furono eseguiti tra il 2000 e il 2004 che conferirono all’edificio l’aspetto attuale.
Di fianco all’ingresso, sulla facciata principale, è possibile ammirare l’altorilievo in marmo raffigurante l’addolorata, opera datata intorno al 1870-1880 e attribuita ad Achille della Croce. Il portale, invece, è stato recentemente ripristinato nei suoi colori originari, con un motivo geometrico molto simile a quello che si può trovare sul portone della Chiesa di Santa Marta, databili tra la seconda metà del Cinquecento e il primo quarto
del Seicento.
Di epoca successiva, invece, le decorazioni in stucco del vestibolo, accessibile appena dopo l’ingresso, e il portale in marmo di accesso al chiostro. All’interno del monastero sono custoditi vari dipinti, come L’estasi di San Domenico ai piedi del Crocifisso, databile intorno al 1570 e attribuito a Pedro de Rubiales, La Madonna in Trono con le anime purganti e i Santi Andrea e Gregorio Magno (posto nella Sala della Bifora), realizzato da Antonio Pellegrino nel 1790, Le Nozze di Cana (posto nella Sala Gioiosa, opera del 1707 di Pietro Di Martino, La Madonna con Bambino in
gloria (posto nella Sala Gioiosa), databile intorno all’ultimo quarto del Seicento e attribuita a Giacomo Farelli, una Pietà tra i Santi Francesco d’Assisi e Antonio da Padova (esposta al terzo piano) e un affresco di inizio Quattrocento (in un vano della scala)
Tratto da: Sant’Antoniello a Portalba, Storia – Arte – Restauro, a cura di Aldo Pinto e Adriana Valerio, Fridericiana Editrice Universitaria, 2009
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