Abbazia di Santa Maria a Cappella Vecchia
Storia e architettura
L’Abbazia di Santa Maria a Cappella Vecchia era situata in Vico Santa Maria a Cappella Vecchia.
La storia del complesso comincia nel V secolo, quando fu costruita una cappella dedicata a Maria, nel luogo in cui la tradizione indica l’esistenza di un tempio per la venerazione di Serapide. In seguito venne costruita anche un abbazia che, tra 1134 e la fine del XV secolo, fu affidata a monaci basiliani e, in seguito, a dei benedettini. Questi ultimi lo cedettero ai frati olivetani che, grazie alle donazioni del nobile Fabrizio de Gennaro, ristrutturarono l’intero complesso modificando l’originario assetto gotico per lasciare spazio alle forme rinascimentali. I lavori finirono nel 1506, anno al quale risale l’anticipo portale marmore con le insegne dello stesso de Gennaro.
L’appellativo “Vecchia” fu aggiunto solo dopo il 1625, anno in cui venne costruita, per volontà del cardinale Francesco III Boncompagni, una chiesa più grande, oggi andata distrutta. Per distinguerle vennero identificate con “Nuova” e “Vecchia”.
L’abazia fu colpita da un incendio a metà del XVIII secolo, evento che determinò un nuovo restauro dell’intero complesso. Nell’occasione i frati decisero di dividere la proprietà, cedendo al marchese Giuseppe Sessa parte del convento e il giardino superiore dove si trovava il chiostro, già alterato dall’aggiunta di muri di consolidamento tra le campate che avevano trasformato l’ambulacro in ulteriori alloggi per i religiosi.
Nel 1788, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, il complesso divenne proprietà della corona che la assegnò alle Scuole Normali Napoletane, mentre la chiesa fu concessa alla congrega del Santissimo Sacramento della Corporazione dei Repostieri.
Alla fine del XIX secolo il convento fu ulteriormente diviso e venduto a privati; la parte più esterna a cavallo della strada fu acquistata dalla famiglia Acquaviva di Boiano, mentre la parte attorno all’antico chiostro passò alla famiglia Mancini di Castellana, i quali ne ricavarono appartamenti da dare in affitto.
Nel 1997 i proprietari finanziarono un ampio restauro, terminato sei anni più tardi, per recuperare il più possibile le forme originare del complesso; così, le colonne del portico, rimaste in per anni occultate nelle murature antiche, vennero riportate alla luce.
La chiesa è anch’essa proprietà di privati; ormai sconsacrata, e stata spogliata degli arredi originari, anche se all’interno rimangono alcune tracce dell’architettura gotica e, soprattutto, delle decorazioni barocche della navata e dell’abside.
La storia del complesso comincia nel V secolo, quando fu costruita una cappella dedicata a Maria, nel luogo in cui la tradizione indica l’esistenza di un tempio per la venerazione di Serapide. In seguito venne costruita anche un abbazia che, tra 1134 e la fine del XV secolo, fu affidata a monaci basiliani e, in seguito, a dei benedettini. Questi ultimi lo cedettero ai frati olivetani che, grazie alle donazioni del nobile Fabrizio de Gennaro, ristrutturarono l’intero complesso modificando l’originario assetto gotico per lasciare spazio alle forme rinascimentali. I lavori finirono nel 1506, anno al quale risale l’anticipo portale marmore con le insegne dello stesso de Gennaro.
L’appellativo “Vecchia” fu aggiunto solo dopo il 1625, anno in cui venne costruita, per volontà del cardinale Francesco III Boncompagni, una chiesa più grande, oggi andata distrutta. Per distinguerle vennero identificate con “Nuova” e “Vecchia”.
L’abazia fu colpita da un incendio a metà del XVIII secolo, evento che determinò un nuovo restauro dell’intero complesso. Nell’occasione i frati decisero di dividere la proprietà, cedendo al marchese Giuseppe Sessa parte del convento e il giardino superiore dove si trovava il chiostro, già alterato dall’aggiunta di muri di consolidamento tra le campate che avevano trasformato l’ambulacro in ulteriori alloggi per i religiosi.
Nel 1788, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi, il complesso divenne proprietà della corona che la assegnò alle Scuole Normali Napoletane, mentre la chiesa fu concessa alla congrega del Santissimo Sacramento della Corporazione dei Repostieri.
Alla fine del XIX secolo il convento fu ulteriormente diviso e venduto a privati; la parte più esterna a cavallo della strada fu acquistata dalla famiglia Acquaviva di Boiano, mentre la parte attorno all’antico chiostro passò alla famiglia Mancini di Castellana, i quali ne ricavarono appartamenti da dare in affitto.
Nel 1997 i proprietari finanziarono un ampio restauro, terminato sei anni più tardi, per recuperare il più possibile le forme originare del complesso; così, le colonne del portico, rimaste in per anni occultate nelle murature antiche, vennero riportate alla luce.
La chiesa è anch’essa proprietà di privati; ormai sconsacrata, e stata spogliata degli arredi originari, anche se all’interno rimangono alcune tracce dell’architettura gotica e, soprattutto, delle decorazioni barocche della navata e dell’abside.
Dove si trova - mappa
Foto
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Le foto sono tratte da:
Napoli vista attraverso gli scatti fotografici
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