Complesso di San Tommaso d’Aquino
Storia e architettura
Il Complesso di San Tommaso d’Aquino si trovava tra Via Medina e Via Toledo, nel luogo oggi occupato dai palazzi dell’Intendenza di Finanza e della Banca Nazionale del Lavoro.
La prima persona a paventare la sua costruzione fu Francesco d’Avalos d’Aquino, marchese di Vasto e Pescara, che, alla sua morte (1503) donò i suoi averi per la realizzazione di una chiesa da dedicare a Santa Maria della Fede con all’interno un altare dedicato a San Tommaso d’Aquino, illustre membro della sua famiglia. Le sue intenzioni, però furono ignorate per molto tempo, anche se nel 1534 Laura Sanseverino fece costruire un monastero femmine su alcuni terreni donati dal marito Alfoso d’Avalos, cugino di Francesco. La chiesa, invece, venne costruita nel 1537 grazie all’interessamento di Ferrante d’Avalos, figlio di Alfonso, che continuò l’opera dei genitori completando anche il monastero nel quale si insediarono frati domenicani.
Al tempo, quindi, l’ingresso principale del complesso si trovava di fronte alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Toledo, mentre la Chiesa di San Tommaso tra Castel Nuovo e Largo delle Corregge (l’attuale Via Medina).
Nel 1620 Fra’ Giuseppe Nuvolo e Niccolò Vaccaro operarono delle modifiche all’intera struttura aggiungendo il chiostro e, forse, anche la cupola della chiesa, tratto distintivo del frate architetto che già la aveva utilizzata per la Basilica di Santa Maria della Sanità e la Chiesa di San Sebastiano.
Nel 1656, durante l’epidemia di peste, il convento subì gravi danni a seguito di un violento temporale che allagò e indebolì le fondamenta a causa dei blocchi ai canali fognari causati dai cadaveri che vi venivano gettati. L’imponente crollo causò la perdita del chiostro e di gran parte del convento, poi ricostruiti, mentre la chiesa, lontana dal luogo del disastro, si salvò.
Ad inizio Ottocendo, durante il cosiddetto Decennio Francese, i frati vennero espulsi e l’università Università di Filosofia e Teologia, ospitata all’interno del complesso, fu soppressa per trasformare in appartamenti privati i piani superiori e in botteghe e magazzini gli ambienti al piano terra o esterni. In uno di questi, nel 1861, fu aperto il teatro Goldoni.
Destino peggiore toccò al chiostro e alla chiesa, convertiti rispettivamente in mercato e fienile. L’edificio religioso fu poi affidato alla Congrega della Scala Santa (altre fonti riportano la Congrega di Santa Maria del Carmine e dei Santi Alberto e Teresa) che se ne occupò dal 1810 al 1818, anno in cui passò alla Congrega dei Santi Michele e Raffaele. Negli ultimi anni del XIX secolo la chiesa fu gestita, fino alla demolizione dall’Ordine dei Servi di Maria.
La zona, che già era stata inserita nei progetti di risanamento urbano di fine Ottocento, fu bonificata negli anni Trenta del Novecento dal regime fascista per costruire un nuovo quartiere, il rione Carità; le demolizioni, nonostante i tentativi di salvataggio, non risparmiarono la chiesa che fu demolita insieme al monastero nel 1932, mentre la congrega dei Servi di Maria fu trasferita presso la Chiesa di San Pietro a Majella.
Nel 1934, una nuova chiesa, dedicata alla Santissima Trinità e a San Tommaso d’Aquino, venne costruita tra il Vomero e Chiaia, in Via Tasso, grazie all’interessamento del cardinale Alessio Ascalesi. Nella nuova sede vennero trasferiti il portale in piperno, i capitelli, le cornici e le zoccolature dell’antico edificio religioso, mentre la facciata fu ricostruita seguendo il progetto originario.
La prima persona a paventare la sua costruzione fu Francesco d’Avalos d’Aquino, marchese di Vasto e Pescara, che, alla sua morte (1503) donò i suoi averi per la realizzazione di una chiesa da dedicare a Santa Maria della Fede con all’interno un altare dedicato a San Tommaso d’Aquino, illustre membro della sua famiglia. Le sue intenzioni, però furono ignorate per molto tempo, anche se nel 1534 Laura Sanseverino fece costruire un monastero femmine su alcuni terreni donati dal marito Alfoso d’Avalos, cugino di Francesco. La chiesa, invece, venne costruita nel 1537 grazie all’interessamento di Ferrante d’Avalos, figlio di Alfonso, che continuò l’opera dei genitori completando anche il monastero nel quale si insediarono frati domenicani.
Al tempo, quindi, l’ingresso principale del complesso si trovava di fronte alla Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Toledo, mentre la Chiesa di San Tommaso tra Castel Nuovo e Largo delle Corregge (l’attuale Via Medina).
Nel 1620 Fra’ Giuseppe Nuvolo e Niccolò Vaccaro operarono delle modifiche all’intera struttura aggiungendo il chiostro e, forse, anche la cupola della chiesa, tratto distintivo del frate architetto che già la aveva utilizzata per la Basilica di Santa Maria della Sanità e la Chiesa di San Sebastiano.
Nel 1656, durante l’epidemia di peste, il convento subì gravi danni a seguito di un violento temporale che allagò e indebolì le fondamenta a causa dei blocchi ai canali fognari causati dai cadaveri che vi venivano gettati. L’imponente crollo causò la perdita del chiostro e di gran parte del convento, poi ricostruiti, mentre la chiesa, lontana dal luogo del disastro, si salvò.
Ad inizio Ottocendo, durante il cosiddetto Decennio Francese, i frati vennero espulsi e l’università Università di Filosofia e Teologia, ospitata all’interno del complesso, fu soppressa per trasformare in appartamenti privati i piani superiori e in botteghe e magazzini gli ambienti al piano terra o esterni. In uno di questi, nel 1861, fu aperto il teatro Goldoni.
Destino peggiore toccò al chiostro e alla chiesa, convertiti rispettivamente in mercato e fienile. L’edificio religioso fu poi affidato alla Congrega della Scala Santa (altre fonti riportano la Congrega di Santa Maria del Carmine e dei Santi Alberto e Teresa) che se ne occupò dal 1810 al 1818, anno in cui passò alla Congrega dei Santi Michele e Raffaele. Negli ultimi anni del XIX secolo la chiesa fu gestita, fino alla demolizione dall’Ordine dei Servi di Maria.
La zona, che già era stata inserita nei progetti di risanamento urbano di fine Ottocento, fu bonificata negli anni Trenta del Novecento dal regime fascista per costruire un nuovo quartiere, il rione Carità; le demolizioni, nonostante i tentativi di salvataggio, non risparmiarono la chiesa che fu demolita insieme al monastero nel 1932, mentre la congrega dei Servi di Maria fu trasferita presso la Chiesa di San Pietro a Majella.
Nel 1934, una nuova chiesa, dedicata alla Santissima Trinità e a San Tommaso d’Aquino, venne costruita tra il Vomero e Chiaia, in Via Tasso, grazie all’interessamento del cardinale Alessio Ascalesi. Nella nuova sede vennero trasferiti il portale in piperno, i capitelli, le cornici e le zoccolature dell’antico edificio religioso, mentre la facciata fu ricostruita seguendo il progetto originario.
Dove si trovava - mappa
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