Obelisco o Guglia dell’Immacolata
Storia e architettura
L’obelisco o Guglia dell’Immacolata si trova in Piazza del Gesù Nuovo.
La sua realizzazione risale al XVIII secolo (i lavori cominciarono nel 1746), quando i Gesuiti, nella persona di Francesco Pepe, affidarono il progetto Giuseppe Genoino, che affidò poi i lavori a Giuseppe Di Fiore, aiutato dall’architetto gesuita Filippo D’Amato, tra i più famosi architetti Italiani del tempo.
Inizialmente, nel luogo scelto per costruire la guglia era collocato il monumento equestre dedicato a Filippo V, opera del 1705 di Lorenzo Vaccaro, per celebrare la visita del re in città avvenuta nel 1702. La statua, però, venne distrutta dal popolo solo due anni dopo la sua collocazione, quando, nel 1707, le truppe austriache occuparono Napoli.
La nuova struttura, pagata grazie ad una colletta tra i fedeli, si sviluppa verso l’alto ispirandosi alle numerose macchine da festa del tempo ed è decorata da sculture marmoree di Matteo Bottiglieri e Francesco Pagano.
Dopo il basamento decorato con fiori e panneggi, si sale al primo livello, dove sono scolpite quattro coppie di puttini con gli emblemi dell’Immacolata. Più in alto, troviamo i ritratti di quattro santi gesuiti: Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Saverio, opera del Bottiglieri, San Francesco Regis e San Francesco Borgia, realizzati dal Pagano. Alla stessa altezza sono scolpiti i rilievi con quatto episodi evangelici legati a Maria: l’Annunciazione, la Nascita della Vergine, la Presentazione al Tempio e l’Assunzione. Spostandosi verso l’apice, troviamo altri quattro puttini e, successivamente, due ovali con i busti di San Luigi Gonzaga e San Stanislao Kotska; infine, in cima, è posta la statua in rame dell’Immacolata.
Alcune leggende, associate al monumento, narrano che, insieme agli episodi biblici e alle sculture dei vari santi, siano state realizzate anche figure blasfeme richiamanti la morte che, però, sarebbero visibili solo dal alcune angolazione e in particolari condizioni di luce.
La sua realizzazione risale al XVIII secolo (i lavori cominciarono nel 1746), quando i Gesuiti, nella persona di Francesco Pepe, affidarono il progetto Giuseppe Genoino, che affidò poi i lavori a Giuseppe Di Fiore, aiutato dall’architetto gesuita Filippo D’Amato, tra i più famosi architetti Italiani del tempo.
Inizialmente, nel luogo scelto per costruire la guglia era collocato il monumento equestre dedicato a Filippo V, opera del 1705 di Lorenzo Vaccaro, per celebrare la visita del re in città avvenuta nel 1702. La statua, però, venne distrutta dal popolo solo due anni dopo la sua collocazione, quando, nel 1707, le truppe austriache occuparono Napoli.
La nuova struttura, pagata grazie ad una colletta tra i fedeli, si sviluppa verso l’alto ispirandosi alle numerose macchine da festa del tempo ed è decorata da sculture marmoree di Matteo Bottiglieri e Francesco Pagano.
Dopo il basamento decorato con fiori e panneggi, si sale al primo livello, dove sono scolpite quattro coppie di puttini con gli emblemi dell’Immacolata. Più in alto, troviamo i ritratti di quattro santi gesuiti: Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Saverio, opera del Bottiglieri, San Francesco Regis e San Francesco Borgia, realizzati dal Pagano. Alla stessa altezza sono scolpiti i rilievi con quatto episodi evangelici legati a Maria: l’Annunciazione, la Nascita della Vergine, la Presentazione al Tempio e l’Assunzione. Spostandosi verso l’apice, troviamo altri quattro puttini e, successivamente, due ovali con i busti di San Luigi Gonzaga e San Stanislao Kotska; infine, in cima, è posta la statua in rame dell’Immacolata.
Alcune leggende, associate al monumento, narrano che, insieme agli episodi biblici e alle sculture dei vari santi, siano state realizzate anche figure blasfeme richiamanti la morte che, però, sarebbero visibili solo dal alcune angolazione e in particolari condizioni di luce.
Dove si trova - mappa
Foto
[foldergallery folder=”wp-content/../monumenti/guglie/obeliscoGugliaImmacolata/foto” title=”Gallery title”]
Le foto sono tratte da: Wikipedia
Le foto sono tratte da: Wikipedia