Palazzo Calabritto
Storia e architettura
Palazzo Calabritto si trova in piazza dei Martiri 30 e in via Calabritto 20.
Alla fine del XVII secolo, il terreno su cui oggi sorge l’edificio, venne acquistato dal duca di Calabritto dai monaci del vicino convento di Santa Maria a Cappella e utilizzato, appunto, per l’edificazione della sua dimora. Nel 1736, anche se ancora incompiuta, questa passò in eredità al figlio Vincenzo che dovette cederla per 34700 ducati a re Carlo che si era innamorato del nuovo palazzo. Però, essendo quello del sovrano solo un capriccio, questi non si preoccupò di terminarne la costruzione finchè, nel 1754, la famiglia Tuttavilla riuscì a rientrarne in possesso restituendo al re la somma pagata e, due anni più tardi, dei lavori di ristrutturazione vennero affidati all’architetto Luigi Vanvitelli.
Così, venne rifatta la facciata e i due portali d’ingresso; quello che si apre sulla piazza si presenta fiancheggiato da due colonne scanalate e da altrettanti pilastri con capitelli ionici che sorreggono la lunga balconata del piano nobile. Le finestre che si affacciano su di essa, inoltre, hanno alternativamente timpani triangolari e ad arco, a loro volta sormontati da alcuni oblò e dalle aperture dei piani superiori. Il basamento, invece, presenta gli ingressi delle botteghe, con i balconi sovrastanti che replicano il disegno dell’ultimo piano. Su via Calabritto, invece, il portale d’ingresso presenta una rosta a raggiera e due colonne che, prima del capitello, terminano con delle teste femminili da cui pendono delle ghirlande decorative. Infine, anche l’interno venne ritoccato dal Vanvitelli che costruì il cortile con doppio atrio e la scalinate che, dalla parte di piazza Vittoria, non segue il palazzo nella sua altezza, ma conduce ad un terrazzamento con vista sul golfo.
Successivamente, l’intero edificio venne suddiviso e venduto separatamente alla Società Immobiliare, alla famiglia Caracciolo e a quella Piscicelli che affidarono quasi tutto il primo piano alla Chiesa Anglicana, finchè i religiosi si trasferirono in via Cappella Vecchia. Inoltre, come ricordato da un’epigrafe posta sulla facciata dalla parte della piazza, il palazzo venne abitato il giurista Alberto Marghieri.
Alla fine del XVII secolo, il terreno su cui oggi sorge l’edificio, venne acquistato dal duca di Calabritto dai monaci del vicino convento di Santa Maria a Cappella e utilizzato, appunto, per l’edificazione della sua dimora. Nel 1736, anche se ancora incompiuta, questa passò in eredità al figlio Vincenzo che dovette cederla per 34700 ducati a re Carlo che si era innamorato del nuovo palazzo. Però, essendo quello del sovrano solo un capriccio, questi non si preoccupò di terminarne la costruzione finchè, nel 1754, la famiglia Tuttavilla riuscì a rientrarne in possesso restituendo al re la somma pagata e, due anni più tardi, dei lavori di ristrutturazione vennero affidati all’architetto Luigi Vanvitelli.
Così, venne rifatta la facciata e i due portali d’ingresso; quello che si apre sulla piazza si presenta fiancheggiato da due colonne scanalate e da altrettanti pilastri con capitelli ionici che sorreggono la lunga balconata del piano nobile. Le finestre che si affacciano su di essa, inoltre, hanno alternativamente timpani triangolari e ad arco, a loro volta sormontati da alcuni oblò e dalle aperture dei piani superiori. Il basamento, invece, presenta gli ingressi delle botteghe, con i balconi sovrastanti che replicano il disegno dell’ultimo piano. Su via Calabritto, invece, il portale d’ingresso presenta una rosta a raggiera e due colonne che, prima del capitello, terminano con delle teste femminili da cui pendono delle ghirlande decorative. Infine, anche l’interno venne ritoccato dal Vanvitelli che costruì il cortile con doppio atrio e la scalinate che, dalla parte di piazza Vittoria, non segue il palazzo nella sua altezza, ma conduce ad un terrazzamento con vista sul golfo.
Successivamente, l’intero edificio venne suddiviso e venduto separatamente alla Società Immobiliare, alla famiglia Caracciolo e a quella Piscicelli che affidarono quasi tutto il primo piano alla Chiesa Anglicana, finchè i religiosi si trasferirono in via Cappella Vecchia. Inoltre, come ricordato da un’epigrafe posta sulla facciata dalla parte della piazza, il palazzo venne abitato il giurista Alberto Marghieri.
Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001
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