Palazzo Caracciolo di Santobuono

Storia e architettura
Palazzo Santobuono si trova in via San Giovanni a Carbonara 111 e 112.
Il palazzo sorse nel luogo che un tempo veniva utilizzato per giostre e tornei, ma anche per risolvere delle liti personali con duelli all’ultimo sangue. Infatti, proprio per assistere a questi eventi, nel XIII secolo, Carlo I d’Angiò decise di far costruire un palazzo che, successivamente, il nipote Roberto, donò a Landolfo Caracciolo per i servigi prestati alla corona.
Successivamente, nel 1584, Giovan Antonio Caracciolo, principe di Santobuono, acquistò l’edificio e alcuni palazzi circostanti per edificarvi la propria dimora. La facciata venne realizzata su quattro livelli e, in quello più basso, si aprono un paio di portali dai quali si accede ad un porticato in piperno e ad un giardino (ancora oggi sono visibili alcuni elementi della vecchia struttura trecentesca).
In seguito, nel 1647, durante la rivolta di Masaniello, la nobile famiglia Caracciolo, mal vista dalla plebe, fu costretta a fuggire e il palazzo venne saccheggiato. Alla morte del capopopolo, Enrico II duca di Guisa, appartenente alla casa dei Lorena, che pretendeva il regno come discendente di Roberto d’Angiò, approfittò della situazione confusa per diventare la nuova guida del popolo e fu fatto alloggiare proprio nella ex residenza dei Caracciolo di santo buono. Alla fine, il suo tentativo fallì e, appena arrivate le truppe del nuovo vicerè don Giovanni d’Austria nel 1648, fu costretto a rifugiarsi nell’isolotto di Nisida. Così, dopo altri saccheggi, nel 1692, l’edificio ritornò in possesso dei precedenti proprietari che, nel giro di poco tempo, lo abbellirono e lo arricchirono inserendovi una preziosa collezione di opere d’arte.
Tra gli ospiti illustri del palazzo si susseguirono Antonio Giudice, principe di Cellamare, e la moglie Anna Camilla Borghese nel 1693, ed Emanuele Maurizio di Guisa-Lorena, meglio ricordato come principe d’Elbeuf, arrivato a Napoli per comandare un reggimento di cavalleria dell’esercito reale e, suo malgrado, passato alla storia per aver scoperto i primi resti di Ercolano mentre effettuava degli scavi per la costruzione di un pozzo freatico; infine, durante il periodo francese, il generale Championnet vi abitò per un breve periodo prima di essere richiamato in patria nel 1799.
In seguito l’edificio rimase disabitato, sebbene ancora in possesso della famiglia Caracciolo. In seguito venne utilizzato dal Ministero degli interni come caserma e, poi, venduto separatamente a varie attività commerciali e a privati.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

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