Palazzo Caracciolo di Torella o Carafa di Policastro

Storia e architettura
facciata palazzo caracciolo di Torella o carafa di policastro a napoliIl palazzo Caracciolo di Torella si trova in largo Ferrandina 1.
L’edificio venne costruito nel XVIII secolo per volontà del duca di Forlì (o conte di Policastro Carafa) che, successivamente, lo vendette alla famiglia dei Caracciolo di Torella. Questo luogo visse il suo periodo di massimo splendore agli inizi del XIX secolo, quando uno dei nobili proprietari sposò la Figlia di Giuseppe Cristoforo Saliceti, capo della polizia di Giuseppe Bonaparte. La donna, infatti, era solita organizzare numerose feste e ricevimenti ai quali partecipava gran parte dell’elite cittadina. Inoltre, verso metà dello stesso secolo, è noto che il palazzo custodiva un’interessante biblioteca ricca di notizie storiche sul regno e sulla città, mentre nel 1851 vi soggiornarono il barone Emanuele Calcagno e lo storico William Temple.
In seguito, dopo che l’edificio fu di proprietà di Giuseppe Caracciolo, sindaco di Napoli tra il 1889 e il 1891, iniziò il declino della famiglia che furono costretti a vendere il loro possedimento che venne frazionato e adibito a condominio.
La facciata, composta da tre piani attraversati da lesene con capitelli ionici, presenta un basamento su cui si aprono balconi rettangolari con ringhiere in ferro e il portale principale, inquadrato tra colonne che sorreggono l’architrave, a sua volta sormontato da un testa di leone che sostiene lo stemma nobiliare. Al piano nobile, ritroviamo nel balcone centrale la stessa struttura appena descritta, mentre le altre finestre presentano balaustre e timpani alternativamente ad arco e rettangolari. All’ultimo piano, invece, troviamo sette aperture con ringhiere e, per finire, un cornicione sorretto da mensole con basi scanalate. All’interno, invece, troviamo l’atrio con archi ribassatati e decorato in stucco, dal quale si accede al cortile rettangolare che anticipa la scala principale in pietra lavica, ai cui piedi sono poste due statue di gusto classico.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

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