Palazzo Casacalenda

Storia e architettura
facciata palazzo casacalenda napoliIl palazzo Casacalenda si trova in piazza San Domenico Maggiore 17.
L’edificio venne costruito e ristrutturato, a partire da una struttura già esistente, dall’architetto Mario Gioffredo tra il 1754 e il 1762, per volere della famiglia dei De Sangro, duchi di Casacalenda.
In seguito, venne richiesto anche l’intervento di Luigi Vanvitelli che, nel 1766, si preoccupò di restaurare il palazzo per coprire alcune lesione che erano apparse all’interno. Infatti, il suo intervento fu incentrato solamente sul cortile, dove costruì un portico con quattro archi, a loro volta sorretti da otto colonne in piperno che erano state trovate durante gli scavi per la realizzazione della struttura.
La facciata, attribuibile interamente al Gioffedo, è composta da tre livelli: nel primo troviamo colonne e capitelli di ordine ionico, mentre nel secondo i balconi e le finestre, con arcate e timpani triangolari, sono intervallate da lesene che terminano anch’esse con capitelli ionici. Il terzo piano, invece, venne aggiunto nel XIX secolo.
Gli interni del piano nobile erano decorati con affreschi di fedele Fischetti raffiguranti il Sogno di Alessandro, poi spostati al museo di Capodimonte, mentre i locali che si affacciano sul cortile erano adibiti a scuderie. Sempre dal cortile, si accedeva d una scala a chiocciola che conduceva ad antichi cunicoli che, passando nel sottosuolo della città, conducevano sino al mare.
Oggi, la facciata non appare così com’era subito dopo la sua costruzione, ma venne privata di una parte laterale nel1922, quando venne aperta via Mezzocannone. In quell’occasione, vennero alla luce numerosi reperti, tra cui i resti della chiesa paleocristiana di Santa Maria della Rotonda, così chiamata per via della sua pianta circolare, e le fondamenta del tempio di Vesta. La chiesa venne distrutta per volere del duca di
Casacalenda di Sangro per permettere la costruzione del palazzo anche se, probabilmente, aveva già subito ingenti danni durante il terremoto del 1668.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

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