Palazzo Fabrizio Colonna
Storia e architettura
Palazzo Fabrizio Colonna si trova in via Mezzocannone 8.
L’edificio venne costruito agli inizi nel XV secolo, per volontà di Artusio Pappacoda, consigliere e siniscalco di re Ladislao, e rimase proprietà della famiglia fino al 1465 quando decisero di fittarlo e, sei anni più tardi, di venderlo definitivamente al conte Orso de Orsinis di Nola. Quest’ultimo si preoccupò di abbellirlo e ingrandirlo con l’acquisto (1473) di alcuni giardini circostanti. Il conte non, sposato con Elisabetta dell’Anguillara, ebbe due figli da una relazione extraconiugale con la cameriera Santa de Patrica, i quali furono comunque riconosciuti legittimi grazie all’intervento del re e di papa Sisto IV. In seguito, la proprietà venne ereditata dal figlio Raimondo che, però, dovette subire la confisca dei beni quando venne a galla la verità sulle sue origini.
Così, il palazzo venne affidato e Giulio Orsini, finchè nel 1496, con l’arrivo in città di Carlo VII, l’edificio venne restituito ad un erede dei primi proprietari, cioè Troiano Pappacoda. Successivamente, tornati gli aragonesi e re Ferrante II, l’immobile venne affidato a Fabrizio Colonna che eliminò qualsiasi riferimento alla famiglia Orsini. Ala sua morte, i successivi eredi, ovvero il figlio Ascanio e il nipote Marco Antonio, snobbarono l’edificio non abitandovi quasi mai. Infatti, nel 1543 vi abitò addirittura il sultano di Tunisi Muley-Hassen, ospite del vicerè don Pedro de Toledo, e, nel 1612, il palazzo venne acquistato dal consigliere Felice De Gennaro. Nel 1623, il nipote Andrea ereditò il patrimonio di famiglia, ma alla sua morte, questo fu confiscato dal Sacro Regio Consiglio su richiesta dei Creditori. Così, nel 1646 i proprietari divennero alcuni fratelli mercanti, tra cui vi era un certo don Aniello Piscopo.
La storia del palazzo prosegue nei secoli senza particolari avvenimenti d’interesse, fino ad arrivare nel XIX secolo, quando lo ritroviamo in possesso in parte della famiglia Mirra e dei discendenti della famiglia Piscopo. Ad esse si aggiunsero le famiglie Ircibelli, del Porto e Carlino che vi rimasero fino al periodo del Risanamento, quando si decise per l’abbattimento della struttura.
Di essa rimane solo l’antico portale, compresi gli stemmi della famiglia Colonna, trasferito nella facciata laterale dell’università nel 1920, come ricordato dall’epigrafe posta a ricordo dell’avvenimento e del palazzo ormai scomparso.
L’edificio venne costruito agli inizi nel XV secolo, per volontà di Artusio Pappacoda, consigliere e siniscalco di re Ladislao, e rimase proprietà della famiglia fino al 1465 quando decisero di fittarlo e, sei anni più tardi, di venderlo definitivamente al conte Orso de Orsinis di Nola. Quest’ultimo si preoccupò di abbellirlo e ingrandirlo con l’acquisto (1473) di alcuni giardini circostanti. Il conte non, sposato con Elisabetta dell’Anguillara, ebbe due figli da una relazione extraconiugale con la cameriera Santa de Patrica, i quali furono comunque riconosciuti legittimi grazie all’intervento del re e di papa Sisto IV. In seguito, la proprietà venne ereditata dal figlio Raimondo che, però, dovette subire la confisca dei beni quando venne a galla la verità sulle sue origini.
Così, il palazzo venne affidato e Giulio Orsini, finchè nel 1496, con l’arrivo in città di Carlo VII, l’edificio venne restituito ad un erede dei primi proprietari, cioè Troiano Pappacoda. Successivamente, tornati gli aragonesi e re Ferrante II, l’immobile venne affidato a Fabrizio Colonna che eliminò qualsiasi riferimento alla famiglia Orsini. Ala sua morte, i successivi eredi, ovvero il figlio Ascanio e il nipote Marco Antonio, snobbarono l’edificio non abitandovi quasi mai. Infatti, nel 1543 vi abitò addirittura il sultano di Tunisi Muley-Hassen, ospite del vicerè don Pedro de Toledo, e, nel 1612, il palazzo venne acquistato dal consigliere Felice De Gennaro. Nel 1623, il nipote Andrea ereditò il patrimonio di famiglia, ma alla sua morte, questo fu confiscato dal Sacro Regio Consiglio su richiesta dei Creditori. Così, nel 1646 i proprietari divennero alcuni fratelli mercanti, tra cui vi era un certo don Aniello Piscopo.
La storia del palazzo prosegue nei secoli senza particolari avvenimenti d’interesse, fino ad arrivare nel XIX secolo, quando lo ritroviamo in possesso in parte della famiglia Mirra e dei discendenti della famiglia Piscopo. Ad esse si aggiunsero le famiglie Ircibelli, del Porto e Carlino che vi rimasero fino al periodo del Risanamento, quando si decise per l’abbattimento della struttura.
Di essa rimane solo l’antico portale, compresi gli stemmi della famiglia Colonna, trasferito nella facciata laterale dell’università nel 1920, come ricordato dall’epigrafe posta a ricordo dell’avvenimento e del palazzo ormai scomparso.
Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001
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