Palazzo Conca
Storia e architettura
Palazzo Conca è situato in piazza Bellini, al civico 63.
La storia dell’edificio comincia nel 1488, quando il conte di Venafro, Scipione Pandone, comprò una casa che fece restaurare da Lionetto da Siano, noto intagliatore di pietre. In seguito, la proprietà passò al nipote Enrico che, però, vide i suoi beni confiscati dai reali a causa dei numerosi debiti contratti a causa della sue spese esagerate. Alla fine, il 30 giugno 1532, Carlo V donò il palazzo al marchese Ferdinado Alarçon come ringraziamento per la fedeltà dimostrata nei confronti della famiglia reale.
Il marchese, prima di adibirlo a propria dimora, acquistò un palazzo vicino e una parte del giardino del monastero di San Sebastiano. In seguito, il nipote Ferdinando, una volta ereditata la struttura, comprò altri terreni sulla Strada di Santa Maria di Costantinopoli per costruire un nuovo edificio. A questo punto, però, quando il palazzo era ancora in via di realizzazione, intervennero i padri di San Pietro a Majella che vantavano crediti nei confronti della famiglia Alarçon. Così, il tribunale decise di mettere all’asta il palazzo che fu acquistato da don Giulio Cesare di Capua, principe di Conca. In seguito, il figlio Matteo, utilizzò l’edificio per incontri mondani e letterari che videro anche la presenza di Giovan Battista Marino e Torquato Tasso. Inoltre, alla fine del XVII, il palazzo fu dotato, di fronte alla facciata, di uno spazio coperto per il gioco della racchetta e del pallone e di un ponte levatoio che, di comune accordo con i monaci, conduceva alla vicina chiesa. Successivamente, la proprietà del palazzo passò in eredità al figlio di Matteo, Giulio Cesare, che si trovò a dover fare i conti con la disastrata situazione finanziaria lasciata dal padre. Alla sua morte, sopraggiunta per una caduta da cavallo, il figlio Matteo fu costretto a vendere le sue proprietà. Questo, però, non gli evitò la rovina e morì in carcere nel 1632.
L’edificio venne concesso in affitto prima alla famiglia Orsini e, poi, alle monache di Sant’Antonio da Padova. Qualche anno più tardi, nel 1637, la proprietà venne messa all’asta e il nuovo proprietario, don Antonio Orsino, dopo aver sborsato 27000 ducati, cedette il palazzo alle monache di Sant’Antonio per la stessa cifra. Nel 1658, le suore ottennero l’autorizzazione per annettere l’edificio al monastero e decisero di costruire un muro che collegasse le due strutture.
Nel 1694, un terremotò arrecò gravi danni al palazzo che fu demolito quasi del tutto, tranne che per la parte che si affaccia in piazza Bellini. In essa sono stati incorporati il portale a sesto ribassato e una lapide.
La storia dell’edificio comincia nel 1488, quando il conte di Venafro, Scipione Pandone, comprò una casa che fece restaurare da Lionetto da Siano, noto intagliatore di pietre. In seguito, la proprietà passò al nipote Enrico che, però, vide i suoi beni confiscati dai reali a causa dei numerosi debiti contratti a causa della sue spese esagerate. Alla fine, il 30 giugno 1532, Carlo V donò il palazzo al marchese Ferdinado Alarçon come ringraziamento per la fedeltà dimostrata nei confronti della famiglia reale.
Il marchese, prima di adibirlo a propria dimora, acquistò un palazzo vicino e una parte del giardino del monastero di San Sebastiano. In seguito, il nipote Ferdinando, una volta ereditata la struttura, comprò altri terreni sulla Strada di Santa Maria di Costantinopoli per costruire un nuovo edificio. A questo punto, però, quando il palazzo era ancora in via di realizzazione, intervennero i padri di San Pietro a Majella che vantavano crediti nei confronti della famiglia Alarçon. Così, il tribunale decise di mettere all’asta il palazzo che fu acquistato da don Giulio Cesare di Capua, principe di Conca. In seguito, il figlio Matteo, utilizzò l’edificio per incontri mondani e letterari che videro anche la presenza di Giovan Battista Marino e Torquato Tasso. Inoltre, alla fine del XVII, il palazzo fu dotato, di fronte alla facciata, di uno spazio coperto per il gioco della racchetta e del pallone e di un ponte levatoio che, di comune accordo con i monaci, conduceva alla vicina chiesa. Successivamente, la proprietà del palazzo passò in eredità al figlio di Matteo, Giulio Cesare, che si trovò a dover fare i conti con la disastrata situazione finanziaria lasciata dal padre. Alla sua morte, sopraggiunta per una caduta da cavallo, il figlio Matteo fu costretto a vendere le sue proprietà. Questo, però, non gli evitò la rovina e morì in carcere nel 1632.
L’edificio venne concesso in affitto prima alla famiglia Orsini e, poi, alle monache di Sant’Antonio da Padova. Qualche anno più tardi, nel 1637, la proprietà venne messa all’asta e il nuovo proprietario, don Antonio Orsino, dopo aver sborsato 27000 ducati, cedette il palazzo alle monache di Sant’Antonio per la stessa cifra. Nel 1658, le suore ottennero l’autorizzazione per annettere l’edificio al monastero e decisero di costruire un muro che collegasse le due strutture.
Nel 1694, un terremotò arrecò gravi danni al palazzo che fu demolito quasi del tutto, tranne che per la parte che si affaccia in piazza Bellini. In essa sono stati incorporati il portale a sesto ribassato e una lapide.
Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001
Dove si trova - mappa
Vorrei sapere se in questo palazzo si trova la tomba di Hernando I Alarcon e se no dove si trova. Grazie
E’ possibile sapere se esiste qualche testimonianza degli Alarcon o dove è la tomba di Ferdinando I? Grazie