Palazzo Doria d’Angri

Storia
facciata palazzo doria d'angri napoliIl palazzo Doria d’Angri si trova in piazza Sette Settembre 28.
La sua storia comincia nel 1755, quando Marcantonio Doria, per costruire il palazzo di famiglia, decise di acquistare nella zona delle costruzioni preesistenti. Per alcuni ritardi burocratici, il Doria non vide mai l’inizio, né tantomeno il compimento, del suo progetto, visto che la morte lo raggiunse nel 1760. Così, fu il figlio Giovan Carlo a portare avanti il progetto del padre che affidò l’opera all’architetto Luigi Vanvitelli che, nel 1769, ultimò il progetto. I lavori, però, proseguirono a rilento sia in seguito alla morte dello stesso Vanvitelli (1773), che lasciò l’attività al figlio Carlo, sia perché nel 1778 ci si accorse che il progetto prevedeva erroneamente l’occupazione di parte di suolo che non faceva parte delle proprietà della famiglia Doria. Per questo motivo, si dovette aspettare che la Deputazione della Fortificazione vagliasse le nuove richieste e desse il suo consenso a continuare i lavori. Accanto ai due architetti Vanvitelli, inoltre, si alternarono anche Ferdinando Fuga, che nel 1773 diresse i lavori, e Mario Gioffredo, che tra il 1778 e il 1780 completò la costruzione dell’edificio.
Storicamente, il palazzo è ricordato perché nel 1860 venne ospitato Garibaldi che qui, come ricordato dall’epigrafe posta sulla facciata nell’angolo con via Toledo, annuncio l’annessione del Regno delle Due Sicilie all’Italia (era il 7 settembre, data che in seguito diede il nome alla piazza). Successivamente, dopo il 1940, il palazzo ospitò il provveditorato Agli Studi e, in seguito, una succursale dell’Istituto Magistrale “Pimetel Fonseca”.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

Architettura e interni
Il palazzo è dotato di pianta trapezoidale, mentre la facciata principale si innalza sul lato più corto. Il portale d’ingresso è incorniciato tra due coppie di colonne toscane che sorreggono il balcone d’onore al primo piano, ai cui lati si trovano altre colone con capitelli ionici che sorreggono il timpano nel quale è posto lo stemma della famiglia Doria, realizzato completamente in marmo. In origine, lo stemma prevedeva anche un’aquila con le ali spiegate che, come accaduto anche per due statue poste sulla balaustra dell’attico, andò distrutta durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Sempre al primo piano, agli estremi della facciata, si aprono altri due balconi con balaustra, anch’essi contornati da colonne, sormontati da alcuni riquadri. Per quanto riguarda le due facciata laterali, su di esse si aprono numerose finestre con balcone, sormontate, al piano nobile, da timpani curvi e triangolari, e al piano inferiore incastonate tra fasce e soglie sporgenti. Infine, sul lato meno esposto, gli elementi architettonici ricalcano più o meno quelli della facciata principale anche se, per ragioni di spazio, sono sporgono meno dal corpo principale.
Dall’ingresso si accede al vestibolo, con volta a botte, attraverso il quale si raggiunge il primo cortile, a pianta esagonale, nel quale si alternano, come nell’ambiente precedente, nicchie e pilastri. Di seguito, un altro passaggio conduce al secondo cortile, questa volta a pianta quadrata che conduce alla scala con la quale è possibile raggiungere gli interni. Ad ogni pianerottolo si aprono alcune nicchie su cui poggiano delle statue, mentre ogni porta è sormontata da decorazioni e dagli stemmi della famiglia Doria.
In origine, nel palazzo vi erano solo due appartamenti, uno al piano nobile e uno a quello superiore. Il primo presentava opere di Fedele Fischetti che, oltre le decorazioni e gli arredi, nel 1784 realizzò insieme ad Alessandro Fischetti e a Costantino Desiderio (al quale attribuita la rappresentazione dell’Aurora) alcune scene allegoriche, mentre le cariatidi in stucco sono opera di Angelo Viva. Il secondo, invece, presentava opere di Giacinto Diano e Gerolamo Starace, ormai andate perdute. Oggi, le uniche sale in cui rimangono delle decorazioni sono il gabinetto degli specchi e la galleria a forma ellittica, ambiente utilizzato per ospitare feste e concerti, alle cui pareti troviamo un altro affresco di Fedele Fischetti che raffigura Lamba Doria di ritorno da una vittoria contro Venezia, essendo stato quest’ultimo Capitano al servizio dei quattro dogi di Genova, anch’essi presenti nella sala. Inoltre, questo appartamento comprendeva anche una cappella, della quale ancora rimane l’altare settecentesco e affreschi raffiguranti le Virtù e lo Spirito Santo (seppur deturpato dalle porte aperte in epoche successive), mentre è andato perduto quello in cui era rappresentata la Madonna delle Grazie.
Infine, alcune delle altre opere che decoravano il palazzo, vennero battute all’asta nel 1940. La collezione comprendeva maioliche, tappeti, porcellane, dipinti antichi, mobili, ecc… Tra queste citiamo Sant’Orsola Trafitta, acquistata dalla Banca Commerciale Italiana, opera del Caravaggio, gli arazzi di Philippe Behagle e il Ritratto Equestre di Giovan Carlo Doria, opera del Rubens.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

Dove si trova - mappa

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