Palazzo Firrao
Storia e architettura
Palazzo Firrao si trova in via Costantinopoli 98.
Venne edificato nei primi anni del XVI secolo, ma se ne ignora l’artefice. Anche per quanto riguarda il restauro del secolo successivo, si può solo tentare di attribuire il progetto a Cosimo Fanzago, messo in opera di Jacopo Lazzari e dal Figlio Dionisio.
La famiglia nobile dei Firrao arrivò a Napoli ad Inizio Seicento e, acquistato il palazzo, decise di ristrutturarle per renderlo conforme al gusto del tempo. I lavori riguardarono soprattutto la facciata e sono ricordati da un’epigrafe posta all’ingresso, anche se questa non ci dà nessuna indicazione temporale sul periodo in cui venne effettuato l’intervento.
La facciata, in piperno, è attraversata nella parte inferiore da sei pilastri con capitelli ionici, con tre finestre per lato. Inoltre, alle estremità, due nicchie ospitano statue che rappresentano figure femminili. Il portale presenta un timpano spezzato sormontato da due figure: a sinistra, troviamo la Magnanimità, coronata e recante una cornucopia di frutti a cavallo di un leone, mentre a destra è posta la Liberalità, con un’aquila sul capo e, al suo fianco, una cornucopia con gemme e monete. Al centro, lo stemma della famiglia Firrao.
Al secondo piano, finestre e balconi sono intramezzate da paraste ornate da elementi militari (panoplie), realizzate per indicare le abilità belliche della famiglia. Inoltre,ogni finestra presenta un timpano nei quali sono posti, in segno di devozione ai reali spagnoli, i busti di sette re. Da sinistra troviamo Filippo IV, Filippo II, Ferdinando II, Carlo V, Ferdinando III, Filippo III e Carlo II. I timpani solo a loro volta separati da altre lesine con capitelli che sorreggono le armi della Famiglia Firrao. Sui basamenti che sorreggono questi ultimi elementi sono poste delle iscrizioni in latino che dovrebbero dare degli indizio per la composizione di un motto mai individuato. Infine, la facciata presenta le finestre dell’attico e il cornicione, unico elemento, insieme all’arco nel’atrio e alla scala che sia affaccia sul cortile, che risale al Cinquecento. Le opere sopradescritte, sono di incerta attribuzione, anche se potrebbero essere state realizzate da Dionisio Lazzari, ma anche da Giulio Mencaglia e dai suoi collaboratori Bernardo Landini e Giuliano Finelli.
Durante i secoli, il palazzo rischiò di essere distrutti durante la rivolta di Masaniello, mentre la proprietà fu ereditata dai Sanseverino di Bisignano che ristrutturarono il giardino, inserendo anche una fontana.
Venne edificato nei primi anni del XVI secolo, ma se ne ignora l’artefice. Anche per quanto riguarda il restauro del secolo successivo, si può solo tentare di attribuire il progetto a Cosimo Fanzago, messo in opera di Jacopo Lazzari e dal Figlio Dionisio.
La famiglia nobile dei Firrao arrivò a Napoli ad Inizio Seicento e, acquistato il palazzo, decise di ristrutturarle per renderlo conforme al gusto del tempo. I lavori riguardarono soprattutto la facciata e sono ricordati da un’epigrafe posta all’ingresso, anche se questa non ci dà nessuna indicazione temporale sul periodo in cui venne effettuato l’intervento.
La facciata, in piperno, è attraversata nella parte inferiore da sei pilastri con capitelli ionici, con tre finestre per lato. Inoltre, alle estremità, due nicchie ospitano statue che rappresentano figure femminili. Il portale presenta un timpano spezzato sormontato da due figure: a sinistra, troviamo la Magnanimità, coronata e recante una cornucopia di frutti a cavallo di un leone, mentre a destra è posta la Liberalità, con un’aquila sul capo e, al suo fianco, una cornucopia con gemme e monete. Al centro, lo stemma della famiglia Firrao.
Al secondo piano, finestre e balconi sono intramezzate da paraste ornate da elementi militari (panoplie), realizzate per indicare le abilità belliche della famiglia. Inoltre,ogni finestra presenta un timpano nei quali sono posti, in segno di devozione ai reali spagnoli, i busti di sette re. Da sinistra troviamo Filippo IV, Filippo II, Ferdinando II, Carlo V, Ferdinando III, Filippo III e Carlo II. I timpani solo a loro volta separati da altre lesine con capitelli che sorreggono le armi della Famiglia Firrao. Sui basamenti che sorreggono questi ultimi elementi sono poste delle iscrizioni in latino che dovrebbero dare degli indizio per la composizione di un motto mai individuato. Infine, la facciata presenta le finestre dell’attico e il cornicione, unico elemento, insieme all’arco nel’atrio e alla scala che sia affaccia sul cortile, che risale al Cinquecento. Le opere sopradescritte, sono di incerta attribuzione, anche se potrebbero essere state realizzate da Dionisio Lazzari, ma anche da Giulio Mencaglia e dai suoi collaboratori Bernardo Landini e Giuliano Finelli.
Durante i secoli, il palazzo rischiò di essere distrutti durante la rivolta di Masaniello, mentre la proprietà fu ereditata dai Sanseverino di Bisignano che ristrutturarono il giardino, inserendo anche una fontana.
Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001
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