Palazzo Ischitella

Storia e architettura
facciata palazzo ischitella napoliIl palazzo Ischitella si trova lungo la Riviera di Chiaia al numero 270.
La costruzione originaria risale al 1647, su commissione del nobile reggente don Mattia Casanatte e, nello stesso anno, preso di mira e saccheggiato dai rivoluzionari di Masaniello, costringendo il proprietario ad una repentina fuga in Spagna. Così, il figlio del Casanatte vendette l’edificio al principe Pinto di Ischitella, che si preoccupò di restaurarlo e abbellirlo, affidando i lavori ad un non noto architetto. Agli inizi del XIX secolo fu proprietà di Francesco Pinto y Mendoza, principe di Ischitella, personaggio di spicco per la storia della città, avendo ricoperto il ruolo di ciambellano di corte al tempo di Giuseppe Bonaparte e quello di aiutante di Gioacchino Murat; considerazione che conservò anche con il ritorno dei Borbone, quando, nel 1848, gli fu affidato il Ministero della Guerra. Il palazzo rimase di sua proprietà fino al 1860 quando, a causa degli avvenimenti storici in corso, capì che era meglio lasciare l’Italia per fuggire in Francia e, poi, in Portogallo, nazione d’origine del suo casato. Successivamente, per un certo periodo, venne affidato all’imprenditore Donzelli che lo utilizzò come sede del suo Gran Hôtel d’Angleterre.
Originariamente, il palazzo si innalzava su due piani, ora diventati tre, ma nonostante i numerosi rifacimenti e ricostruzioni, ci sono ancora alcuni elementi che permettono di risalire alle sue origini antiche. L’ingresso principale, l’unico rimasto visto che gli altri due sono stati utilizzati da attività commerciali, conduce all’atrio con archi a sesto ribassato che, a sua volta, permette di accedere al cortile. Qui è possibile ammirare l’antica fontana posta in una nicchia, probabilmente con qualche elemento in meno a quando fu costruita, alcuni busti lungo la balaustra del terrazzo e i mascheroni lungo la controfacciata che venivano usati per legare i cavalli.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

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