Palazzo Reale di Napoli – L’esterno
I cortili
Parallelamente alla facciata principale si sviluppano i tre giardini del palazzo, collegati attraverso androni voltati, ognuno con il suo portale d’ingresso. In quello centrale è posta l’ottocentesca statua e fontana della Fortuna, posta in una grande nicchia del lato orientale precedentemente occupata da una vasca. Rispetto alla struttura originale pensata dall’architetto Fontana, nel corso dei secoli sono state fatte alcune trasformazioni, come la chiusura delle logge sul lato occidentale e gli interventi del XVII e XX secolo riguardanti le scale e alcune decorazioni; comunque, tutto ciò non ha modificato di molto l’aspetto originario, lasciandolo molto simile a quello progettato. Sul lato sinistro dei giardini, inoltre, si accede allo scalone d’ingresso verso gli appartamenti reali.
Tra il 1758 e il 1760, con la realizzazione del braccio meridionale “a L” che si unì alle fabbriche costruite agli inizi del XVII secolo, vennero aperti due nuovi cortili.
Alle spalle del Cortile d’Onore si trova il Cortile delle Carrozze, di pianta rettangolare, con al centro una vasca neoclassica di forma ellittica, che riprende gli elementi architettonici del palazzo in modo da realizzare una certa continuità con il corpo di fabbrica principale, soluzione questa comune a tutti gli elementi aggiunti in epoche successive al palazzo. Il nome del cortile è dato dal “Rimessone delle Carrozze”, costruito lungo il braccio meridionale nel 1832 da Passaro, in sostituzione di un analogo ambiente realizzato da Ferdinando Sanfelice. L’interno si presenta con nove colonne neo-doriche a sostegno di una grande volta su cui è visibile uno scudo rosso con la corona e il monogramma di Umberto di Savoia. Nel 1837, Gaetano Genovese effettuò una modifica all’alternarsi delle finestre per renderlo più simile al Belvedere, quest’ultimo raggiungibile attraverso uno dei passaggi aperti sul lato breve (l’altro porta alla spianata dei bastioni). Qui, sulla sinistra, si apre la neoclassica “scala dei Forestieri”, ornata da statue e busti in gesso, che conduce all’appartamento storico. Si giunge al cortile in questione attraverso un arco trionfale con colonne doriche e corinzie in finto piperno, che culmina con il porticato. Il Belvedere nasce come cortile con vista mare della prima fabbrica, all’interno di una struttura “a C” con loggiato, ma non fu mai completato, nonostante si affacciasse sul golfo attraverso un ampia apertura da cui si accedeva attraverso la Rampa del Gigante. In questa zona vennero poi costruiti il padiglione del Belvedere, con gli alloggi della Regina, il “Cavallerizzo” di Ferdinando Sanfelice, l’appartamento del Maggiordomo Maggiore e quelli degli ufficiali delle galere. Questi ultimi vennero eliminati già all’inizio del XVIII secolo per lasciare spazio al nuovo braccio che conduce al giardino pensile, mentre il Belvedere barocco e l’alloggio del Maggiordomo vennero demoliti da Gaetano Genovese tra il 1837 e il 1840. Rimangono ancora visibili alcuni elementi, come gli appoggi del ponticello che univa il giardino pensile al vestibolo crollato a causa dei bombardamenti del 1943 che distrussero buona parte del Palazzo Reale. Il fronte meridionale è quello che si affaccia sul mare e su via Acton, da cui di può vedere il basamento bugnato. Il primo livello, nella parte interna, è coronato da una fascia di metope e triglifi in finto piperno (tranne quelli dell’arco trionfale), con archi pieni che racchiudono le aperture, soluzione proposta da Antonio Niccolini e realizzata in seguito da Gaetano Genovese nel 1840 circa. Con le trasformazioni ottocentesche, venne ricavato anche un altro piccolo spazio denominato “Giardino Italia” che, affacciato su Piazza Trieste e Trento, presenta al centro la Statua dell’Italia di Francesco Liberti (1861) e, sul tamburo, i simboli delle province italiane.
Dal cortile del Belvedere, attraverso l’androne orientale, si accede alla cosiddetta “spianata”, un terrazzamento ricavato in seguito all’abbattimento di antichi edifici che consente una bellissima vista sul Golfo, sul Vesuvio e sul Maschio Angioino, a cui è collegato attraverso un ponticello che attraversa il fossato, elemento architettonico già presente nell’antico palazzo vicereale, realizzato nel 1754 dall’ingegnere Benvenuto Cortelli. Dal lato opposto, un piccolo sentiero in laterizi conduce alle scuderie. Questo spazio è circondato da 18 campi voltati che poggiano su pilastri quadrati tra i quali, lungo il lato maggiore, sono poste delle mangiatoie in pietra calcarea. Alla fine delle rampe, invece, troviamo il maneggio che, costruito verso la fine del XIX secolo, in era più moderna è stato adibito a palestra. All’ingresso, si trovano le sculture raffiguranti due Domatori di Cavalli (o Palafranieri), realizzate da Clodt Von Jürgenburg, donate nel 1845 a Ferdinando II di Borbone dallo Zar di Russia. Sul retro della scuderia, invece, rimangono visibili alcuni resti del maneggio e delle scuderie di epoca settecentesca, fatti poi demolire durante l’intervento di Gaetano Genovese.
Tra il 1758 e il 1760, con la realizzazione del braccio meridionale “a L” che si unì alle fabbriche costruite agli inizi del XVII secolo, vennero aperti due nuovi cortili.
Alle spalle del Cortile d’Onore si trova il Cortile delle Carrozze, di pianta rettangolare, con al centro una vasca neoclassica di forma ellittica, che riprende gli elementi architettonici del palazzo in modo da realizzare una certa continuità con il corpo di fabbrica principale, soluzione questa comune a tutti gli elementi aggiunti in epoche successive al palazzo. Il nome del cortile è dato dal “Rimessone delle Carrozze”, costruito lungo il braccio meridionale nel 1832 da Passaro, in sostituzione di un analogo ambiente realizzato da Ferdinando Sanfelice. L’interno si presenta con nove colonne neo-doriche a sostegno di una grande volta su cui è visibile uno scudo rosso con la corona e il monogramma di Umberto di Savoia. Nel 1837, Gaetano Genovese effettuò una modifica all’alternarsi delle finestre per renderlo più simile al Belvedere, quest’ultimo raggiungibile attraverso uno dei passaggi aperti sul lato breve (l’altro porta alla spianata dei bastioni). Qui, sulla sinistra, si apre la neoclassica “scala dei Forestieri”, ornata da statue e busti in gesso, che conduce all’appartamento storico. Si giunge al cortile in questione attraverso un arco trionfale con colonne doriche e corinzie in finto piperno, che culmina con il porticato. Il Belvedere nasce come cortile con vista mare della prima fabbrica, all’interno di una struttura “a C” con loggiato, ma non fu mai completato, nonostante si affacciasse sul golfo attraverso un ampia apertura da cui si accedeva attraverso la Rampa del Gigante. In questa zona vennero poi costruiti il padiglione del Belvedere, con gli alloggi della Regina, il “Cavallerizzo” di Ferdinando Sanfelice, l’appartamento del Maggiordomo Maggiore e quelli degli ufficiali delle galere. Questi ultimi vennero eliminati già all’inizio del XVIII secolo per lasciare spazio al nuovo braccio che conduce al giardino pensile, mentre il Belvedere barocco e l’alloggio del Maggiordomo vennero demoliti da Gaetano Genovese tra il 1837 e il 1840. Rimangono ancora visibili alcuni elementi, come gli appoggi del ponticello che univa il giardino pensile al vestibolo crollato a causa dei bombardamenti del 1943 che distrussero buona parte del Palazzo Reale. Il fronte meridionale è quello che si affaccia sul mare e su via Acton, da cui di può vedere il basamento bugnato. Il primo livello, nella parte interna, è coronato da una fascia di metope e triglifi in finto piperno (tranne quelli dell’arco trionfale), con archi pieni che racchiudono le aperture, soluzione proposta da Antonio Niccolini e realizzata in seguito da Gaetano Genovese nel 1840 circa. Con le trasformazioni ottocentesche, venne ricavato anche un altro piccolo spazio denominato “Giardino Italia” che, affacciato su Piazza Trieste e Trento, presenta al centro la Statua dell’Italia di Francesco Liberti (1861) e, sul tamburo, i simboli delle province italiane.
Dal cortile del Belvedere, attraverso l’androne orientale, si accede alla cosiddetta “spianata”, un terrazzamento ricavato in seguito all’abbattimento di antichi edifici che consente una bellissima vista sul Golfo, sul Vesuvio e sul Maschio Angioino, a cui è collegato attraverso un ponticello che attraversa il fossato, elemento architettonico già presente nell’antico palazzo vicereale, realizzato nel 1754 dall’ingegnere Benvenuto Cortelli. Dal lato opposto, un piccolo sentiero in laterizi conduce alle scuderie. Questo spazio è circondato da 18 campi voltati che poggiano su pilastri quadrati tra i quali, lungo il lato maggiore, sono poste delle mangiatoie in pietra calcarea. Alla fine delle rampe, invece, troviamo il maneggio che, costruito verso la fine del XIX secolo, in era più moderna è stato adibito a palestra. All’ingresso, si trovano le sculture raffiguranti due Domatori di Cavalli (o Palafranieri), realizzate da Clodt Von Jürgenburg, donate nel 1845 a Ferdinando II di Borbone dallo Zar di Russia. Sul retro della scuderia, invece, rimangono visibili alcuni resti del maneggio e delle scuderie di epoca settecentesca, fatti poi demolire durante l’intervento di Gaetano Genovese.
I giardini
Il giardino “di Paesaggio” venne realizzato tra il 1842 e il 1843 grazie all’intervento del botanico Federico Corrado Dehnardt che sfruttò lo spazio derivante dalla demolizione degli edifici del secolo precedente, che avevano traforato il cortile vicereale nel cosiddetto “cortile del maneggio”. Quest’ultimo, infatti, era chiuso da un lato dall’ala nuova in cui era ospitata la fabbrica della porcellana (poi spostata a Capodimonte), dagli appartamenti degli infanti reali e da alcuni ministeri (trasferiti a Palazzo San Giacomo), luoghi che oggi ospitano la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele II e, dagli altri lati, dalle costruzioni poi demolite.
Il botanico Dehnardt progettò un giardino all’inglese con aiuole e vialetti, per il quale dedicò particolare attenzione alla scelte delle piante, ognuna delle quali presenta una targhetta con data di immissione, associando quelle esotiche a quelle più comuni, in modo da realizzare effetti cromatici che ben si sposano con il palazzo e il paesaggio circostante. Oggi, il giardino viene chiuso dalla cancellata con lance dalle punte dorate, mentre al centro, dove oggi è posto lo scalone realizzato nel 1924 da Camillo Guerra per dotare di accesso la Biblioteca, vi era il cancello principale con ai lati dei Palafranieri di bronzo di Von Jüngenburg (poi spostati all’angolo con piazza Castello), dono dello zar Nicola I in occasione del suo soggiorno napoletano (1846).
Il giardino pensile, invece, è più antico, visto che compare già in alcune immagini del XVII secolo. L’aspetto attuale gli venne conferito con i lavori di Gaetano Genovese che introdusse una pergolato di Buganville e rampicanti, convergenti verso la fontana e affiancati da piccole aiuole. Al centro, dove vi era il vestibolo e il ponticello in ghisa oggi andato perduto, è posto un tavolo di marmo con zampilli e fioriere, circondato da panche, anch’esse in marmo.
Il botanico Dehnardt progettò un giardino all’inglese con aiuole e vialetti, per il quale dedicò particolare attenzione alla scelte delle piante, ognuna delle quali presenta una targhetta con data di immissione, associando quelle esotiche a quelle più comuni, in modo da realizzare effetti cromatici che ben si sposano con il palazzo e il paesaggio circostante. Oggi, il giardino viene chiuso dalla cancellata con lance dalle punte dorate, mentre al centro, dove oggi è posto lo scalone realizzato nel 1924 da Camillo Guerra per dotare di accesso la Biblioteca, vi era il cancello principale con ai lati dei Palafranieri di bronzo di Von Jüngenburg (poi spostati all’angolo con piazza Castello), dono dello zar Nicola I in occasione del suo soggiorno napoletano (1846).
Il giardino pensile, invece, è più antico, visto che compare già in alcune immagini del XVII secolo. L’aspetto attuale gli venne conferito con i lavori di Gaetano Genovese che introdusse una pergolato di Buganville e rampicanti, convergenti verso la fontana e affiancati da piccole aiuole. Al centro, dove vi era il vestibolo e il ponticello in ghisa oggi andato perduto, è posto un tavolo di marmo con zampilli e fioriere, circondato da panche, anch’esse in marmo.
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