Palazzo Reale di Napoli – Gli altri ambienti interni
Nella prima metà del XIX secolo, il braccio orientale fu trasformato da Federico II in sale di Appartamento di Etichetta, trasferendo al piano superiore le stanze private dopo l’incendio del 1837. Le prime, conservano soprattutto nei dipinti e nelle decorazioni, l’antico uso a cui erano adibite.
Sala IX - Sala di Maria Cristina
La Sala di Maria Cristina (prima moglie di re Ferdinando I), poi Sala dei Ministri, recava sul soffitto un dipinto raffigurante l’Aurora di Francesco De Mura (1765), andato distrutto durante i bombardamenti del 1943. Gli arredi sono costituiti da mobili napoletani di inizio Ottocento e vasi di porcellana di Sèvres decorati da Langlacè con le Stagioni e Dipinti Sacri del Cinquecento e Seicento.
Sala X - Oratorio di Maria Cristina
Sulla sinistra della stanza IX, di apre l’Oratorio di Maria Cristina della quale, morta di parto il 31 giugno 1836, si conserva un sarcofago di rame argentato dietro all’altare ligneo del XIX secolo. Alle pareti cinque tele di Francesco Liani (1760) che sviluppano il tema della Natività, provenienti dalla Cappella Reale di Capodimonte.
Sala XI - Sala del Gran Capitano
Nella volta della sala successiva, detta Sala del “Gran Capitano” si trovano affreschi di Battistello Caracciolo con Storie di Consalvo De Cordoba (il Gran Capitano, appunto) che ritraggono la conquista del Regno di Napoli da parte degli spagnoli nel 1502, opera probabilente commissionata dal Vicerè Fernando conte di Lemos (1610-1616): Conquista della Calabria, al centro, Battaglia di Barletta, Duello con La Palisse, Incontro con gli ambasciatori di Napoli e Ingresso trionfante di Consalvo per Porta Capuana. Nella stessa sala si trova un arazzo della camera del Belvedere raffigurante La Pudicizia, realizzato da Pietro Duranti su cartone di Francesco De Mura e progetto di Ferdinando Fuga che aveva decorato la camera nuziale con le Virtù Coniugali.
I mobili sono opera di intagliatori di corte di gusto Luigi XVI, mentre i dipinti alle pareti sono pezzi della collezione Farnese, tra cui troviamo il Ritratto di Pier Luigi Farnese, attribuito a Tiziano, e i dodici Epigrammi o Proverbi figurati, attribuiti a Otto Van Veen. Il mobilio venne trasferito in questa stanza dopo la seconda guerra mondiale, quando la sala fu trasformata in camerino.
I mobili sono opera di intagliatori di corte di gusto Luigi XVI, mentre i dipinti alle pareti sono pezzi della collezione Farnese, tra cui troviamo il Ritratto di Pier Luigi Farnese, attribuito a Tiziano, e i dodici Epigrammi o Proverbi figurati, attribuiti a Otto Van Veen. Il mobilio venne trasferito in questa stanza dopo la seconda guerra mondiale, quando la sala fu trasformata in camerino.
Sala XII - Sala dei Fiamminghi
Nella Sala dei Fiamminghi, al soffitto troviamo la Magnanimità di Tancredi, dipinto realizzato da Gennaro Maldarelli nel 1840 che rientra nel complesso di lavori di ammodernamento di Palazzo Realae avvenuti tra il 1838 e il 1858 sotto la direzione dell’architetto Gaetano Genovese. Nello stesso ambiente si trovano alcuni ritratti, alcuni selezionati da una collezione di artisti olandesi del Sicento, acquistata da Ferdinando IV di Borbone nel 1802, tra cui La Canonichessa, di Nicolas Maes, e altri provenienti dalla collezione Farnese, come Gli esattori delle imposte, di Marinus van Roymerswaele (1645 ca). Infine, console di epoca murattiana, uno splendido orologio a pendolo di Charles Clay del 1730, e una gabbia per uccelli donata dallo zar con scorci delle residenze reali russe.
Sala XIII - Studio di Gioacchino Murat
Lo Studio di Gioacchino Murat, invece, è interessante poiché conserva arredi realizzati a Parigi tra il 1810 e il 1812 per il palazzo napoleonico di Monte Cavallo a Roma, passato poi a Carolina Bonaparte, regina di Napoli, che lo trasferì in loco (l’allestimento a studio risale ad Umberto II di Savoia nel 1942). Tra essi troviamo una scrivania di Adam Weisweiler decorata in radica con motivi ispirati all’antico Egitto e applicazioni in bronzo ispirate a temi filosofici.
Nella sala sono conservati anche due monumentali vasi di porcellana della manifattura di Sèvres, decorati con gigli araldici e altri simboli della Restaurazione, un orologio a pendolo e da un barometro, entrambi fabbricati in Francia nel 1812. Anche la maggior parte dei libri proviene dal paese transalpino, anche se costituiscono solo una piccola parte della Biblioteca Reale, entratra a fa parte della Biblioteca Nazionale nella parte orientale del palazzo tra il 1920 e il 1925.
Nella sala sono conservati anche due monumentali vasi di porcellana della manifattura di Sèvres, decorati con gigli araldici e altri simboli della Restaurazione, un orologio a pendolo e da un barometro, entrambi fabbricati in Francia nel 1812. Anche la maggior parte dei libri proviene dal paese transalpino, anche se costituiscono solo una piccola parte della Biblioteca Reale, entratra a fa parte della Biblioteca Nazionale nella parte orientale del palazzo tra il 1920 e il 1925.
Sala XXIX - Sala delle Guardie del Corpo
Accanto alla Sala del Trono troviamo quella della Guardie del Corpo, che conserva l’allestimento realizzato nel 1984 per la Regina Margherita di Savoia, utilizzanto arazzi del Settecento commissionati dai borboni. Tra questi, un arazzo raffigurante l’Innocenza, di Pietro Duranti, alcuni panni antichi realizzati dalla Reale Arazzeria tra il 1746 e il 1750, e, per finire, le allegorie dell’aria, dell’acqua e della terra, eseguite da Domenico Del Rosso nel 1763.
I mobili, invece, sono di epoca murattiana (1806-1815), come gli sgabelli con gambe a spade incrociate di manifattura francese.
Sempre dalla Francia, opera di bronzisti locali, arrivano l’orologio con la Musa Urania e quello con una scultura di Thomire raffigurante La Meditazione e datato 1812.
Nella sala, inoltre, troviamo un busto in cera di Maria Carolina d’Asburgo eseguito probabilmente dallo scultore viennese Joseph Muller
Anche questo ambiente venne danneggiato dai bombardamenti del 1943 e restaurato successivamente tra il 1956 e il 1957.
I mobili, invece, sono di epoca murattiana (1806-1815), come gli sgabelli con gambe a spade incrociate di manifattura francese.
Sempre dalla Francia, opera di bronzisti locali, arrivano l’orologio con la Musa Urania e quello con una scultura di Thomire raffigurante La Meditazione e datato 1812.
Nella sala, inoltre, troviamo un busto in cera di Maria Carolina d’Asburgo eseguito probabilmente dallo scultore viennese Joseph Muller
Anche questo ambiente venne danneggiato dai bombardamenti del 1943 e restaurato successivamente tra il 1956 e il 1957.
Sala XIV - Stanza della Regina
Nella Stanza della Regina, comunicante con l’alcova e i passetti privati, sul soffitto, troviamo una rara decorazione settecentesca a “ramages”, con stucchi bianchi e neri.
Il mobilio, realizzato dall’ebanista napoletano Bianciardi, risale agli interventi effettuati dall’architetto Gaetano Genovese per conto di re Ferdinando II, quando, tra il 1840-41, la sala divenne la stanza della regina. Alle pareti, dipinti di scuola napoletana di Seicento e Settecento.
Sulla parete nord sono poste due tele di Andrea Vaccaro (XVII secolo) raffiguranti Orfeo e le Baccanti e l’Incontro di Rachele e Giacobbe.
Inoltre, nella stanza è presente un pregevole piano commesso in pietre dure su fondo di porfido, realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e donato dal granduca di Toscana Leopoldo II a Francesco I di Borbone nel 1825. Infine, sul caminetto neoclassico della prima metrò del XIX secolo, si trova un orologio inglese a carillon del Settecento.
Il mobilio, realizzato dall’ebanista napoletano Bianciardi, risale agli interventi effettuati dall’architetto Gaetano Genovese per conto di re Ferdinando II, quando, tra il 1840-41, la sala divenne la stanza della regina. Alle pareti, dipinti di scuola napoletana di Seicento e Settecento.
Sulla parete nord sono poste due tele di Andrea Vaccaro (XVII secolo) raffiguranti Orfeo e le Baccanti e l’Incontro di Rachele e Giacobbe.
Inoltre, nella stanza è presente un pregevole piano commesso in pietre dure su fondo di porfido, realizzato dall’Opificio delle Pietre Dure di Firenze e donato dal granduca di Toscana Leopoldo II a Francesco I di Borbone nel 1825. Infine, sul caminetto neoclassico della prima metrò del XIX secolo, si trova un orologio inglese a carillon del Settecento.
Sala XXVI - Primo Passetto della Regina
La stanza della regina comunica con uno dei due passetti, una saletta privata nel cui controsoffitto, venne scoperto nel 1990 un affresco di Domenico Antonio Vaccaro raffigurante le nozze tra Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia avvenute nel 1738.
Sala XXVIII - Secondo Passetto della Regina
Il secondo passetto della Regina, così come il primo, era una stanza ad uso privato posta accanto all’alcova. Anche in questo caso, nel 1990, venne riportata alla luce la decorazione del soffitto, opera di Domenico Antonio Vaccaro, raffigurante il Trionfo di Giunone e La Maestà Regia retta dalla Pace, dalla Fortuna e dal Dominio.
Sala XXVII - Alcova della Regina
L’alcova della Regina Maria Amalia di Sassonia, un tempo chiusa, conserva, sotto gli strucchi ottocenteschi, affreschi di Nicola Maria Rossi, risalenti al 1739, in cui, secondo gli studiosi, il pittore rappresentò Minerva che presagisce una prole felice attraverso immagini di sogni.
Sala XXV - Restrostanza della Regina
La Retrostanza della Regina era un tempo parte dell’appartamedella Regina Maria Amalia, allestita con opere di pittori attivi a Napoli nel XIX secolo. Tra essi spiccano una veduta di Piazza San Marco (1837) di Franz Vervolet, le tre Marine di Salvatore Fergola, dipinte intorno al 1840, e alcune tele raffiguranti aspetti storici e folkloristici delle diverse regioni del Regno di Pasquale Mattei, uno dei primi artisti ad usare la fotografia come ausilio alla pittura.
Il soffitto è ornato da stucchi bianchi e oro con motivo a rete, risalente al XVIII secolo. Tra gli arredi troviamo consoles attribuite all’artigianato inglese del XVIII secolo e sgabelli con piede caprino di inizio Ottocento.
Inoltre, nella sala è sistemata parte della collezione Degas, collezione proveniente dallo studio di Palazzo Degas presso Calata Trinità Maggiore, 53, donata a Palazzo Reale nel 1993, isieme ad alcuni gioielli risorgimentali. Tra i pezzi esposti troviamo una scrivania e una libreria del terzo decennio del XIX secolo appartunute a René Ilaire Degas, agente di cambio orleanese trasferitosi a Napoli nel 1793, nonno del celebre pittore Edgard Degas. A lato della scrivania è appeso il ritratto di Jean Thérèse Aurore Degas, sua consorte, attribuito a Joseph Franque.
Il soffitto è ornato da stucchi bianchi e oro con motivo a rete, risalente al XVIII secolo. Tra gli arredi troviamo consoles attribuite all’artigianato inglese del XVIII secolo e sgabelli con piede caprino di inizio Ottocento.
Inoltre, nella sala è sistemata parte della collezione Degas, collezione proveniente dallo studio di Palazzo Degas presso Calata Trinità Maggiore, 53, donata a Palazzo Reale nel 1993, isieme ad alcuni gioielli risorgimentali. Tra i pezzi esposti troviamo una scrivania e una libreria del terzo decennio del XIX secolo appartunute a René Ilaire Degas, agente di cambio orleanese trasferitosi a Napoli nel 1793, nonno del celebre pittore Edgard Degas. A lato della scrivania è appeso il ritratto di Jean Thérèse Aurore Degas, sua consorte, attribuito a Joseph Franque.
Sala XV - Terzo Salotto della Regina o Sala dei Paesaggi
Nella Sala dei Paesaggi, decorata con stucchi settecenteschi, si trova una collezioni di dipinti raffiguranti paesaggi, di epoca variabile tra la fine del Cinquecento e l’inizio dell’Ottocento.
Il mobilio, con divani e console in stile tardo Impero risale all’intervento 1840 di Gaetano Genovese, mentre soffitto e specchiere risalgono al regno di Carlo di Borbone, prima che questi tornasse in Spagna nel 1759. Tra gli arredi, da segnalare un bellissimo caminetto in marmo bianco che riproduce la scena centrale del mosaico della Casa del Fauno a Pompei, raffigurante la Battaglia di Alessandro e Dario. Inoltre, di pregevole fattura è anche il tavolini in marmi e pietre dure del siciliano Giovan Battista Calì che raffigura Napoli dal mare e Ferdinando II in abiti militari.
Il mobilio, con divani e console in stile tardo Impero risale all’intervento 1840 di Gaetano Genovese, mentre soffitto e specchiere risalgono al regno di Carlo di Borbone, prima che questi tornasse in Spagna nel 1759. Tra gli arredi, da segnalare un bellissimo caminetto in marmo bianco che riproduce la scena centrale del mosaico della Casa del Fauno a Pompei, raffigurante la Battaglia di Alessandro e Dario. Inoltre, di pregevole fattura è anche il tavolini in marmi e pietre dure del siciliano Giovan Battista Calì che raffigura Napoli dal mare e Ferdinando II in abiti militari.
Sala XVI - Secondo Salone della regina.
Il secondo salone, arredato da Gaetano Genovese, conserva la decorazione settecentesca del seoffitto e i mobili in legno intagliato e dorato trasferiti nella seconda metà dell’Ottocento dai Savoia.
Tra i dipinti conservati in questo ambiente da ricordare quello di Luca Giordano raffigurante Venere, Amore e un Satiro.
Tra i dipinti conservati in questo ambiente da ricordare quello di Luca Giordano raffigurante Venere, Amore e un Satiro.
Sala XVII - Primo Salotto della Regina
Il Grande Salone conserva mobili e arredi allestiti dai Savoia nella seconda metà del XVIII secolo, mentre le decorazioni del soffitto risalgono al rifacimento ottocentesco di Gaetano Genevese.
In questa stanza sono raccolte importanti opere del Seicento italiano ed europeo come il dipinto raffigurante Giuditta, di Pietro Novelli, Orfeo che incanta gli animali, attribuito a Gerard van Honthorst, la Natività, di Stoner, il Ritorno del Figliuol Prodig, di Mattia Preti, il Trionfo di Davide, di Johnass Liss e San Gerolamo, del Guercino
In questa stanza sono raccolte importanti opere del Seicento italiano ed europeo come il dipinto raffigurante Giuditta, di Pietro Novelli, Orfeo che incanta gli animali, attribuito a Gerard van Honthorst, la Natività, di Stoner, il Ritorno del Figliuol Prodig, di Mattia Preti, il Trionfo di Davide, di Johnass Liss e San Gerolamo, del Guercino
Sala XXIII - Retrostanza
La retrostanza accanto al Salone d’Ercole è caratterizzata da un leggio rotante di Giovanni Uldrich, opera del 1792 proveniente dalla biblioteca della regina Maria Carolina, che consentiva di consultare più libri contemporaneamente e, grazie ad una manovella, farli ruotare per avvicinarli a turno al piano di lettura.
Sala XXIV - Retrostanza Rossa o Sala di Don Chisciotte
La sala, detta anche Sala di Don Chisciotte, presenta un soffitto decorato con stucchi bianchi e dorati di epoca settecentesca, mentre alle pareti sono poste diciannove tele preparatorie per gli arazzi raffiguranti Storie di Don Chisciotte, realizzate tra il 1758 e il 1779 dalle Reali Arazzerie di Napoli. I dipinti usati come modello, invece, sono stati realizzati da Giuseppe Bonito e Giovan Battista Rossi.
Al centro della stanza, è posta un’alzata in porcellana e ottone dorato che presenta una serie di placchette raffiguranti le regge reali borboniche dipinte da Raffaele Giovine nel 1848; l’oggetto era uno dei doni fatti nel 1848 dalla Municipalità al re per aver concesso la costituzione.
Al centro della stanza, è posta un’alzata in porcellana e ottone dorato che presenta una serie di placchette raffiguranti le regge reali borboniche dipinte da Raffaele Giovine nel 1848; l’oggetto era uno dei doni fatti nel 1848 dalla Municipalità al re per aver concesso la costituzione.
Sala XVIII - Stanza della pittura emiliana
Comunicante con il Primo Salotte della Regina, troviamo una sala che, come si evince dal nome, custodisce dipinti della scuola emiliana del XVII secolo provenienti dalla Collezione Farnese, come l’Elemosina di Santa Elisabetta e la Bottega di San Giuseppe, realizzati da Bartolomeo Schedoni, il Sogno di San Giuseppe, del Guercino, e San Matteo, di Camillo Gavassetti.
Sala XIX - Sala delle nature morte
Questa stanza, collegata a quella della pittura emiliana, è dedicata alle nature morte realizzate nel XVII e XVII secolo, provenienti dalle residenze reali di campagna.
Sala XX - Sala delle Colonne
La Sala delle Colonne, detta anche Sala Neoclassica, è caratterizzata dalla presenza di due grandi colonne che dividono l’ambiente in altrettanti spazi. Oltre ad alcuni calchi di sculture romane nelle nicchie, la stanza conserva incisioni di vignette di alcuni vasi greci provenienti dalla collezione Hamilton, realizzata da Wilhem Tischbein a Napoli tra il 1791 e il 1795. Infine, troviamo un tavolino in marmi commessi risalente ai primi dell’Ottocento e un busto bronzeo di Guglielmo Della Porta raffigurante Antinoo come Dionio.
Sala XXI - Sala degli Specchi
Accanto al Salone d’Ercole, si apre un altra stanza, comunicante a sua volta con la Sala delle Colonne, catatterizzata da decorazioni in stile neoclassico e da un pregevolo centrotavola di epoca napoleonica.
Sala XXII - Salone d'Ercole
Il Salone d’Ercole, Sala del Vicerè fino a metà del Seicento, conservava i ritratti di tutti i Vicerè di Napoli realizxati Da Massimo Stanzione e Paolo de Matteis. Solo successivamente, ai primi dell’ottocento, fu arricchita con copie in gesso di sculture appartenenti al museo Farnesiano, tra le quali la più famosa (che dà anche il nome alla stanza) è l’Ercole Farnese.
Inoltre, i Savoia, vi portarono le console borboniche che si trovavano nelle retrostanze e, alle pareti, appesero gli arrazzi della Reale Fabbrica di Napoli con le Storie di Amore e Psiche, realizzati da Pietro Duranti nel XVIII secolo su disegni di Fefele Fischetti.
Sulle porte vennero dipinti gli stemmi delle città d’Italia, ma la decorazione Ottocentesca delle partei venne danneggiata dai bombardamenti del 1943, per essere poi restaurata nel 1956.
Inoltre, i Savoia, vi portarono le console borboniche che si trovavano nelle retrostanze e, alle pareti, appesero gli arrazzi della Reale Fabbrica di Napoli con le Storie di Amore e Psiche, realizzati da Pietro Duranti nel XVIII secolo su disegni di Fefele Fischetti.
Sulle porte vennero dipinti gli stemmi delle città d’Italia, ma la decorazione Ottocentesca delle partei venne danneggiata dai bombardamenti del 1943, per essere poi restaurata nel 1956.
Il braccio settentrionale
Dal 1927, il braccio settentrionale, fino ad allora denominato “ala delle feste”, ospita la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III, in onore del sovrano che decise di sacrificare parte della sua dimora per farne tempio di cultura, così come molti personaggi dell’epoca paventavano, tra cui anche Benedetto Croce.
L’accesso ai locali è possibile dopo aver superato l’androne che unisce il giardino al Cotile delle Carrozze, salendo per una bellissima scala a doppia rampa che conduce direttamente alla Sala delle Feste, un ampio atrio decorato con bassorilievi neoclassici. Sulla sinistra si prosegue per altri ambienti come il Salone da Ballo, decorato con bassorilievi raffiguranti simboli musicali di derivazione pompeiana. Nelle altre sale, inoltre, affreschi e decorazioni in stucco di De Angelis, Rizzo, Guerra, Maldarelli, Marsigli, De Crescenzo, Beccalli e Aveta.
Al piano superiore, troviamo la Sala Palatina, decorata con ritratti di uomini illustri in stucco, e una zona dedicata interamente ad affreschi pompeiani. Lì vicino, era presumibilmente collocato il cosiddetto “Gabinetto Fisico”, un laboratorio di scienze e astronomia realizzato soprattutto per intrattenere il sovrano che, però, disponeva di interessanti apparecchiature andate perdute. Sempre allo stesso piano, si trova l’Officina dei Papiri Ercolanesi, dove si conservano e studiano i Papiri riportati alla luce nella città distrutta dall’eruzione del 79 d.C.
La Biblioteca, si sviluppa interamente nel Braccio Nuovo, costruito da un architetto ignoto nel 1760, che affaccia sul giardino e sul braccio meridionale. Successivamente, tra il 1838 e il 1840, il Braccio Nuovo venne unito alla parte meridionale del Cortile delle Carrozze.
L’accesso ai locali è possibile dopo aver superato l’androne che unisce il giardino al Cotile delle Carrozze, salendo per una bellissima scala a doppia rampa che conduce direttamente alla Sala delle Feste, un ampio atrio decorato con bassorilievi neoclassici. Sulla sinistra si prosegue per altri ambienti come il Salone da Ballo, decorato con bassorilievi raffiguranti simboli musicali di derivazione pompeiana. Nelle altre sale, inoltre, affreschi e decorazioni in stucco di De Angelis, Rizzo, Guerra, Maldarelli, Marsigli, De Crescenzo, Beccalli e Aveta.
Al piano superiore, troviamo la Sala Palatina, decorata con ritratti di uomini illustri in stucco, e una zona dedicata interamente ad affreschi pompeiani. Lì vicino, era presumibilmente collocato il cosiddetto “Gabinetto Fisico”, un laboratorio di scienze e astronomia realizzato soprattutto per intrattenere il sovrano che, però, disponeva di interessanti apparecchiature andate perdute. Sempre allo stesso piano, si trova l’Officina dei Papiri Ercolanesi, dove si conservano e studiano i Papiri riportati alla luce nella città distrutta dall’eruzione del 79 d.C.
La Biblioteca, si sviluppa interamente nel Braccio Nuovo, costruito da un architetto ignoto nel 1760, che affaccia sul giardino e sul braccio meridionale. Successivamente, tra il 1838 e il 1840, il Braccio Nuovo venne unito alla parte meridionale del Cortile delle Carrozze.
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