Palazzo Tapia o Tocco di Montemiletto

Storia e architettura
facciata palazzo tapia a napoliPalazzo Tapia si trova in via Toledo 148.
La sua costruzione cominciò nel 1566, per volere dello spagnolo Egidio Tapia, allora Giudice del Tribunale della Vicaria. I lavori vennero affidati a Cesare d’Angelo e a Matteo Quintavalle con la direzione del Mormando (Giovan Francesco di Palma), autore del progetto. Nel 1574, però, il committente divenne presidente della Regia Camera e stabilì che la costruzione doveva essere più grande del previsto, in modo da adeguarsi al suo nuovo statu sociale. Così, dopo aver acquistato un terreno e alcune abitazioni limitrofe, venne realizzato un altro edificio, collegato al primo attraverso un ponte, denominato appunto “Ponte Tapia”. Quest’ultimo, però, venne demolito verso la metà del XIX secolo, nell’ambito del progetto di riqualificazione del rione Carità.
Dopo la morte del proprietario, l’edificio passò in eredità ai suoi discendenti, fino ad arrivare alla nipote Marianna. Nel 1656 il palazzo subì notevoli danni a causa di un’alluvione che, grazie all’aiuto dei monaci della Certosa di San Martino, vennero riparati nel 1658. Alla sua morte, sopraggiunta nel 1679, la proprietà dell’immobile passò a Carlo Calo, duca di Diano, e, in seguito, alla famiglia Ulloa.
Nel 1743, quest’ultima dovette cedere i palazzi ai monaci Teatini di Santa Maria di Loreto, poiché quest’ultimi vantavano un diritto di eredità nei confronti di Carlo Calò. A questo punto, però, anche i monaci di San Martino ne rivendicarono la proprietà, visto che parte del terreno su cui era stato costruito apparteneva loro. Mentre si attendeva la decisione del Tribunale della Nunziatura, l’edificio più grande venne venduto ai fratelli De Giorgio; così, quando il 7 febbraio del 1757 arrivò la sentenza a favore dei monaci di San Martino, i religiosi divennero proprietari del palazzo più piccolo.
In seguito, i De Giorgio, cedettero la loro proprietà alla famiglia dei Principi di Montemiletto che, nel 1832, nella persona di Francesco Paolo di Tocco, fecero restaurare l’edificio, affidando i lavori al Stefano Gasse. In questa occasione la facciata venne trasformato secondo lo stile neoclassico, con le finestre intervallate da lesene con capitelli dorici e corinzi, mentre il portale fu lasciato solo leggermente modificato, lascando intatte le sue caratteristiche barocche. Inoltre, gli interni (raggiungibili ai piani superiori attraverso una grande scala in piperno che parte dal cortile) furono rimaneggiati in modo che richiamassero la facciata, con pilastri e relative arcate, lavori che, purtroppo, decretarono la distruzioni di alcuni affreschi di Luca Giordano.
Gli stemmi che si trovano sul portale e sulla facciata, invece, appartengono alle due ultime famiglie proprietarie, cioè quella dei Tocco e del Capece Galeota.

Tratto da: Aurelio De Rose, I palazzi di Napoli, Roma, Newton & Compton, 2001

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