PINO DANIELE
Sin da piccolo la sua passione è la musica e, durante gli studi per conseguire il diploma di ragioneria all’istituto Armando Diaz di Napoli, comincia ad avvicinarsi alla chitarra che impara a suonare da autodidatta. Le prime esperienze vedono un giovane Pino Daniele impegnato in un complesso chiamato “The Jet”, ma le vere occasioni per cominciare ad allenare e sviluppare le proprie capacità arrivano con la formazione dei “Batracomiomachia”, complesso fondato con Enzo Avitabile, Enzo Ciervo, Rosario Jermano, Paolo Raffone e Rino Zurzolo che si riuniva in un locale del rione Sanità nel quale sbocceranno molti dei futuri talenti della scuola napoletana, Edoardo Bennato su tutti.
Nel 1975 comincia a partecipare come musicista anche alle registrazioni di album per altri artisti; è il 1975 quando suona in un album di Mario Musella (rimasto inedito fino al 2012, anno in cui è stato pubblicato con il titolo di “Arrivedeci”). L’anno dopo è il turno di Jenny Sorrenti (sorella di Alan), che incide l’album “Suspiro” con Pino Daniele come chitarrista. A seguire, viene scritturato per una collaborazione all’album “Le due facce di Gianni Nazzaro”, di Gianni Nazzaro e partecipa al tour di Bobby Solo. Ma l’evento più importante del 1976 il suo ingresso come bassista nei “Napoli Centrale”, gruppo partenopeo molto famoso e in voga al tempo, dove conosce James Senese, sassofonista napoletano di origini americane che sarà importantissimo per la crescita musicale e personale di Pino Daniele. Lo stesso Senese, infatti, collaborerà alla realizzazione di alcuni dei primi album (“Pino Daniele” nel 1979, “Nero a metà” nel 1980 e “Vai mò” nel 1981).
Nel 1979 arriva il secondo album “Pino Daniele”, nel quale spiccano i brani “Je so’ pazzo”, “Je sto vicino a te” e “Chi tene ‘o mare”. Sin da subito è chiaro che, pur cantando Napoli e la realtà partenopea, il genere che propone Pino Daniele ha solo come base la tradizione, ma si distacca dai cantautori del ‘900 tendendo a fondersi di più con Rock e Blues.
La stessa band partecipa anche al quarto album, “Vai mò”, pubblicato nel 1981, che segna un ulteriore passo avanti nella ricerca musicale di Pino Daniele. La sua musica e il suo sound innovativo gli fanno ottenere la possibilità di collaborare con musicisti di fama internazionale, a cominciare già da “Bella ‘mbriana”, disco del 1982, a cui partecipano anche il bassista Aphonso Johnson e il sassofonista Wayne Shorter, entrambi provenienti dalla band statunitense “Weather Report”. Nel 1983 incise e produsse l’album Common Ground con Richie Havens, mentre collaborò con due brani ad “Apasionado”, disco del sassofonista jazz argentino Gato Barbieri.
Nel 1984 Pino Daniele ritorna sul palco di San Siro per aprire il concerto di Carlos Santana e Bob Dylan il 24 giugno, mentre nello stesso anno arriva il nuovo album “Musicante” e il primo disco dal vivo “Sciò Live”, con collaborazioni di Chick Corea e George Benson. La produzione e la vena musicale del cantautore napoletano è inesauribile e, nel 1985, è tempo del settimo lavoro in studio con “Ferryboat”, in cui si sperimentano nuove collaborazioni con Steve Gadd, Mino Cinelu e Gato Barbieri, che suona il suo sassofono nei brani “Che ore so'” e “Amico mio”.
Nel 1987 arriva l’ottavo album, “Bonne Soirée”, con una formazione di grandi musicisti formata da Pino Palladino al basso, Bruno Illiano alle tastiere, Jerry Marotta (che suonava con Peter Gabriel) alla batteria, Mel Collins al sassofono e Mino Cinelu alle percussioni. La produzione di canzoni non si ferma e, già nel 1988, Pino è pronto per il nono album in studio che viene pubblicato con il nome “Schizzeche with love” con il quale, grazi e al brano “Schizzechea” viene premiato con la Targa Tenco come miglior canzone in dialetto. Poco dopo, l’artista napoletano gira l’Europa partecipando alla serie di concerti “Night of Guitar” insieme ad artisti come Randy californi, Pete Haycock , Steve Hunter, Robby Krieger, Andy Powell, Ted Turner, Leslie West, Phil Manzanera, Jack Akkerman. Gli anni ottanta si chiudono con il decimo album, “Mascalzone Latino” (il cui nome viene ripreso molti anni dopo dall’omonimo team partecipante all’America’s Cup di Vela dove si nota un ritorno a sonorità più mediterranee, nel quale spicca “Anna verrà”, brano dedicato all’attrice Anna Magnani.
Nel frattempo, anche nella vita privata ci sono grandi cambiamenti, con un nuovo matrimonio con Fabiola Sciabbarasi (dalla quale avrà due figlie) dopo la separazione da Dorina Giangrande (sua corista nell’album “Terra mia” e “Un uomo in blues”). Ma la carriera riprende senza ripercussioni, nel 1992, viene pubblicato “Sotto ‘o sole”, album che con le canzoni “Quando” e “‘O ssaje comme fa ‘o core” rafforza l’amicizia e il sodalizio artistico con Massimo Troisi con il quale, dopo aver composto le colonne sonore di “Ricomincio da Tre” (1981) e “Le vie del Signore sono finite” (1987), realizza anche quella per “Pensavo fosse amore… invece era un calesse”. Anche in questo album ritroviamo la collaborazione con Mick Godrick che suona la chitarra nei brani “Sotto ‘o sole”,” ‘O ssaje comme fa ‘o core” e “Viento”.
Nel 1993 pino Daniele ritorna ad esibirsi dal vivo e, dal doppio appuntamento a Cava de’ Tirreni (22 e 23 maggio) ricava l’album live “E sona mo”. Ma il dodicesimo album in studio non si fa attendere e, già nello stesso anno, arriva nei negozi “Che dio ti Benedica” dove, ancora un volta, collabora con l’amico Troisi, dando vita al brano “T’aggia vedè morta” (sarà l’ultima collaborazione tra i due) e collabora con musicisti Chick Corea e Ralph Tower, mentre il brano “Sicily” gli vale la seconda Targa Tenco.
Nel 1994, Pino Daniele tocca i principali stadi italiani con una straordinaria tournée insieme a Eros Ramazzotti e Jovanotti, con i quali si esibì durante il mese di giugno a Monza, Bari, Palermo, al San Paolo di Napoli, all’Olimpico di Roma, a Bassano del Grappa e a Modena. L’anno dopo fu protagonista di altri concerti dal vivo insieme a Pat Methenv (chitarrista jazz statunitense tra i più famosi e apprezzati) con il quale si esibì in varie città italiane tra cui Roma, Reggio Emilia, Torino, Cava de’ Tirreni e Milano.
Nel 2004 è la volta di “Passi d’autore”, lavoro che prosegue verso la ricontaminazione con melodie jazz e napoletane che si alternano a brani nei quali Pino Daniele sperimenta una riscoperta dei madrigali cinquecenteschi, come avviene in “Arriverà l’aurora”. Tra i brani proposti, il cantautore napoletano presenta anche “Tango della buena suerte”, dedicato a Diego Armando Maradona.
L’anno dopo arriva “Iguana Jazz Cafè” che, come si può intuire dal titolo, mescola sonorità jazz, blues e caraibiche, tra le quali, però, trova spazio un po’ di tradizione con “It’s Now or Never”, cover inglese di “‘O sole mio”, lanciata già a suo tempo da Elvis Presley. Legata a questo album rimarrà indelebilmente legata la data in cui il tour fa tappa a Napoli, dove, il 14 maggio, Pino Daniele ritorna a condividere il palco con James Senese e Tony Esposito dopo ben 25 anni.
Dopo due anni il musicista napoletano ritorna alla ribalta con un nuovo album dal titolo “Il mio nome è Pino Daniele e vivo qui”, caratterizzato soprattutto da ritmi napoletani e latino-americano, con la partecipazione di Giorgia, Toni Esposito e Alfredo Paixão.
Ma la produzione musicale di Daniele non si ferma. L’anno successivo è pronto un nuovo disco, “Electric Jam”, dove continua la sperimentazione e la collaborazione con altri artisti: questa volta è il turno del rapper J-Ax, con il quale incide “Il sole dentro di me” (collaborazione che Pino Daniele ricambia partecipando all’album di J-Ax “Decadence”, dove canta il ritornelli di “Voglio di più” all’interno del brano “Anni amari”).
Nel 2009 si esibisce anche all’Apollo Theatre di New York (1 ottobre) e a Toronto (4 ottobre), mentre il 26 giugno 2010 viene chiamato da Eric Clepton al Crossroads Guitar Festival presso il Toyota Park di Chicago.Il gran numero di impegni, però, non gli impedisce di pubblicare (23 novembre) il suo ventiduesimo album in studio dal titolo “Boogie Boogie Man”, nel quale collabora con importanti esponenti della musica italiana come Mina, Franco Battiato, Mario Biondi e J-Ax. Nel 2011, invece, continua il sodalizio artistico con Eric Clapton, che viene invitato ad esibirsi allo stadio di Cava De’ Tirreni (24 giugno).
Nel 2012 arriva “La grande madre”, ultimo album in studio di Pino Daniele che si avvale della partecipazione di numerosi artisti come Steve Gadd, Chris Stainton, Mel Collins, Omar Hakim, Rachel Z, Willie Weeks, Gianluca Podio, Solomon Dorsey e Mino Cinelu, mentre per il tour omonimo (realizzato da marzo a novembre in Italia, New York, Boston e Washington) la sua formazione vede la presenza di Rachel Z al pianoforte, Omar Hakim alla batteria, Solomon Dorsey al basso e Gianluca Podio alle tastiere.
Nel 2014 Pino Daniele riesce a regalare a tutti i fan un grande evento, un progetto musicale con il quale intende riproporre e risuonare dal vivo i brani di “Nero a metà” con la storica formazione. E così, il primo settembre, all’arena di Verona , ritorna sul palco con James Senese al sassofono, Gigi di Rienzo al basso, Agostino Marangolo alla batteria, Ernesto Vitolo al piano e alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni e Tony Cercola ai bongos. Da seguiranno altre date, le ultime esibizioni dal vivo del grande cantautore napoletano, che toccano Conegliano (6 dicembre), Bari (11 dicembre), Roma (13 dicembre), Napoli (16 e 17 dicembre) e Milano (Assago, 22 dicembre). L’ultima esibizione è datata 31 dicembre 2014, data in cui partecipa al programma televisivo “L’anno che verrà”.
La sua prematura morte provoca un’ondata di commozione tra i colleghi e soprattutto a Napoli dove l’amore nei suoi confronti è rimasto intatto, mai scalfito nemmeno da quello che alcuni hanno considerato un “tradimento”, cioè abbandonare per molti anni le canzoni in napoletano e trasferirsi lontano dal capoluogo campano. E infatti, la sera del 6 gennaio, circa 100’000 persone si radunano in Piazza del Plebiscito per rendergli omaggio cantando le sue canzoni.
I funerali vengono celebrati in due tappe, il 7 gennaio. Al mattino, presso il Santuario della Madonna del Divino amore a Roma e, poi, la sera, ancora in Piazza del Plebiscito dove il Cardinale Crescenzio Sepe celebra la messa davanti a più di 100’000 persone. Nei giorni successivi, dal 12 al 22 gennaio, l’urna contenente le ceneri dell’artista viene esposta nella sala dei Baroni del Maschio angioino a Napoli per consentire a tutta la città di tributare l’ultimo saluto al suo figlio scomparso. In seguito, l’urna viene trasferita nel cimitero di Magliano in Toscana.
Ma Pino Daniele non ha dimostrato di essere solo un grande (se non il più grande) musicista. La sua grandissima e rarissima sensibilità gli ha permesso di essere in grado di scrivere un capolavoro immortale come “Napule è” a soli 18 anni e, in molte altre canzoni, di raccontare la propria città e la propria realtà come nessuno aveva mai fatto prima. Non a caso, era grande amico di Massimo Troisi con il quale ha regalato ai fan emozioni indescrivibili e indimenticabili.
Il ricordo che Jovanotti ha affidato alle pagine di Facebook il 6 gennaio 2015, spiega meglio di qualsiasi altra cosa quello che Pino Daniele rappresentava e rappresenta per Napoli:
“Con Pino mi accadeva un fenomeno inspiegabile, dopo qualche minuto che stavo con lui mi veniva un accento un po’ napoletano. Sul serio, se ci passavo una giornata poi a fine cena mi ritrovavo a usare espressioni tipo “uè” o perfino “guagliò”. Era un influsso che lui aveva, pinodanielizzava l’atmosfera. Lo faceva con la musica ma se ci penso bene lo faceva proprio con tutto se stesso che era tutto un se stesso fatto solo di musica.[…]
Lo conobbi nel 1994, mi proposero di fare il tour con lui ed Eros. Non ci potevo credere.[…] Con Pino legammo tanto, mi voleva bene e io mi sentivo un prescelto a poter essere in confidenza con quel grande artista che mi sembrava fatto di musica, pensava solo alla musica, zero menate, la musica al centro di ogni cosa. Mi regalò la sua amicizia sanguigna e fraterna. Pino era simpatico e ti faceva piegare dalle risate, quando voleva, i suoi racconti sono letteratura blues e commedia dell’arte, belli come certe sue canzoni, e divertenti come i film di Totò, che per lui era un dio. Tante emozioni oggi, troppe tutte insieme.
Conservo il ricordo della giornata di Napoli, allo stadio San Paolo, 13 giugno 1994. Era il suo ritorno a Napoli dopo tanti anni senza esibirsi nella sua città, e io e “Ramazza” (è così che gli amici chiamano Eros) lo avremmo accompagnato in quella che per lui e per i napoletani era la cosa più importante del mondo. Inoltre da pochi giorni era morto Massimo Troisi e la cosa aveva caricato quella giornata di un’emozione ancora più forte e aveva avvolto Pino in una nuvola di pensieri che rimanevano tra se e se. Pino era agitato, silenzioso, ogni tanto sdrammatizzava con una battuta ma quel concerto per lui era molto più di un concerto. La città era in attesa, i biglietti introvabili, nessuno a Napoli sapeva dove alloggiava Pino, e si temeva che se fosse entrato anche con un blindato nello stadio ci sarebbero stati dei rischi di ordine pubblico là fuori, per il troppo amore dei fans. Così lui entrò nello stadio all’alba, mentre la città dormiva ancora, arrivando da Roma, e rimase in camerino per tutta la giornata senza che nessuno lo venisse a sapere, tranne noi e pochi intimi. Quel giorno ero uno dei tre ammessi nel suo camerino e parlammo di tutto meno che di quello che stava per succedere. Come sempre Pino sdrammatizzava, lo ha sempre fatto quando si trattava di avere a che fare con il mito che era diventato. Quando uscimmo sul palco ce l’avevo accanto e guardando lo stadio assistetti alla più grande dimostrazione di amore di un popolo verso un artista che lo rappresenta, qualcosa di veramente storico, mai vista prima e mai più vista una cosa del genere. Una cosa che non dimenticherò mai. Quella Napoli si riconosceva in Pino Daniele, l’artista che aveva saputo valorizzarla non attraverso le sue maschere ma partendo dalla realtà e dalla poesia, l’uomo che l’aveva liberata dagli stereotipi, che l’aveva portata nella modernità senza perderci in cultura e in umanità. Pino Daniele è per Napoli quello che Bob Marley è per la Jamaica, ma siccome i napoletani sono napoletani e Napoli è Napoli, tutto è amplificato, tutto è più grande più complesso più rumoroso più infuocato più indescrivibile a parole.[…]
Pino Daniele è stato un artista enorme, un vero gigante, e il tempo non farà altro che consolidare questa sua immensa importanza per la musica e per la cultura dei nostro paese. Napoli perde il suo figlio musicista più grande del dopoguerra, senza nessun dubbio, e uno dei più grandi di tutti i tempi, ne sono del tutto sicuro.”
Ed è proprio per questo che Napoli lo ha amato, lo ama e lo amerà per sempre