ATTILA SALLUSTRO, IDOLO DEL TEMPO
Quando nel 1926 nacque il Napoli, c'era un giovanotto di bella presenza che, nel giro di pochi anni, sarebbe diventato il primo mito calcistico di Napoli. Nato a Montevideo, Uruguay, nel 1908, sin da piccolo trasferitosi a Napoli,Attila Sallustro rappresenta non solo un nome, ma appunto, un mito persino per i tifosi di oggi che lo vedono ritratto su gigantografie custodite in ogni club, e nei racconti di nonni e padri. A diciotto anni era considerato un fenomeno, e del Napoli che nasceva divenne in fretta la bandiera. Il Napoli non era una "macchina da guerra". Basti pensare che in avvio di campionato pareggiò in casa per 0 – 0 col Brescia e prese nove gol dall'Inter e otto dalla Juventus. Eppure, Sallustro era già… Sallustro. Dotato di una classe limpida, innata, il tocco vellutato tipico di un sudamericano, Sallustro aveva uno scatto invidiabile ed una grande elevazione: insomma, tutte le caratteristiche del cannoniere, del fromboliere, dell'uomo-gol, come si dice da sempre. Bruciò comunque i tempi della notorietà: il primo Dicembre del 1929, fu chiamato al debutto con la maglia della Nazionale di calcio, a Milano contro il Portogallo. 6 a 1 per l'Italia, e Sallustro segnò. Fu il primo giocatore del Napoli a centrare il traguardo della maglia Azzurra, insieme con Mihalich. Cresceva Sallustro, cresceva il Napoli che arrivò quinto al termine del campionato 1929/30, e, dopo il successo di Modena per 5 a 0, a
Sallustro fu regalata una Balilla, auto d'epoca. Nel 1930 fu inaugurato lo stadio Ascarelli, 35'000 posti, un gioiello: fu su quel campo che Attila Sallustro conobbe i suoi momenti di gloria. Mitico fu un Napoli – Ambrosiana di Milano. Rivale di Sallustro era Peppino Meazza: il commissario tecnico della Nazionale, il giornalista Vittorio Pozzo, lo aveva preferito a Sallustro. Anche allora si parlò di Nord e Sud, ricchi e poveri, potere economico e povertà meridionale. Quando l'Ambrosiana giocò all'Ascarelli, Sallustro stravinse il
duello con Meazza: 3 a 1 per il Napoli con doppietta di Sallustro. All'uscita dagli spogliatoi, Sallustro fu portato in trionfo e fu lasciato praticamente nudo davanti all'ingresso dopo aver fatto il giro del quartiere.
Sallustro, in dieci anni di maglia azzurra collezionò 269 presenze segnando 107 reti senza calciare rigori. Una volta, contro la Reggiana, mise a segno 5 delle 6 reti del Napoli. Nel 60/61 per due giornate, fu anche allenatore del Napoli, subentrando ad Amedeo Amadei. Rimase legato per sempre al Napoli. Fu nominato direttore dello Stadio S. Paolo. Andato in pensione, si lasciò vincere più dalla noia che dalla vecchiaia e morì. Se Milano ha ritenuto di dedicare a Peppino Meazza il suo stadio, non così ha fatto Napoli con Sallustro. Che però resta un
mito, il primo mito del Napoli.
più che ricco nord e povero sud…bisogna dire che dal 1860 il sud è la colonia d’Italia… e molti sudisti sono stati colonizzati…