DIEGO, L’IDEA MERAVIGLIOSA
Comincia così la corsa, la volata verso la gloria. Prima dell'Epoca Maradona ci sono l'avventura di Piero Santin, profeta della Cavese-rivelazione, la fantasia e la simpatia del brasiliano Josè Dirceu (morto prematuramente per un incidente stradale nel '96), l'addio a Rudy Krol, l'ingaggio dell'argentino Daniel Bertoni. E' il 1985 quando Italo Allodi assume come allenatore Ottavio Bianchi, dopo che Totonno Juliano, un anno prima, ha realizzato il più grande acquisto del secolo. Diego Armando Maradona dal Barcellona. L'idea nasce per caso. Ricardo Fujica, un mediatore argentino che vive in Spagna, deve organizzare delle amichevoli in Italia. Partecipa anche l'Avellino di Sibilia. Il giovane manager Pierpaolo Marino propone a Juliano di giocare al San Paolo per ottenere un incasso maggiore. Maradona riempirà lo stadio, assicura Fujica. L'idea nasce così, e Juliano la porta avanti con caparbietà, sapendo che tra il Barcellona e Maradona è rottura, Soprattutto col presidente Nunez. Ferlaino mette in mezzo istituti bancari ed astuzia, Maradona completa l'opera dicendo: "Io voglio Napoli". E' il 30 Giugno 1984 quando, in una saletta dell'areoporto di Barcellona, Diego mette la firma. Il 4 Luglio viene a Napoli. Si approfitta della vittoria del Napoli Allievi per salutare il suo arrivo allo stadio San Paolo, pagando un simbolico biglietto di ingresso di 1000 Lire. Lo stadio è pieno: 70'000 spettatori, 253 giornalisti, 78 fotografi, il delirio totale, collettivo di Napoli.
Scrivere cosa ha rappresentato Maradona per il Napoli e per Napoli è un'imprsa ardua. Quando, durante il mondiale di Messico '86, segnò all'inghilterra un gol di mano, rispose che quella non era stata la sua, ma la mano di Dio. E non perchè si sentisse un gradino sotto quel Dio che venerava e venera, nè perchè pensò così di giustificare un gesto poco sportivo, insolito per uno come lui, che mai aveva avuto un solo gesto di reazione dopo un fallo. Eh si che ne subiva… E' chiamato sin da piccolo "il pelusa", perchè è basso, tarchiato e nero. Ma si capisce sin da quando perende per la prima volta a calci il pallone, avrà avuto tre anni, che è un fenomeno. Nel corso della sua intera carriera, dall'Argentina alla Spagna, dall'Italia al resto del mondo, ha strabiliato le platee, competenti e non, tutte irresistibilmente ammaliate, rapite dalla più grande sirena del calcio mondial. Ha segnato in tutti i modi, ha messo in condizione i compagni di farlo passando col magico sinistro, col destro, con la testa, col tacco, la pianta, il collo, l'esterno e l'interno del piede e pure col petto. 0337/775284: una ignota voce comunica che quel numero non è più di nessuno. Era la formula magica del telefonino di Diego Armando Maradona, quel numero non è andato a nessun altro. Un gesto di rispetto? Chissà. Forse, più verosimilmente, è stato evitato ad un involontario erede un peso ingombrante, anche se quel numero era riservatissimo. Ci si sentiva come ammessi in un club esclusivo quando lui dava le cifre annuendo: "Chiamami, se ti serve". Valeva come un certificato di garanzia e di fiducia. Di conoscenti a Napoli ne ha avuti tantissimi, di amici sinceri pochi. Suo tifosi tutti. Non c'è un solo napoletano, neppure il grande giornalista Giuseppe Pacileo, storica firma del Mattino, che lo rimpianga. "Voto 3 e 1/2" scrisse dopo una partita disastrosa di Diego contro l'Udinese.
Dal quartiere della Sanità ai vicoli di Toledo, non un pennello di vernice è stato passato sulle scritte inneggianti a Diego, né è stato fatto un baffo nero o è stata applicata una carie ai murales che lo ritraggono in tenuta da calciatore e perfino col frac da sposo. Ancora oggi, a molti anni di distanza, Diego è il grande amore dei napoletani. E, diremmo, di tutti i veri appassionati di calcio del mondo intero. Per Napoli, però, non è stato solo un calciatore, benchè giocare a pallone fosse la cosa migliore che poteva fare. E' stato un
simbolo, un motivo di riscatto sociale,: ha accorciato distanze che sembravano abissi. Grazie a lui, per anni, non è più esistita la sudditanza psicologica né il vittimismo verso gli squadroni del Nord, verso gli arbitri che per lunghi anni non dovevano preoccuparsi di danneggiare una squadra che aveva per simbolo il ciuccio. Grazie a Diego, Napoli ha vissuto nell'altra parte della clessidra: tutto capovolto. E il Napoli ha trionfato per due volte in campionato, nel 1987 e nel 1990, in Super Coppa, in Coppa UEFA. Notti non più piccoline, ma magiche e irripetibili. Anche calciatori, altrove talenti inespressi, con Diego vicino erano draghi inafferrabili, invulnerabili. La favola iniziata il 5 Luglio del 1984 è finita l'1 Aprile del 1991. Ma quando, verso le 23, la Rai annunciò che Maradona era all'areoporto di Roma-Fiumicino per imbracarsi sul volo per Buenos Aires, nessuno pensò ad un pesce d'Aprile. A Napoli già si sapeva: verso le 17 Diego chiese a Claudia di avvisara Fernando (Signorini, l'amico preparatore e prezioso consigliere negli anni d'oro), Salvatore (Biazzo, della Rai), Mimmo (Carratelli, de Il Mattino) Carletto (Juliano, l'impareggiabile addetto stampa del Napoli) e qualche altro, insomma gli amici che ci teneva a salutare. A casa
di Diego, in via Scipione Capece, ci furono momenti di grande imbarazzo: c'era in tutti, Maradona compreso, la consapevolezza di dover chiudere in un baleno un'esperienza calcistica probabilmente irripetibile. E c'era il dispiacere nel vedere un giovane, diventato in quei giorni vecchio e triste, costretto a scappare di notte. Aveva già imbarcato al porto di Napoli due containers pieni di roba, preziosa e non. Cercò di portar via tutto, ma macchina e barca no; i trofei e i gioielli glieli rubarano, ma gli furono prontamente restituiti. Ancora oggi si leva il coretto "Diego, Diego, Diego", oppure il motivo "Maradona è meglio e' Pelè…", scritto dal maestro Campassi, morto povero perchè non registrò i diritti SIAE.
Nessun club intitolato a lui ha cambiato intestazione: 271 erano e 271 sono rimasti. "La favola più bella" è una videocassetta-rarità per cineamatori. Il 5 Luglio del 1984, al San Paolo, disse: "Buonasera napoletani, sono felice di essere con voi. Forza Napoli". E cominciò a palleggiare. C'è chi né contò 16 e un tiro: fu amore. Ma l'1 Aprile del 1991 non ci fu un altro addio ufficiale. Ma per Napoli rimane l'abitante di un'altra galassia, piovuto chissà come sulla Terra. Sulla sua, dicono, giocano tutti così.